giovedì 16 maggio 2013

Per togliere civilta’


di Raniero La Valle

Stando a quanto scrive il supplemento “Affari e Finanza” della Repubblica, l’Unione Monetaria Europea, secondo la visione che ne hanno Francoforte e Berlino, sarebbe composta di Paesi virtuosi e peccatori. La virtù consisterebbe nell’accettare la concorrenza dei Paesi emergenti ricchi di sviluppo e poveri di diritti, e perciò nel “ridurre in maniera sostanziale alcune conquiste della civiltà europea degli ultimi 50 anni, per riuscire ad affrontare e battere i nuovi concorrenti”. La Germania e altri Paesi del Nord-Europa praticano questa virtù, noi invece siamo i peccatori.
Mai il baratto tra civiltà e profitti era stato espresso con tanta chiarezza. Vero è che La Repubblica attribuisce questo pensiero a Mario Draghi, che lo avrebbe sostenuto nel suo recente discorso alla Luiss, ma questo Draghi non lo ha detto. Vuol dire però che questa idea di buttare a mare i diritti a vantaggio della competitività sta nell’aria, e la si dà come scontata anche quando non viene espressa, scambiando magari Draghi con Marchionne.
Però questa idea non è affatto scontata, e non si può tanto facilmente realizzare. Qualcosa le resiste; e ciò che si mette di mezzo dando forza a questa resistenza è la Costituzione. È lì infatti che sono riconosciute e custodite quelle “conquiste della civiltà europea degli ultimi cinquant’anni” che si dovrebbero licenziare.
È  per questo che da vent’anni si sta cercando in Italia di mandare gambe all’aria la Costituzione. La destra al potere, nelle sue varie articolazioni interne ed esterne ai partiti, ancora non c’è riuscita, però è riuscita a creare un senso comune secondo il quale, siccome la politica non funziona e la “casta” è costosa e corrotta, bisogna fare ormai subito, prima che Napolitano se ne vada e la “pacificazione” svanisca, le “riforme istituzionali”, le quali nelle sue brame significano governo forte, maggioritario rafforzato, meno parlamentari tra i piedi e presidenzialismo.
Questo compito di riforma istituzionale sembra ormai l’unico a cui possa votarsi il governo Letta, dato che le altre cose non le può fare, i soldi per il lavoro e per lo sviluppo non ci sono, e quei pochi che ci sono servono per togliere l’IMU, l’ultima arma di distrazione di massa. Né d’altra parte la destra al governo accetterebbe mai che i soldi si trovassero attraverso una seria redistribuzione del reddito (e questa sì, è una cosa che anche Draghi raccomanda).
Non resta dunque che la riforma della Costituzione. Però non sanno come si fa. Prima hanno parlato di una Convenzione che – neanche fossimo nella Francia giacobina – vi avrebbe dovuto in tutta fretta provvedere, e che Berlusconi ritenendosi, e non tanto per celia, “il più bravo di tutti”, avrebbe voluto presiedere. Poi i saggi nominati dal Presidente della Repubblica optarono per una “Commissione redigente” di parlamentari e non parlamentari che avrebbe dovuto presentare la focaccia bella e fatta al Parlamento, e qui ci fu l’opinione dissenziente di Valerio Onida, che denunziò il rischio che, fuori dalle procedure previste dalla Carta, si innescasse “un processo ‘costituente’ suscettibile di travolgere l’intera Costituzione” che può essere opportuno modificare in punti specifici mantenendo però “fermi i suoi principi, la sua stabilità e il suo impianto complessivo”. Poi il governo promise incautamente di portare a buon punto il processo di riforma entro cento giorni, altrimenti se ne sarebbe andato, ma a quel punto l’idea della Convenzione da presiedere fu abbandonata dallo stesso Berlusconi; e infine dopo il ritiro in abbazia, il governo ha deciso di affidare il compito “redigente” alle due commissioni per gli affari costituzionali congiunte di Camera e Senato, assistite da una Commissione di esperti esterni; in tal modo la riforma costituzionale tornerebbe in qualche modo in Parlamento, ma nel palazzo, non in aula: perché resterebbe il fatto che il Parlamento dovrebbe prendere o lasciare il pacchetto di riforme che gli venisse presentato, senza possibilità né di scegliere tra di esse, né di presentare e votare emendamenti sul nuovo ordinamento costituzionale proposto.
Ciò è del tutto fuori e contro la Costituzione, e va fermamente combattuto. C’è da aggiungere che se alla Costituente si fosse lasciato fare tutto alla Commissione dei Settantacinque, senza possibilità di modifiche in aula, alcune delle cose più belle della Costituzione non ci sarebbero, perché furono introdotte per via di emendamenti in assemblea: a cominciare dal primo articolo che definisce la Repubblica come “fondata sul lavoro” (emendamento Fanfani, Grassi, Moro, Tosato) e dall’art. 3 dove all’eguaglianza di principio di tutti i cittadini si aggiunse che eguaglianza, libertà e sviluppo della persona devono essere realizzati “di fatto”, e che perciò è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che “di fatto” li limitano e li impediscono (emendamenti Teresa Mattei, Amendola, Iotti, Fanfani, Moro, Tosato).
      Raniero La Valle
Continua...

