LA PEDAGOGIA DELLA VIOLENZA-
domenica 3 marzo 2024
giovedì 29 febbraio 2024
DEPORRE I POTENTI DAI TRONI
Ieri mattina ci siamo svegliati e abbiamo trovato che il presidente Macron aveva riunito attorno a un grande tavolo più di venti capi di Stato e di governo dei Paesi europei (Germania, Spagna, Inghilterra in testa) e il nostro sottosegretario Ciriello, per chiedere a tali Stati di disporsi a partecipare con le loro Forze Armate alla guerra d’Ucraina per sconfiggere la Russia. Ha aggiunto che altrimenti molti di tali Paesi, seduti attorno a quel tavolo, prima o poi sarebbero stati invasi. Formulando tale minaccia il capo francese dà per scontato, all’insaputa di governi, Parlamenti e popoli, che l’Unione europea sia in guerra con la Russia e che questa guerra debba concludersi con la sua disfatta. Che dopo 79 anni di tregua, che non è mai riuscita a diventare vera pace, il popolo europeo si svegli una mattina scoprendo di essere di nuovo gettato in una guerra che come la precedente, cominciata con i patti e le nefaste dichiarazioni di guerra della Germania e dell’Italia, non potrebbe che tradursi in una guerra mondiale, è cosa che fino a ieri sarebbe stata considerata impensabile e inaudita. L’Ucraina ha tutto il diritto, anche se non il vanto, di decidere per legge di non voler uscire dalla guerra con un negoziato e una ricomposizione dei rapporti transfrontalieri con il suo inquietante vicino, ma una Potenza come la Francia, che nella sua storia ha soggiogato popoli interi, non può arrogarsi in un sussulto di onnipotenza il diritto di trascinare il mondo in una definitiva rovina; e ciò quando sono in corso già altre guerre e addirittura processi per genocidio. La richiesta francese non è stata recepita da nessuno, incorrendo in una sonora sconfitta. Resta però come un inquietante segno dei tempi. La Lista “Pace Terra Dignità” ne ha tratto occasione per chiamare in causa il Presidente della Repubblica e ammonire il governo a tenere ben fermo che gli art. 21 e 52 della Costituzione in nessun modo consentirebbero la partecipazione dell’Italia a questa guerra, mancando ogni presupposto, se non nei processi alle intenzioni e nelle fantasie ammalate, di una sacra difesa della Patria. Pace Terra e Dignità ha inoltre fatto appello ai giornali, alle Televisioni, alle Università, ai centri di ricerca, alla Conferenza episcopale italiana, alle Amicizie ebraico cristiane, alla Tavola valdese, alle comunità islamiche come alle altre confessioni, e a tutti i partiti, di maggioranza e di opposizione, perché incessantemente si dedichino a prendere coscienza e a illustrare dinanzi a tutto il popolo le ragioni di salvare la pur precaria pace e di stornare dalla presente e dalle future generazioni il flagello e l’inumana strage della guerra. Ciò è tanto più necessario perché contrariata dall’insuccesso dell’iniziativa francese Ursula von der Leyen ha rilanciato la minaccia prospettando un massiccio incremento della produzione di armi in Europa, una crescita esponenziale delle industrie degli armamenti, una pioggia di denari e di appalti per la difesa, come si è fatto per i vaccini, sostenendo che l’illusione di “una pace permanente è andata in frantumi”, “che il mondo è pericoloso come è stato per generazioni”, e pertanto sarebbe la guerra, non la pace, a essere permanente. Non si può restare passivi alla sorte che stanno preparando per noi. E se fino a ieri pensavamo che la soluzione stesse nel promuovere una bella unica Costituzione per tutta la Terra, ora pensiamo che la soluzione stia nel deporre i potenti dai troni, e nel dare ascolto ai poveri. In Sardegna, nello stesso giorno, sembra che ciò sia cominciato ad avvenire. |
sabato 17 febbraio 2024
IL GENOCIDIO E I SUOI CONTI
venerdì 8 dicembre 2023
NESSUN BAMBINO NASCERÀ QUEST'ANNO A BETLEMME
domenica 19 novembre 2023
IL RIBALTONE
COSTITUZIONALE
Durante il fascismo i
treni arrivavano in orario e gli scioperi erano proibiti. Adesso è Salvini che
provvede ad ambedue le cose, precetta e fa ponti d’oro ai treni, forse per
rinverdire l’idea che il fascismo non era poi tanto male. Deve pensarlo anche
Giorgia Meloni se vuole fare una riforma costituzionale che al fascismo
faciliterebbe la strada: se infatti a qualcuno venisse in mente di riprovarci,
cosa ci sarebbe di meglio per farlo che un Capo del governo o un insieme di
governo che sia padrone del potere e inamovibile per cinque anni, non revocabile
per il venir meno della fiducia
dei cittadini e del Parlamento? Ce la presentano come una riforma per il
premierato, opinabile perché comunque un premier ci vuole, ed è invece un
ribaltone per abolire il controllo della perdurante fiducia al governo Un governo così sarebbe del tutto in grado di
instaurare il fascismo. Né lo impedirebbe la foglia di fico di un Presidente
della Repubblica figurativo con 88 corazzieri di altezza superiore alla media.
