martedì 22 dicembre 2015

Vangelo e Costituzione

di Raniero La Valle

(all'Abbazia di Monteveglio il 19 dicembre 2015 nella liturgia in morte di Sandro Baldini)

Le morti non sono tutte eguali. Ogni morte ha il suo codice di lettura. Sandro stesso ci ha dato la chiave di lettura per capire la sua. Se quella di don Dossetti, che lui aveva accompagnato come medico con grande amore, era stata una morte attesa con “fervore”, la sua sarebbe stata una morte con dolcezza. Me l’ha detto quando, informandomi qualche mese fa della sua malattia, mi spiegò come si sentisse tranquillo, perché come il guerriero del salmo 127 aveva la sua faretra piena di frecce, che erano i suoi figli, e perciò non aveva da temere quando, come dice il salmo, sarebbe venuto “alla porta a trattare con i propri nemici”.
La trattativa col nemico era la trattativa con la morte, ma lui sapeva che quel nemico sarebbe stato solo provvisoriamente vittorioso perché, uomo della Parola, aveva appreso dalla lettera ai cristiani di Corinto che quel nemico, sia pure per ultimo, sarebbe stato sconfitto. E intanto lui l’avrebbe affrontato con dolcezza e con la gioiosa sicurezza di avere molte frecce al suo arco, non solo gli undici figli, ma l’amatissima moglie, i diciannove meravigliosi nipoti, gli amici.
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giovedì 17 dicembre 2015

LA MORTE DI SANDRO BALDINI


E’ morto stamattina, giovedì 17 dicembre, nell’ospedale di Bazzano che per tanti anni aveva diretto e dove con immenso amore aveva curato don Giuseppe Dossetti, Sandro Baldini, presidente dell’Associazione “Salviamo la Costituzione” di Bologna. I Comitati Dossetti per la Costituzione lo salutano con fervido affetto, ne ricordano la lezione umana, religiosa e politica e si impegnano a continuarne l’opera per salvare la Costituzione.

(r.l.v.) Quando, qualche mese fa, Sandro Baldini mi informò della sua malattia, citò, come credo abbia fatto con altri, il salmo 127, nel versetto che dice “Come frecce in mano a un guerriero sono i figli avuti in giovinezza. Beato l’uomo che ne ha piena la faretra; non dovrà vergognarsi quando verrà alla porta a trattare con i propri nemici”.
E’ evidente che si tratta di un salmo che gli era familiare, perciò è bene ora leggerlo per intero:

SALMO 127      
   
   Canto delle salite. Di Salomone

          Se il Signore non costruisce la casa

          Invano si affaticano i costruttori.

          Se il Signore non vigila sulla città

          Invano veglia la sentinella.

           Invano vi alzate di buon mattino

           e tardi andate a riposare,
voi che mangiate un pane di fatica:
al suo prediletto egli lo darà nel sonno.
3Ecco, eredità del Signore sono i figli,
è sua ricompensa il frutto del grembo.
Come frecce in mano a un guerriero
sono i figli avuti in giovinezza.
Beato l'uomo che ne ha piena la faretra:
non dovrà vergognarsi quando verrà alla porta
a trattare con i propri nemici.

Da questo salmo risulta chiaramente in che cosa e in chi Sandro Baldini aveva fiducia, e certamente qui, nell’abbandono in Dio, c’è tutto il senso della sua vita e l’impronta della sua lunga consuetudine con don Giuseppe Dossetti. Questo non vuol dire che la sentinella non dovesse vegliare sulla città, né che il costruttore non debba ben costruire la casa, né che egli non si alzasse di buon mattino e non faticasse per il pane. Anzi il titolo per cui lo ricordiamo qui è per essere stato una straordinaria sentinella che ha vigilato sulla città, che insieme a Dossetti si è accorto del pericolo mortale che incombeva su di essa per il minacciato stravolgimento della Costituzione, e dopo essere stato con Dossetti tra i primi promotori e animatori dei Comitati per la Costituzione, ha continuato senza sosta a lavorare per avvertire tutti del pericolo che, invece di essere sventato dopo il vittorioso referendum del 2006, è diventato in seguito ancora più insidioso e incombente, fino alla gravissima situazione di oggi. È questa la battaglia che egli ha condotto fino all’ultimo come presidente dell’Associazione “Salviamo la Costituzione” di Bologna, e tra le sue ultime preoccupazioni c’è stato che si avviasse anche a Bologna il “Comitato per il No” nel previsto futuro referendum contro la riforma costituzionale Renzi-Boschi; ed è stato grandemente consolato dalla notizia che esso fosse stato felicemente costituito.

La durezza della battaglia in corso, a cui con tanto impegno partecipava, non gli ha mai tolto però la dolcezza del suo tratto e del suo rapporto con gli altri, la serenità e la benevolenza, e anzi la misericordia, della sua testimonianza di vita. Non sentiva nessuno come nemico. Se citava come suo il salmo 124 che allude al rude incontro col nemico, è perché per lui il nemico altro non era che “l’ultimo nemico” che sarà sconfitto, la morte, secondo la promessa cristiana; ma lui non aveva avuto altri nemici prima di questo, che ora con lucidità sentiva arrivare senza tuttavia opporgli alcuna resistenza o protesta, se non la sicurezza gioiosa che gli veniva dall’avere la faretra piena della moglie e dei figli. Era questa, insieme all’affetto degli amici, la sua risorsa nella difficile trattativa che era alla porta, era questo che lo lasciava tranquillo, che non lo metteva in ansia al dover affrontare l’esigente nemico, di cui sapeva effimera la vittoria.    
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domenica 13 dicembre 2015

