lunedì 6 maggio 2013

RESTITUZIONE DELL'IMU COME REATO


di Raniero La Valle
C’è una questione di grande portata nella discussione sull’abolizione dell’IMU, che non è stata finora sollevata. Si discute infatti solo dei costi dell’operazione: 4 miliardi per l’abolizione, 4 miliardi per la restituzione dell’IMU già pagata nel 2012. Ma mentre la sospensione o cancellazione dell’imposta sarebbe una decisione politica normale, la restituzione dell’IMU sarebbe un atto eversivo, il cui costo sarebbe devastante non per le finanze ma per l’immagine stessa dello Stato democratico. Altra cosa infatti è discutere, anche in campagna elettorale, di quali tasse si debbano mettere o togliere, altra cosa è discutere su quali tasse debbano essere restituite, sul presupposto che trattandosi di un maltolto da parte dello Stato, lo Stato debba risarcirne i cittadini derubati. Se si passa questa soglia, nel momento in cui il dibattito politico si impadronisce del tema delle imposte da restituire, viene meno ogni certezza non solo sui bilanci futuri, ma anche sui bilanci passati e sulle spese già fatte con i denari incassati, che certo non possono essere recuperate, va in crisi la figura fiscale dello Stato, e non solo va per aria l’art. 81 della Costituzione ma tutta la filosofia del patto fiscale su cui si fonda lo Stato moderno di diritto.
Si dice che la restituzione dell’IMU è stata oggetto di una promessa elettorale, e che perciò il partito che l’ha fatta, stando ora al governo, debba onorarla. Ma questa è una tragica aggravante della questione. Quella promessa non poteva essere fatta, in quanto è in contrasto con lo spirito e la logica della Costituzione, che esclude la materia fiscale da quelle suscettibili di essere sottoposte a referendum abrogativo; il che significa che, al di là del referendum, la Costituzione non prevede plebisciti e decisioni elettorali sulle tasse.
Ma al di là dell’impedimento costituzionale, l’impegno di riportare a brevissimo termine, nelle tasche degli italiani, i denari versati per l’IMU, equivale alla promessa di un’elargizione in denaro, mascherata da rimborso fiscale, da fare coi soldi dell’erario, in cambio del voto per il partito che la promette. Gli elettori hanno ricevuto addirittura un modulo con l’indicazione degli sportelli dove ritirare il denaro, non appena insediato Berlusconi al governo.
Questa, in un senso pieno, è corruzione elettorale. Soldi in cambio del voto. Se ora questi soldi venissero effettivamente dati, il reato si perfezionerebbe accomunando corrotti, corruttori e complici, e d’ora in poi chiunque si sentirebbe legittimato, nelle future elezioni, a promettere soldi dell’erario in cambio di voti. In ogni caso questo reato ha già provocato un danno gravissimo nell’ordinamento e nel sistema politico italiano, perché avendo motivato centinaia di migliaia di cittadini a un voto che altrimenti non avrebbero dato, ha alterato gravemente il risultato elettorale, ha mandato in scena la cosiddetta “vittoria” di Berlusconi e ha gettato il Paese nell’ingovernabilità, salvo inciucio.
Data questa esperienza, sarebbe necessario includere nella prossima legge elettorale, oltre alle sanzioni già previste, la pena della cancellazione dalle liste dei candidati e dell’interdizione, per una legislatura, dai pubblici uffici, di chi prometta dazioni in denaro sotto qualsiasi forma in cambio del voto.
                                   Raniero La Valle

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