mercoledì 28 ottobre 2009

Il premio a una politica

di Raniero La Valle

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Il premio Nobel per la pace non è infallibile. Anzi molte volte ha preso delle autentiche cantonate (come la scelta di Kissinger, di Begin…) ma questa volta, finendo inopinatamente nella casa bianca di Obama, non ha sbagliato. E invece è nato un putiferio: perché proprio Obama, che finora ha fatto solo grandi discorsi senza realizzare niente? Perché Obama, che non si è ancora ritirato dall’Iraq, che non ha persuaso Israele, non ha messo a posto l’Iran, non sa che pesci pigliare in Afghanistan? Perché Obama, che ancora non è riuscito a chiudere Guantanamo? Perché Obama che ha spaventato le assicurazioni senza ancora riuscire a dare l’assistenza medica agli americani poveri? Perché Obama, che del premio non ha alcun bisogno, mentre molto ne avrebbero bisogno un dissidente cinese in lotta per la democrazia, o un militante per i diritti umani braccato dal potere?
È la prima volta, che io sappia, che si critica il Nobel non per quello che il premiato ha fatto, ma per quello che vorrebbe fare ma ancora non ha fatto; e si critica non perché il premio non se lo meriti, ma perché non gli serve; e perché il premiato non sta all’opposizione, ma sta al potere.
In realtà le critiche al Nobel per Obama sembrano ancora in cerca di motivazioni, ma una cosa la dicono chiaramente già subito: che dopo il coro di osanna al “primo presidente nero degli Stati Uniti” (sventolato come prova che essi sono una vera democrazia, che sono un modello di convivenza razziale, che sono un faro per tutti i popoli e che “non possiamo non dirci americani”), a molti Obama è caduto dal cuore, e proprio perché questi ammiratori delusi sono attaccati agli Stati Uniti di ieri, così muscolosi e “identitari” in nome di tutto l’Occidente, e temono gli Stati Uniti che vorrebbe fare Obama oggi: pacifici, internazionalisti e interreligiosi.
Intanto molte critiche sono infondate. Riguardo all’Iraq quello che conta non è l’immediatezza del ritiro delle truppe d’invasione, ma il fatto che gli Stati Uniti rinuncino, come ha annunciato Obama, a mantenervi basi militari permanenti. E ben si sa che col pretesto di Saddam Hussein, l’avanzamento dell’insediamento militare americano nel mondo arabo e verso l’Estremo Oriente, è stata la vera ragione (più che il petrolio) della seconda guerra contro l’Iraq. Per Guantanamo il Senato americano ha approvato in questi giorni una legge che stabilendo di giudicare negli Stati Uniti i prigionieri che non possono essere rilasciati, permetterà la chiusura di quel lager. Quanto alla lotta per il servizio sanitario nazionale, essa procede lentamente affrontando l’offensiva ideologica scatenata contro il presidente, accusato di essere “socialista”, ma non si è fermata. Con Israele effettivamente va male: ma lì sappiamo che c’è ben poco da fare senza un mutamento profondo di quello Stato, che gode di un grande potere sull’America, e davvero ha in mano il destino di Obama.
Ora è proprio perché il presidente americano vuol rendere pacifica, internazionalista e interreligiosa non una piccola ONLUS, ma la maggiore potenza militare ed economica del mondo, che merita il Nobel. Può darsi che non ci riuscirà, perché moltissimi nemici ed alleati si metteranno di traverso (altrimenti non sarebbero stati così corrivi e funzionali all’America di Bush); ma l’averlo deciso, aver vinto su questa linea una campagna elettorale, averlo proclamato nei punti topici del mondo, dal Cairo ad Accra all’Europa all’ONU, e aver avviato delle politiche che tendono a realizzare l’obiettivo di un mondo unito, pluralistico, senza armi nucleari e non violento, è il più alto servizio che si potesse fare alla pace; e meno male che quelli del Nobel se ne sono accorti e hanno voluto premiare non un uomo ma una politica, la cui finalità è tutta nel futuro, per attuare la quale ci vorrà più di una generazione e che perciò ha bisogno di tutto l’appoggio possibile, ivi compreso il Nobel per la pace.
Quando Giovanni XXIII, un mese prima di morire, ricevette il premio Balzan per la pace, aveva appena finito di scrivere l’enciclica “Pacem in terris” e aveva aperto il Concilio; la “Pacem in terris” era il manifesto di un mondo nuovo, e il Concilio era l’anticipazione di un’umanità ricomposta in unità, riconciliata con se stessa e con Dio. Ancora oggi quel programma giovanneo è ben lungi dall’essere attuato, anzi si è andati perfino indietro rispetto a quel mondo, a quell’umanità e a quella Chiesa che i segni dei tempi di allora facevano intravedere come possibili: ma nessuno potrebbe dire per questo che quel premio per la pace fosse sbagliato o che papa Giovanni non se lo fosse meritato.
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venerdì 9 ottobre 2009

