sabato 16 settembre 2023

 HANNO PERSO LA RAGIONE: L'APPELLO

È sempre più difficile dire come potremo uscire dalla tragedia universale che stiamo vivendo, perché siamo vittime non solo della protervia dei potenti che si sono arrogati il diritto di decidere della nostra sorte e della stessa vita del mondo, ma della loro condotta del tutto irrazionale. Nel nostro orgoglio di occidentali nipotini di Kant, credevamo che la ragione ci avrebbe salvato, e invece è proprio l’eclissi della ragione che ci sta perdendo.
Il primo esempio di questo agire senza ragione sta nell’origine stessa della guerra d’Ucraina. Ora sappiamo perché essa è scoppiata, e come sarebbe stato facile, e addirittura ovvio, evitarla. Ci ha spiegato perché non l’hanno fatto il segretario generale della Nato, Stoltenberg, parlando in una sede istituzionale come la Commissione Esteri del Parlamento europeo. “Nell’autunno del 2021 – ha rivelato - il presidente russo Vladimir Putin ci inviò una bozza di trattato: voleva che la Nato firmasse l’impegno a non allargarsi più”. Bisogna notare che a quella data la Nato aveva già inglobato, dopo il fatidico ’89, la Polonia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Bulgaria, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, la Romania, la Slovacchia, la Slovenia, l’Albania, la Croazia, il Montenegro, la Macedonia del Nord, Paesi non tanto lontani dai confini della Russia, su cui pertanto la NATO, per dirla con papa Francesco, poteva già abbaiare a suo piacere. “Inoltre – ha aggiunto Stoltenberg – voleva che rimuovessimo le infrastrutture militari in tutti i Paesi entrati dal 1997, il che voleva dire che avremmo dovuto rimuovere la Nato dall’Europa centrale e Orientale, introducendo una membership di seconda classe. Ovviamente non abbiamo firmato, e lui è andato alla guerra per evitare di avere confini più vicini alla Nato, ottenendo l’esatto contrario, ha avuto cioè maggiore presenza della Nato sul fronte orientale». Bastava cioè mantenere le distanze, e la guerra non ci sarebbe stata.
Un altro esempio di un comportamento “alienum a ratione”, per dirla con papa Giovanni XXIII, ossia “fuori della ragione” se non di follia, sta nella posizione assunta dall’Ucraina come l’ha enunciata il portavoce ufficiale di Zelensky, Mikhailo Podolyak. Egli prima ha liquidato papa Francesco, dicendo: “Non ha senso parlare di un mediatore chiamato papa, se questi assume una posizione filorussa… Il Vaticano non può avere alcuna funzione di mediazione: ingannerebbe l’Ucraina o la giustizia”: uno schiaffo al papa che Marco Politi ha paragonato allo “schiaffo di Anagni”. Poi Podolyak ha descritto il mondo come l’Ucraina di Zelensky se lo immagina oggi e dopo la vittoria sulla Russia: “Smettetela di flirtare con i maniaci ignorando le loro vere intenzioni. Smettetela di pensare che sia possibile negoziare con la Russia e che sia importante. La decisione sulla Russia deve ancora essere presa: isolamento geopolitico, status di terrorista, sospensione dall’appartenenza a istituzioni globali, mandati di arresto individuali per alti funzionari. E soprattutto la sconfitta nella guerra seguita dalla trasformazione interna”. Povera Ucraina e poveri noi in un mondo così, in cui popoli interi debbano essere scartati e messi alla gogna!
La terza performance insensata e incoerente è quella di Biden che a Pechino ha detto: “Non voglio il contenimento della Cina. Voglio solo assicurare che ci sia una relazione onesta e chiara”. Peccato che nella sua “Strategia della sicurezza nazionale americana”, firmata nell’ottobre scorso, ci sia scritto che il maggiore “competitore strategico” degli Stati Uniti è la Cina, che rappresenta la “sfida culminante” nel prossimo decennio, mentre il segretario alla Difesa ha aggiunto che il conflitto con la Cina non è “né inevitabile né auspicabile” ma che in ogni caso gli Stati Uniti sono pronti “a prevalere nel conflitto”. Tuttavia nessuna vera ragione è stata fornita sul perché bisogna prendersela con la Cina e farne l’ultimo Nemico in una guerra finale con lei.
Sono queste alcune delle ragioni che stanno alla base dell’Appello “Terra, Pace Dignità”, lanciato da Michele Santoro e da me “ai pacifici, alle donne e agli uomini di buona volontà, agli elettori di tutte le liste, agli assenti dalle urne e a quelli di deluse speranze”, per porre termine alla guerra di Ucraina, condizione di salvezza perché “la storia continui”, e a questo fine dare una rappresentanza politica a tre soggetti ideali, tre ordinamenti, che non l’hanno o l’hanno perduta: la Terra, la Pace e la Dignità di tutte le creature; è questa infatti la via, che non elude la dura prova della politica, per giungere infine al ripudio sul piano mondiale della guerra e a quel costituzionalismo mondiale che solo lo può garantire.
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martedì 29 agosto 2023