LA SVOLTA DI PAPA FRANCESCO


di Raniero la Valle

Discorso tenuto il 10 dicembre 2015 alla Fondazione Stensen di Firenze

Si parla della svolta di papa Francesco. Ma dal primo di dicembre a Bangui, e dall’8 dicembre a Roma non è più la svolta di papa Francesco; è la svolta di tutta la Chiesa che in Africa come in Occidente spalanca tutte le porte e dice: queste sono porte sante, tutte le porte sono sante, anche quelle delle case, delle carceri, e di ogni persona umana, se attraverso di esse passa la misericordia.
Dunque che svolta è?
1.     Anzitutto è la svolta della Chiesa cattolica romana, cominciata col Concilio che papa Francesco ha tirato fuori dagli scogli in cui si era incagliato nel conflitto delle interpretazioni, e ha riconosciuto non solo come un cofanetto di documenti, ma come un evento, come aveva sempre sostenuto la cosiddetta “scuola di Bologna”, i Dossetti, i Lercaro, gli Alberigo.
Ha detto infatti il papa in tutta la solennità di Piazza san Pietro nella messa di apertura dell’Anno Santo: “In primo luogo il Concilio è stato un incontro. Un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano chiusa in se stessa”. “In primo luogo” il Concilio è stato questo, ha detto il papa. E perciò solo in secondo luogo il Concilio può essere ricordato “per la ricchezza dei documenti prodotti che fino ai nostri giorni permettono di verificare il grande progresso compiuto nella fede”. I documenti di cui parla il papa sono i testi che enunciano la fede del Concilio, e nello stesso tempo mostrano come la fede non sia una merce che sta in “deposito”, nel deposito della fede, ma progredisce, anzi compie nel tempo un “grande progresso”.
Quali erano le secche in cui prima del Concilio la Chiesa era rimasta rinchiusa? L’aveva già detto il papa nella Bolla di indizione dell’Anno Santo, Misercordiae vultus, l’11 aprile. Erano “le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata”. Il Concilio è l’evento che abbatte quelle muraglie, e quel muro è il primo muro abbattuto nel Novecento. Ne cadranno altri, ma quello della Chiesa costantiniana è stato il primo.
Per la Chiesa, diceva la Bolla, “iniziava un nuovo percorso della sua storia. I Padri riuniti nel Concilio avevano percepito forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in un modo più comprensibile”. Abbattuto il muro “era giunto il tempo di annunciare il Vangelo in modo nuovo”. La vera novità del Concilio dunque, non era la riforma della Chiesa, era il Vangelo “reinvestigato” ed “enunciato” in modo nuovo.
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mercoledì 9 dicembre 2015

UN PAPA VENUTO PRIMA DELLA FINE DEL MONDO

di Raniero la Valle

Discorso tenuto il 5 dicembre 2015 all’Università di Lecce, su invito della Fondazione Tonino Bello di Alessano.

Vorrei partire da una frase detta da papa Francesco ai giornalisti nel viaggio in aereo di ritorno dall’Africa, il 30 novembre scorso.
Bisogna stare molto attenti ai viaggi di papa Francesco. Le cose più importanti spesso avvengono nei viaggi, e negli incontri con i giornalisti negli aerei del ritorno si può trovare una sorta di evangelizzazione globale.
Del resto il suo pontificato stesso è un viaggio. Per lui la Chiesa è una Chiesa che cammina. Per questo lui deve portare le scarpe nere. Senza le scarpe non si può stare davanti al gregge, e tanto meno in mezzo o dietro al gregge, come il pastore deve fare perché “il gregge ha il fiuto per trovare nuove strade”.
L’immagine di Chiesa di papa Francesco è quella di un popolo in cammino. Perfino il Sinodo, che uno immaginerebbe come una assemblea di uomini seduti, il papa spiega che è “un camminare insieme”, come dice la parola greca; è un fare esodo, uomini e donne insieme, e non solo i ricchi ma anche i poveri. Anzi proprio i poveri sono stati invitati a sedere dove prima sedevano vescovi e cardinali, nell’aula del “Vecchio Sinodo”, quando papa Francesco il 28 ottobre del 2014 invitò i rappresentanti dei Movimenti popolari di tutto il mondo in Vaticano, per avanzare la loro sacrosanta rivendicazione a “terra, casa e lavoro”.
Il papa che cammina per le strade del mondo è il contrario del papa che, come “santo prigioniero” se ne è stato chiuso per quasi un secolo in Vaticano, indispettito perché gli avevano portato via il potere temporale, con la sola eccezione di papa Pacelli che scese un momento nel quartiere di san Lorenzo devastato dal bombardamento americano durante la guerra; e la Chiesa in uscita, ospedale da campo nel tormento delle periferie, è il contrario della Chiesa degli apostoli chiusa nel Cenacolo dopo la morte di Gesù “per paura dei Giudei”. E’ meglio una Chiesa “incidentata”, dice papa Francesco, che una Chiesa che se ne sta al sicuro, dove non succede niente, e lo Spirito Santo invece di soffiare chissà dove sta. 

Che cosa è andato a fare in Africa

Dunque partiamo, per questa riflessione che dobbiamo fare, dal viaggio in Africa (25-30 novembre 2015). Che cosa è andato a fare?
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