La nostra memoria storica ci dice di non permetterlo. Non
possiamo permetterci di ripetere un errore e una tragedia già accaduti. Ogni popolo ha avuto la sua sciagura originaria che ha poi
spesso portato inenarrabili sciagure ad altri popoli e Nazioni. Noi abbiamo
avuto il fascismo dopo la legge Acerbo, i Tedeschi il nazismo dopo le elezioni
del 1932, gli Americani la guerra di secessione per la contesa sulla schiavitù,
i Russi la domenica di sangue e il massacro al Palazzo d’Inverno nel 1905 per
mano dello Zar, gli Armeni il genocidio, gli Ebrei la Shoà, i Palestinesi
l’espulsione e la Nakba, i popoli dell’America Latina le dittature
plebiscitarie con i cittadini gettati in mare o “scomparsi”, la maggior parte
delle altre Nazioni sono state assoggettate a regimi militari, Imperi e
colonie.
Quasi sempre cinque anni sono bastati a
ciascuno, spesso dietro finzioni democratiche o a causa di sbagliate elezioni,
per cadere nella catastrofe e avere un battesimo di sangue.
Perciò dobbiamo avvertire il pericolo e non
permettere l’uscita dalla Repubblica parlamentare, “Prima”
o “Seconda Repubblica” che la si voglia chiamare, che
pur con tutti i suoi difetti e le perduranti irrisolte povertà, ha il sapore
della Costituzione e delle libertà conquistate. Come cittadini, Italiani
per nascita o per accoglienza, dobbiamo contrastare questa
“madre” di tutte le riforme. “Tutte”. È la madre del fascismo che è sempre
incinta, e anche oggi non fa che partorire l’ennesimo decreto di sicurezza, che
moltiplica pene e reati, dai mendicanti alle donne incinte, dall'intralcio alla
circolazione stradale alle occupazioni abusive, alle proteste nelle carceri e
nei centri dei migranti, che siano in Italia o nella discarica dell’Albania , e distribuisce più manette e più armi.
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giovedì 26 ottobre 2023
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giovedì 19 ottobre 2023
QUALE FUTURO
martedì 10 ottobre 2023
PIANGERE SU GERUSALEMME
Dinanzi allo scempio che dilania la Palestina, apriamo
il Vangelo e leggiamo che Gesù, ebreo di Galilea, salendo a Gerusalemme, alla
vista della città pianse su di essa dicendo: “Gerusalemme, se tu avessi
conosciuto ciò che giova alla tua pace!”. Così oggi, come allora Gerusalemme
non ha capito dove fosse la sua pace, ha creduto che fosse nella vittoria,
mentre la guerra ora caduta su di lei è proprio il salario della vittoria.
Aveva vinto infatti Israele, o almeno così credeva,
tanto che i partiti religiosi erano saliti al potere, dimentichi dei moniti a
“non forzare il Messia”, e Netaniahu aveva istituito un “governo di annessione ed esproprio”,
come scrive Haaretz, e anche il
diritto interno era stato piegato, e le difese allentate, come se la pace fosse
stata raggiunta, l’atto di fondazione fosse stato innocente e il problema
palestinese fosse ormai cancellato e risolto.
A Israele non era bastato vincere
tornando nella terra dei padri. Non era bastato occupare la Cisgiordania, non
era bastato riaprire i kibbutz che ne erano stati espulsi, non era bastato
aprire le terre occupate ai coloni, non era bastato demolire le case dei
palestinesi e segregarli oltre muri e chekpoint, non era bastato salire a
sfidarli sulla spianata delle Moschee, non era bastato sigillare le frontiere
di Gaza e colpirla di embargo, come ora l’affama, le toglie l’acqua e la luce.