PACE, TERRA E DIGNITÀ


Quello che segue è l’intervento che Raniero La Valle, a nome suo e di Michele Santoro, ha pronunciato all’assemblea “E se spuntasse un Arcobaleno?” tenutasi il 26 agosto 2023  alla Versiliana di Marina di Pietrasanta.

Prima di tutto vorrei ringraziare Michele Santoro che con la sua straordinaria capacità di convocazione e lettura degli eventi, ci ha riunito in questa grande assemblea. Siamo qui  per dare voce a un sogno, un sogno comune, suo e mio, e credo anche vostro, il sogno che finalmente appaia un Arcobaleno.  L’Arcobaleno è un simbolo potente, perché unisce la terra col cielo. Sul cielo noi non abbiano giurisdizione, ma sulla Terra sì; e sulla terra che cosa vorremmo che questo Arcobaleno segnasse e portasse? Vorremmo tre cose, prima di tutto la Pace; la Pace non ha nulla al di sopra di sé, la pace è sovrana, la pace non ha scambi da fare con alcuna altra cosa al mondo, è la condizione di tutto, quella per la quale viviamo, speriamo ed amiamo. E la seconda cosa è proprio la Terra, questa Terra che ci stanno togliendo da sotto i piedi, questa terra infuocata, questa Terra dove si rompono le acque, questa Terra dove si accendono i fuochi, dove bruciano le foreste, dove finisce l’ossigeno, questa Terra che è la nostra madre, la dobbiamo recuperare, difendere, salvare. E la terza cosa è la Dignità, la Dignità delle persone che l’hanno perduta, a cui non viene riconosciuta. Pensate solamente ai migranti, non solo sono abbandonati al mare, ma prima ancora di essere lasciati al naufragio e alla morte sono negati nella loro dignità, vengono scambiati per denaro, si va a Tunisi a dire: “quanti soldi volete per non fare arrivare i migranti da noi?”. Allora queste tre cose, la Pace, la Terra e la Dignità sono le cose che noi vorremmo a questo Arcobaleno chiedere, perché si riversino qui sulla Terra. L’Arcobaleno è anche un segno polivalente, perché l’Arcobaleno può sorgere in qualunque punto del cielo. Noi vorremmo che sorgesse qui in Italia, in Occidente, dove giacciono i nostri valori, ma può sorgere anche altrove; io ricordo, nel 1987, avevamo una rivista che si chiamava “Bozze”, e facemmo un titolo così: se la Pace viene dall’Est. Allora erano altri tempi, c’era Gorbaciov, la Russia si chiamava in un altro modo, però in quel momento c’era la guerra atomica, c’era il pericolo dell’ecatombe nucleare, ma da lì venne la proposta di “un mondo senza armi nucleari e non violento”. E quindi l’Arcobaleno può sorgere oltreoceano, può sorgere qui da noi, può sorgere nel Sud del mondo, o può sorgere all’Est.