PER LA SALVEZZA DELLA REPUBBLICA UNA SVOLTA DOPO QUINDICI ANNI: APPELLO PER LA CREAZIONE DI UNA “COSTELLAZIONE DEMOCRATICA”

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(per aderire inviare una e-mail a info@sinistracristiana.net)
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PER LA SALVEZZA DELLA REPUBBLICA UNA SVOLTA DOPO QUINDICI ANNI

In quindici anni il sistema politico e le idee portanti della società italiana hanno subito un sovvertimento profondo, in cui sono confluite le tendenze negative che già avevano piagato il Paese nei primi decenni della storia repubblicana, nonostante il rapido sviluppo economico e il graduale affermarsi degli istituti e delle pratiche della democrazia.
In breve tempo si è passati dall’esaltazione della sovranità popolare al mito della governabilità, ma si è dimenticato che secondo la Costituzione governare vuol dire mettere lo Stato dalla parte degli interessi generali e, quando gli interessi confliggono, dalla parte delle componenti sociali e degli esseri umani più deboli, ai quali ostacoli di ordine economico e sociale limitano la libertà e l’uguaglianza e impediscono il pieno sviluppo come persone.Si è passati dal dominio delle ideologie al rifiuto delle idee, al discredito delle culture politiche e alla marmellata delle posizioni etiche e religiose; non si spiegherebbe altrimenti l’imbarbarimento della lotta politica, né si spiegherebbe come la Lega potrebbe proclamarsi l’unica forza politica cristiana e cattolica, capace di dialogo con la Chiesa, quando disegna una società nella quale nessuno ha altro Dio che se stesso, i profughi sono respinti e fatti morire in mare, gli stranieri sono criminali a norma del diritto positivo, ai musulmani è negata la dignità umana inerente alla libertà religiosa e il Pronto soccorso, le sale parto, gli ospedali, gli uffici dello stato civile e talvolta anche le panchine e gli autobus sono vietati a chi non ha il permesso della Polizia.
Si è passati dalla frammentazione delle forze politiche, all’idea di due soli contenitori, uno di destra e uno di sinistra; però la sinistra è considerata dannosa e superflua, senza posto in Parlamento, e addirittura nel Partito democratico il candidato on. Bersani viene sollecitato a censurare la stessa parola “sinistra” se vuol essere eletto.
Si è passati da un sistema elettorale anche troppo proporzionale ed esposto a chi cercasse di procurarsi anche una briciola di potere, a un sistema seccamente oligarchico in cui moltissimi cittadini sono costretti a non votare, o a votare per risultati opposti a quelli desiderati, o a votare – anche se ciò è meno nuovo – turandosi il naso; e in ogni caso nessuno può votare per eleggere nessuno, ma può solo fornire il proprio voto alle nomine già effettuate dagli apparati di partito; nessuna minoranza, senza snaturarsi o vendersi, è più ammessa al festino.