Israele voleva ormai anche negare, come ha fatto il suo ministro delle finanze
Bezalel Smotrich in piena Europa, a Parigi, che i palestinesi esistano: «non
esiste un “popolo palestinese”», aveva
detto, si tratterebbe di una «finzione» elaborata un secolo fa per lottare
contro il movimento sionista; dunque, causa finita.
Non ha capito Israele ciò che
Raimundo Panikkar aveva letto in quei circa 8000 trattati di pace, scritti
anche sui mattoni, che si sono susseguiti nella storia da prima di Hammurabi ai
giorni nostri: che la pace non si raggiunge mai con la vittoria, sicché mentre
l’inchiostro o i mattoni sono ancora freschi, già si approntano le lance e i
cannoni, e prima o poi il vinto risorge e si vendica. Perciò Israele piange ora
sulla vittoria e il rischio è che voglia
vincere ancora, e procacciandosi sicurezze ancora maggiori, e devastanti per
gli altri, quando il primo a piangere, nella sua tomba, è il premier Rabin, che
al suo popolo voleva dare e stava per dare un’altra pace, fondata sulla
riconciliazione e sul rispetto l’uno del volto dell’altro (secondo l’invito
dell’ebreo Levinas), israeliani e palestinesi insieme: ma prima che la pace
fiorisse, e perché non fiorisse, fu abbattuto da fuoco amico.
Non erano mancate altre voci che a Israele avevano indicato un’altra strada, e voci che addirittura venivano da reduci del genocidio nazista, scampati alla Shoà, come Yehuda Elkana, illustre filosofo e storico della scienza in Israele. Nato in Serbia, aveva raccontato su Haaretz (2.3.1988) di essere stato portato con i suoi genitori ad Auschwitz a soli dieci anni, di essere sopravvissuto all’Olocausto, liberato dall’Armata Rossa e poi immigrato in Israele nel 1948 dopo aver passato alcuni mesi in un “campo di liberazione russo”. E aveva scritto: “Dalle ceneri di Auschwitz sono emerse una minoranza che afferma che “questo non deve accadere mai più” e una maggioranza spaventata e tormentata che dice “questo non deve accaderci mai più.” É evidente che, se queste sono le uniche lezioni possibili, io ho sempre creduto nella prima e considerato l’altra una catastrofe... Se l’Olocausto non fosse penetrato così profondamente nella coscienza nazionale, dubito che il conflitto tra israeliani e palestinesi avrebbe condotto a così tante “anomalie” e che il processo politico di pace si sarebbe trovato oggi in un vicolo cieco.…”.
E in
Italia Bruno Segre, nel raccontare in una lunga intervista “Che razza di ebreo
sono io”, ha denunciato l’uso strumentale della memoria della
Shoah, come si mostrò nella “menzogna raccontata senza pudore” al Congresso
sionista mondiale nell’autunno 2015 dal premier Netanyahu, secondo la quale
l’idea della Shoah sarebbe stata suggerita a Hitler da Amin al-Husseini, il
gran muftì di Gerusalemme. Una bugia “inventata dal premier israeliano – ha
detto Segre - per insinuare l’idea che la colpa della Shoah vada attribuita ai
palestinesi”, e che vi fosse una continuità fra la Shoah e l’intifada.
E
ha scritto Ali Rashid, palestinese a Roma: “Come in una “discarica”, sono finiti a Gaza gli abitanti della costa
meridionale della Palestina, vittime della pulizia etnica. Secondo i nuovi
storici israeliani, per svuotare ogni città o villaggio palestinese furono
compiuti piccoli o grande massacri, lo stesso è avvenuto nei luoghi dove sono
sorte le nuove città e insediamenti intorno a Gaza che sono stati teatro degli
ultimi eccidi compiuti da noi palestinesi. Mi addolora il fatto che abbiamo
adottato il terrore e l’orrore che abbiamo subito per affermare il nostro
impellente diritto alla vita. Ma questa catena di morte è inarrestabile? Eppure
una volta eravamo fratelli.”
Noi dunque piangiamo con Israele su
Gerusalemme, la città divisa che pur unisce due popoli nel dolore, e li abbracciamo nello stesso amore. Ma non
così possono piangere quanti hanno concorso alla sciagura di oggi, facendo
propria e promulgando senza remore l’ideologia della vittoria, incurante della
giustizia e tributaria solo della forza.