lunedì 6 maggio 2013

RESTITUZIONE DELL'IMU COME REATO


di Raniero La Valle
C’è una questione di grande portata nella discussione sull’abolizione dell’IMU, che non è stata finora sollevata. Si discute infatti solo dei costi dell’operazione: 4 miliardi per l’abolizione, 4 miliardi per la restituzione dell’IMU già pagata nel 2012. Ma mentre la sospensione o cancellazione dell’imposta sarebbe una decisione politica normale, la restituzione dell’IMU sarebbe un atto eversivo, il cui costo sarebbe devastante non per le finanze ma per l’immagine stessa dello Stato democratico. Altra cosa infatti è discutere, anche in campagna elettorale, di quali tasse si debbano mettere o togliere, altra cosa è discutere su quali tasse debbano essere restituite, sul presupposto che trattandosi di un maltolto da parte dello Stato, lo Stato debba risarcirne i cittadini derubati. Se si passa questa soglia, nel momento in cui il dibattito politico si impadronisce del tema delle imposte da restituire, viene meno ogni certezza non solo sui bilanci futuri, ma anche sui bilanci passati e sulle spese già fatte con i denari incassati, che certo non possono essere recuperate, va in crisi la figura fiscale dello Stato, e non solo va per aria l’art. 81 della Costituzione ma tutta la filosofia del patto fiscale su cui si fonda lo Stato moderno di diritto.
Si dice che la restituzione dell’IMU è stata oggetto di una promessa elettorale, e che perciò il partito che l’ha fatta, stando ora al governo, debba onorarla. Ma questa è una tragica aggravante della questione. Quella promessa non poteva essere fatta, in quanto è in contrasto con lo spirito e la logica della Costituzione, che esclude la materia fiscale da quelle suscettibili di essere sottoposte a referendum abrogativo; il che significa che, al di là del referendum, la Costituzione non prevede plebisciti e decisioni elettorali sulle tasse.
Ma al di là dell’impedimento costituzionale, l’impegno di riportare a brevissimo termine, nelle tasche degli italiani, i denari versati per l’IMU, equivale alla promessa di un’elargizione in denaro, mascherata da rimborso fiscale, da fare coi soldi dell’erario, in cambio del voto per il partito che la promette. Gli elettori hanno ricevuto addirittura un modulo con l’indicazione degli sportelli dove ritirare il denaro, non appena insediato Berlusconi al governo.
Questa, in un senso pieno, è corruzione elettorale. Soldi in cambio del voto. Se ora questi soldi venissero effettivamente dati, il reato si perfezionerebbe accomunando corrotti, corruttori e complici, e d’ora in poi chiunque si sentirebbe legittimato, nelle future elezioni, a promettere soldi dell’erario in cambio di voti. In ogni caso questo reato ha già provocato un danno gravissimo nell’ordinamento e nel sistema politico italiano, perché avendo motivato centinaia di migliaia di cittadini a un voto che altrimenti non avrebbero dato, ha alterato gravemente il risultato elettorale, ha mandato in scena la cosiddetta “vittoria” di Berlusconi e ha gettato il Paese nell’ingovernabilità, salvo inciucio.
Data questa esperienza, sarebbe necessario includere nella prossima legge elettorale, oltre alle sanzioni già previste, la pena della cancellazione dalle liste dei candidati e dell’interdizione, per una legislatura, dai pubblici uffici, di chi prometta dazioni in denaro sotto qualsiasi forma in cambio del voto.
                                   Raniero La Valle
Continua...