Si è passati dalla divisione dei poteri e da un certo pluralismo dell’informazione all’attentato contro i tutti i poteri deputati a indirizzare, controllare e limitare il potere dell’esecutivo e del cosiddetto “premier”. Il Presidente della Repubblica è assediato al Quirinale, la magistratura è ogni giorno sfidata, ispezionata e minacciata, la televisione irresistibilmente attratta in un unico palinsesto, i direttori dei giornali sono costretti a cambiare mestiere, le interviste, a cui si risponde portando l’intervistatore in tribunale, potrà ormai permettersele solo chi abbia un editore pronto a rischiare per la pena qualche milione di euro.
Si è passati da un’idea perfino ipocrita della morale pubblica, all’idea della sua encomiabile trasgressione in privato, i palazzi del potere sono diventati vetrine di edonismo, il Muro è caduto e d’oltrecortina arriva il letto di Putin, siamo diventati spettacolo al mondo e dal vertice della ricchezza e del potere si sparge nel Paese una palpabile aura di corruzione. Ciò rende impossibile anche una serena trattazione legislativa di materie eticamente sensibili.
Si è passati da una eccessiva facilità di avvicendamento dei governi a una loro pretesa inamovibilità, qualunque cosa accada e qualunque cosa facciano, per una intera legislatura. Ma in una legislatura si può fare la guerra e si può espiantare la democrazia.
Questa analisi, formulata dagli uni, può essere non in tutto condivisa, può essere corretta o integrata da altri. Come ogni critica, essa stessa può essere sottoposta a critica. Non è dunque su questa analisi che si forma o si chiede il consenso. L’accordo unanime è però sull’azione che si ritiene ne debba seguire e qui viene proposta.

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APPELLO PER LA CREAZIONE DI UNA “COSTELLAZIONE DEMOCRATICA”

Lo scadimento della lotta politica dal dibattito delle idee al linciaggio delle persone e le lunghe convulsioni che accompagnano la crisi micidiale del potere di Berlusconi, dimostrano l’elevato grado di inagibilità democratica di pericolosità sociale e di impotenza politica in cui è caduto il nostro sistema.
I firmatari di questo appello, le altre entità e persone che vi aderiscono e la Sinistra Cristiana che nella sua veste di “Servizio politico” lo promuove, scongiurano le forze politiche democratiche – a cominciare dal maggior partito di opposizione – a riunirsi in un supremo sforzo per arrestare il declino e ristabilire le condizioni di dignità, onore, cultura e libertà nel nostro Paese.
Nei tempi più rapidi sarebbe necessaria almeno una riforma elettorale che, fuori da forzature autoritarie, premi di maggioranza e lotta alle minoranze, restituisca rappresentanza ai cittadini, credito agli eletti, azionabilità agli interessi negati e udibilità alle idee anche critiche e innovatrici.
Tuttavia, nelle more di tale riforma, che certamente ha bisogno di un vasto consenso, e nell’attuale situazione di urgenza, a legislazione vigente rivolgiamo un pressante invito alle forze e ai partiti costituzionali, presenti o assenti in Parlamento, indipendentemente dal loro denominarsi come democratici, liberali, riformisti, antagonisti, comunisti, alle associazioni politiche democratiche e ai Comitati per la Costituzione, per dar vita a una coalizione di cultura e di governo che, in discontinuità con precedenti insoddisfacenti esperienze, si potrebbe definire “Costellazione democratica”.
La base comune su cui, in sintonia con i quattro punti dello storico discorso di Barak Obama al Cairo del 4 giugno scorso, tale Costellazione democratica potrebbe fondarsi, si può organizzare attorno a questi quattro valori:

1) Il valore della memoria come riserva critica della nostra identità democratica, dall’unità d’Italia al fascismo, dalla Shoà alla Resistenza, dalla Costituente alla Repubblica, e come antidoto al moltiplicarsi delle vittime della violenza economica e politica, dei “respingimenti” e delle guerre;


2) Il valore della legalità, come attuazione della Costituzione e dei suoi postulati fondamentali, a cominciare dalla laicità, condizione dell’uguaglianza e della convivenza pacifica in un universo che è plurietnico e plurireligioso; dal lavoro, come diritto e dignità di ogni persona e fondamento della Repubblica; dal ripristino della legalità soprattutto in ordine ai diritti fondamentali, alle libertà, alla giurisdizione, alla partecipazione politica e alla rappresentanza;


