venerdì 11 marzo 2016

Intervista sui tre anni di papa Francesco



 Il 10 marzo 2016 Fabio Colagrande per la Radio Vaticana ha intervistato mons. Giuseppe Lorizio, il giornalista Marco Burini e Raniero La Valle per un giudizio nel terzo anniversario dell’inizio del pontificato di papa Francesco.

Per prima cosa Colagrande ha chiesto quale fosse per ciascun interlocutore l’immagine più rappresentativa del ministero del papa nell’ultimo anno.

Raniero La Valle:
La mia immagine è quella del papa che l’ultimo giorno del suo viaggio in Messico va sul confine americano, dove vengono fermate maree immense di poveri, di profughi, di esuli, che vorrebbero andare a trovare una vita migliore e su quel confine anche lui si ferma perché anche lui non può passare, perché anche lui è uno di quei poveri, che si ferma davanti al filo spinato, al muro della frontiera innalzata, davanti alle pattuglie della polizia che impediscono l’ingresso. E questa immagine, di questo papa che è lì sul confine, non lo può oltrepassare, si ricollega all’altra grande scelta di papa Francesco quando andò a Lampedusa - fu proprio una delle prime cose che fece tre anni fa dopo l’ascesa al pontificato - quasi a dire che il problema è lo stesso a Lampedusa come in America, c’è un mondo provato, un mondo sofferente, un mondo escluso, un mondo scartato ed è il papa che per loro si espone, si spende, impegna la Chiesa. Un’altra cosa che mi sembra importante è che lui però sul confine degli Stati Uniti fa una cosa che i poveri non fanno e cioè benedice quelli che li scacciano, che li fermano, benedice i suoi avversari e quindi nello stesso momento in cui si ferma davanti al confine lo oltrepassa e dà questo segno di comunione, che va al di là dell’inimicizia perché anche i nemici bisogna amarli. E allora a me sembra che questa sia un’immagine forte anche perché ci aiuta a capire il problema che spesso viene sollevato, se un papa è uguale agli altri, se c’è un cambiamento.
Certo un papa è come gli altri, sta nella Tradizione, però è il mondo che cambia; non era mai successo che cinquanta milioni di persone fossero in rotta, fossero in cammino, passassero da un Paese all’altro, non era mai successo che le acque potessero innalzarsi a sommergere la terra, e allora è questa la novità; non è tanto che un papa sia nuovo, sia diverso ma che il mondo a cui è mandato ad annunciare la buona novella, la salvezza di Gesù, è cambiato, presenta esigenze diverse, drammi diversi, urgenze diverse, e  allora è lì che il papa cambia, ma non cambia solo il papa, cambia tutta la Chiesa. Io penso che la domanda non è se il papa cambia, la domanda è se veramente cambia la Chiesa, cioè se la Chiesa fa quella cosa che Francesco le chiede, e cioè di muoversi, di cambiare, perché una Chiesa che sta ferma, una Chiesa che non si fa spingere alla novità dello Spirito bisogna portarla in camera di rianimazione.

La seconda domanda riguardava il significato, l’obiettivo del Giubileo straordinario della misericordia che è cominciato nel terzo anno del pontificato di Francesco.
Raniero La Valle:
Sono d’accordo sulla sottolineatura della parola misericordia. Il significato del Giubileo è che si sta realizzando una strategia, e la strategia di papa Francesco è precisamente la strategia della misericordia e l’abbiamo capito sempre di più; ma questa linea è partita fin dal primo momento dell’inizio del pontificato; vorrei ricordare che nel primo Angelus che papa Francesco celebrò dalla finestra di san Pietro parlò di quella donna di Buenos Aires che gli aveva detto: padre, senza la misericordia il mondo non può sussistere; questa è la cosa che papa Bergoglio ha in mente, senza la misericordia il mondo non può neanche andare avanti, non può continuare. Allora a me pare che la scelta di fare questo anno della misericordia è la dichiarazione ormai esplicita ed estesa a tutto il mondo di questa strategia, che vuol dire questo: per quattromila anni noi abbiamo provato con il diritto, con la legge, con la giustizia, e siamo arrivati alle tragedie di oggi, a un mondo in crisi come quello di oggi; papa Francesco dice: dopo quattromila anni proviamo con la misericordia, proviamo a cambiare la scala delle priorità, proviamo a cambiare il nucleo attorno a cui si deve concentrare l’etica, la politica, l’economia, le relazioni internazionali: la misericordia. Non cercate tanto la realizzazione della legge, del diritto che è sempre insufficiente, sempre carente, cercate la misericordia e nella misericordia troverete anche la giustizia. E allora a me pare che avere indetto un anno della misericordia dentro questo quadro vuol dire: badate non basta un anno, dovrà cominciare un’età della misericordia, un tempo della misericordia, se no questo mondo non avrà sorte, e questo Dio della misericordia non potrà dispiegare la forza della sua salvezza.

La terza domanda mirava a cogliere quale fosse la riforma più significativa risultante da questi primi tre anni di pontificato di papa Francesco.
Raniero La Valle:
Io citerei due riforme: la prima è la riforma del messaggio; non è il messaggio che cambia ma è il modo di annunciarlo che è cambiato. Lui l’ha detto nella Bolla di indizione del Giubileo, rifacendosi al Concilio: parlare di Dio all’uomo di oggi in un modo più comprensibile, e poi annunciare il Vangelo in modo nuovo. E’ la novità del messaggio, è un altro messaggio in un certo senso, che arriva alla gente; allora questa insistenza sul Dio misericordia, questa quasi ricapitolazione di tutto l’immaginario su Dio intorno alla misericordia, vuol dire veramente sradicare le vecchie cattive immagini del Dio vendicatore, del Dio giudice che punisce, del Dio che si accanisce, che chiede sacrifici, è proprio un nuovo annuncio di Dio. E questa riforma parte da quella straordinaria scelta ogni mattina di dire la messa a Santa Marta davanti al popolo e di partire dal Vangelo. Tutto il governo di ogni giorno di Francesco parte dal Vangelo. Questa è la riforma secondo me più importante. L’altra – vorrei parlarne perché altrimenti non si parla mai di riforme concrete – è una riforma che riguarda il diritto canonico, la riforma del processo di nullità del matrimonio, è una riforma importante, i canonisti ne sono rimasti sconcertati, perché? Perché la riforma riconosce che la ratio, la coerenza interna del nuovo processo di nullità, non è più quella di un’istruttoria giudiziaria, ma è quella del discernimento e di una pietà evangelica che raggiunge le persone. Quindi qui c’è una riforma concreta, addirittura canonica, che cerca di prendere e di realizzare la riforma dell’annuncio del messaggio.

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