giovedì 2 maggio 2013

Giuristi contro la Convenzione Subito la legge elettorale



I Comitati Dossetti per la Costituzione hanno pubblicato il 2 maggio 2013 il seguente documento. 

I Comitati Dossetti per la Costituzione augurano buon lavoro al Presidente Letta, di cui apprezzano lo sforzo coraggioso e determinato di fronte alla drammatica situazione economico-sociale del Paese.

Riguardo alle riforme costituzionali i Comitati dichiarano assolutamente necessario che esse vengano sottratte al ricatto della legge elettorale vigente, la cui espulsione dall’ordinamento, che ne è così gravemente sfregiato, deve precedere e rendere possibile ogni altro intervento di riordinamento istituzionale.

Riguardo alle procedure e al merito dell’ipotizzato processo di revisione costituzionale, i Comitati Dossetti si riservano un parere informato, ma fin da ora richiamano il governo e il Parlamento al rispetto delle norme dell’art. 138 della Costituzione, senza l’osservanza del quale l’intera Costituzione sarebbe delegittimata. In particolare ritengono che non si debba far appello a Commissioni o Convenzioni paracostituenti per progetti complessivi di riforma, ma che si debba procedere con riforme puntuali discusse e realizzate con le procedure previste istituto per istituto. I Comitati fanno propria la riserva espressa dal prof. Onida nella relazione finale del Gruppo di lavoro istituito dal Presidente della Repubblica, secondo la quale il progettato ricorso a organismi redigenti non previsti dall’ordinamento, rischierebbe di “innescare un processo ‘costituente’ suscettibile di travolgere l’intera Costituzione” di cui, pur nelle opportune puntuali modifiche, vanno mantenuti fermi “i principi, la stabilità e l’impianto complessivo”.

Il ricorso a procedure arbitrarie certamente porterebbe al fallimento dell’intero processo, ciò che, dato il legame stabilito con la durata del governo, riaprirebbe una crisi dalle conseguenze imprevedibili.
I Comitati Dossetti richiamano alla riflessione di tutti il fatto che, di fronte al collasso di tutte le regole e delle vecchie certezze dell’ordine economico-sociale, i principi fondamentali della Costituzione sono rimasti gli unici principi di razionalità e quindi di stabilità dell’ordinamento.

Raniero La Valle, Luigi Ferrajoli (presidenti), prof. Umberto Allegretti, prof. Gaetano Azzariti, prof. Enzo Balboni, prof. Francesco Bilancia, prof. Lorenza Carlassare, prof. Nicola Colaianni, prof. Claudio De Fiores, prof. Mario Dogliani, prof. Gianni Ferrara, Domenico Gallo, prof. Umberto Romagnoli, avv. Francesco Di Matteo.
Roma, 2 maggio 2013

Il documento è aperto alle firme di altri giuristi e cittadini.

Maurizio Serofilli, Enrico Peyretti, Angelo Casati, Giuseppe Giulietti, avv. Domenico D'Amati, Tommaso Fulfaro, prof. Cristina Giorcelli, Sandro Baldini, Piercarlo Pazé, Rita Girotti Elena Milazzo Covini, Maria Chiara Basile Zoffoli, Pierantonio Colombo, Joli Ghibaudi, Elena Dall’Acqua, Gabriele Aquilina, Federico Zanda, Domenico Basile, Carlo Romani, Carlo Ferraris, Maria Pia Bozzo, Luisa Marchini, Margherita Zanol, Angelo e Grazia Barsotti, Marialba Pileggi, Paola Zerbini, Dora Marucco, Vittorio Possenti, M. Cecilia Zoffoli, Mario Giacompolli, Francesca Landini,

Continua...