3) Il valore del ruolo della Repubblica per rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo degli esseri umani, sia nell’ordine economico e sociale, sia nel campo dell’informazione e dell’istruzione, con particolare riferimento alle politiche per l’occupazione, per l’edilizia abitativa, per l’infanzia, per standard di vita accettabili, per la salvaguardia del Welfare e il rilancio della scuola pubblica, nel riconoscimento della dimensione privata e pubblica dell’economia;


4) Il valore dell’unità delle Nazioni, della pace, della liberazione dei popoli, del concerto dei poteri pubblici per la stabilità e lo sviluppo economico internazionale, della salvaguardia e dell’uso dei beni comuni e della difesa della natura, condizioni della salvezza storica oggi necessaria.

La condivisione di questi valori non implica la rinuncia alle differenze. Ciascuna delle componenti della Costellazione democratica, tenendo fede alla propria ragione di essere, continuerà a coltivare i propri valori e a elaborare le proprie culture incrementando nel rispetto reciproco l’autonomia e il pluralismo.
Le componenti della Costellazione democratica uniscono però le proprie forze in forma visibile per un’azione comune nella società, volta alla crescita di una cultura costituzionale, e allo sviluppo della libertà e del pluralismo della comunicazione sociale e dell’informazione.
Esse contraggono nel contempo un’alleanza elettorale capace di competere per la conquista della maggioranza parlamentare, stabilendone le finalità in un patto di legislatura aperto all’adesione di tutti i cittadini.
La maggioranza parlamentare espressa da questa alleanza costituirà e sosterrà con la sua fiducia il governo. Esso viene formato nell’ambito della stessa maggioranza ma non necessariamente da tutte le sue componenti, mentre tutte le componenti della maggioranza e i loro singoli membri si vincolano a sostenere l’azione esecutiva e la legislazione qualificante del governo, secondo il patto stabilito coi cittadini. L’attività governativa non copre tutto lo spazio dei problemi e dell’esercizio politico, ed è distinta dall’attività legislativa, come sono distinti i relativi poteri. Non tutta la legislazione esprime e deve essere conforme alla volontà del governo. Nelle materie che non rientrano direttamente nello specifico programma di governo e in cui esso non ritiene implicata la fiducia al proprio operato (dal quadro istituzionale alla bioetica), la maggioranza parlamentare concorre alla legislazione senza vincolo di mandato.
La Costellazione democratica valorizza e pratica il dialogo e il confronto parlamentare, e approfondisce le relazioni con tutte le componenti della società italiana, nessuna delle quali è considerata nemica.
L’accordo per dar vita a tale Costellazione democratica non può essere rimandato al momento delle prossime elezioni politiche, ma fin da ora ne deve rappresentare la prefigurazione, l’urgenza e la prospettiva risolutiva. È questo l’appello che rivolgiamo a tutti i soggetti politici responsabili della vita del Paese.


16 ottobre 2009

PER ADERIRE ALL'APPELLO INVIARE UNA E-MAIL A costellazionedemocratica@email.it oppure a info@sinistracristiana.net
indicando nome, cognome, indirizzo ed eventualmente professione ed altre notizie utili. Le adesioni verranno aggiornate sul sito www.sinistracristiana.net
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sabato 3 ottobre 2009

IL MODELLO

DI RANIERO LA VALLE


Lo scandalo Berlusconi ha avuto una svolta. Lo scandalo consiste nel fatto che il sistema politico italiano non ha ancora trovato il modo di far uscire di scena un presidente del Consiglio che ammala l’Italia e l’ha resa uno spettacolo al mondo.
La svolta consiste nel fatto che lui e i suoi, abbandonando la tesi innocentista, hanno alfine rivendicato i suoi comportamenti trasgressivi presentandoli anzi come proprio quelli che gli garantiscono il consenso.
L’ultima e suprema ragione per la quale è giusto e salutare che egli resti al potere, secondo quanto hanno detto i suoi portavoce nei diversi scontri televisivi, è che egli sarebbe un modello per tutti gli uomini e le donne del Paese, i quali lo voterebbero in massa non perché toglie le tasse, protegge gli evasori e intrattiene le casalinghe con la TV, ma perché tutti lo invidiano e vorrebbero essere come lui.
Ora, la pretesa del modello è grave, perché sposta il problema dalla qualità del presidente del Consiglio alla qualità del Paese.
Pertanto la nuova, vera responsabilità politica, non solo del ceto politico e dei partiti, ma di tutti, è se davvero vogliamo che questa diventi la nuova qualità dell’Italia, e se non sia una colpa gravissima farsene complici.In particolare per la Chiesa la questione del modello è delicatissima, perché tutta la sua ragione di essere, per la quale essa sta o cade, consiste nel proporre e nel mostrare un nuovo modello di uomo, ovvero il modello di un uomo nuovo, che è quello di cui essa porta il nome.
E tutte le canonizzazioni di santi, così abbondanti fino a Benedetto XVI, altro non erano che la proposta ai fedeli di modelli di vita cristiana. E se si può capire che non siano oggi di molta attualità modelli come san Luigi Gonzaga o santa Maria Goretti, il loro rovesciamento nell’icona di Berlusconi sarebbe inconcepibile.Così come non si potrebbe capire che la Chiesa si dividesse in Italia tra Conferenza episcopale, segreteria di Stato, giornali cattolici e popolo fedele, sulla questione della maggiore o minore copertura da dare al governo Berlusconi, fino al limite di un rapporto simoniaco come quello contro cui si sarebbe messa anche “la celeste intercessione di Celestino V” di cui parlava Giancarlo Zizola nell’ultimo numero di Rocca.
Del resto se la Chiesa ha sentito il bisogno di ricordare all’Italia che per l’art. 54 della sua Costituzione quanti sono investiti di funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle “con onore”, si può anche ricordare alla Chiesa che secondo il Concordato del 1984 lo scopo della sua collaborazione con lo Stato non è un qualsiasi utile ecclesiale ma è “la promozione dell’uomo e il bene del Paese”.
Ma in che cosa il “modello Berlusconi” è letale per la qualità dell’Italia?
Non perché egli è ricco, ma per il modo in cui si è acquistato le ricchezze.
Non perché ha il potere, ma perché lo mischia coi soldi e lo usa per sé. Non perché ama le donne, ma perché ne acquista il corpo.
Non perché è un don Giovanni, ma perché mentre quel cavaliere le sue 1003 fanciulle le seduceva a una ad una, a lui invece sono portate a gruppi di venti.
Non perché nomina a suo beneplacito parlamentari europei, deputate, ministri e stallieri, ma perché le ragioni di queste scelte non hanno nulla a che fare con i rispettivi uffici. E infine perché tutto ciò non è ristretto all’ambito privato.
L’accusa ai critici di invadere la privacy di Berlusconi, di intromettersi nella sua vita e di approfittare di suoi fatti personali per attaccarlo nel suo ruolo pubblico, è infondata.
Il fatto che a tutte le ragazze fossero prescritti abitini neri e un trucco leggero, e che ci fosse un via vai di aerei privati e macchine schermate e che alle commensali fossero assegnati ruoli e paghe diverse, significa che a palazzo c’era una regia e anzi, trattandosi di palazzi del potere, che c’era un cerimoniale.
Il cerimoniale è il versante liturgico della vita pubblica. Il cerimoniale trasforma un incontro o un evento della vita reale in cerimonia, e la cerimonia in tradizione, e la tradizione in gesti così ripetuti che non c’è più neanche bisogno di discuterli, diventano costume. Forse è questo che voleva dire Berlusconi quando ha affermato che tra le maggiori innovazioni del suo governo, c’è quella di aver introdotto la moralità.
Raniero La Valle
2 ottobre 2009
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