E allora per realizzare questo sogno, Santoro ed io, insieme, facciamo un appello. Non lo facciamo solo ai pacifisti, non è roba di pacifismo; noi abbiamo molta gratitudine per i pacifisti che hanno tenuto alta la fiamma della Pace in questi anni di guerre e di guerre. Però questo appello va al di là dei pacifisti. Noi facciamo un

APPELLO

Ai Pacifici, che sono una moltitudine. Ai figli di Dio che prendono la Terra per madre, Ai resistenti perché nessun volto sia oltraggiato e la Dignità sia riconosciuta a tutte le creature,  Agli eredi di milioni di uomini e donne che hanno lottato per il lavoro, per l’emancipazione e per la libertà dal dominio pubblico e privato, A quanti si ribellano al sacrificio – c’è questa ideologia del sacrificio – ci rivolgiamo a quanti si ribellano al sacrificio degli uni per il tornaconto degli altri. Ai giovani che abbiamo perduto, a cui non abbiamo saputo garantire il futuro.

È questo un appello che affidiamo agli organizzati e ai disorganizzati,  ai militanti di tutti i partiti, agli elettori di tutte le liste e agli assenti dalle urne, agli uomini e donne di buona volontà e a quelli di deluse speranze, a quanti godono di buona fama e a chi soffre di  una cattiva reputazione, agli inclusi e agli scartati .

Noi ci rivolgiamo a Voi non perché siamo da più di voi, ma perché siamo Voi.

Noi vogliamo dare una rappresentanza a  tre soggetti ideali che ancora non l’hanno o l’hanno perduta, a tre  beni comuni  che tutti dovrebbero curare e difendere  in questi tempi di ferro, tre beni comuni che sono il “minimo sindacale” o il “minimo politico” da rivendicare per tutti:  Anzitutto la Pace, da cui tutto dipende, nella quale viviamo, speriamo e amiamo, una pace da istituire come ordinamento originario e sovrano come lo è stata finora la guerra; in secondo luogo la Terra, da salvare come madre comune di tutti;  e infine la Dignità da rispettare di ogni creatura.

Quanto alla PACE, tutti dicono di volere la pace nel mondo, ma questa non si può nemmeno pensare se prima non finisce questa guerra in Europa, dunque è una seconda pace, ed è una bugia quella di chi dice di volere la seconda pace se non vuole e impedisce la prima.

Noi sappiamo invece che LA PACE DEL MONDO è politica, imperfetta e sempre a rischio. Essa è assenza di violenza delle armi e di pratiche di guerra, vuol dire non  rapporti antagonistici né sfide militari o sanzioni genocide tra gli Stati, implica prossimità e soccorso  nelle situazioni di distretta e di massimo rischio a tutti i popoli.

E sappiamo che l’antagonista alla pace non è semplicemente la guerra, ma è il sistema di guerra che ormai è diventato il vero sovrano e “padre di tutti”, tanto che comanda ogni cosa, pervade l’economia e domina la politica anche quando la guerra non c’è o non è dichiarata. Noi infatti siamo in guerra, ma avete forse sentito che le Camere abbiano deliberato lo stato di guerra, secondo l’art. 78 della Costituzione? E forse Mattarella ha dichiarato lo stato di guerra, secondo l’art. 87 della Costituzione? E intanto la guerra d’Ucraina non riesce a finire, benché in essa entrambi i nemici già ne siano allo stesso tempo vincitori e sconfitti. Una vittoria l’ha avuta infatti l’Ucraina che è diventata la star del mondo, è stata adottata dalla NATO e, pur tributaria dell’Occidente, non ha perduto la sua sovranità. Ma ha vinto pure la Russia perché ha fronteggiato la NATO, non è stata ridotta alla condizione di paria, come Biden voleva, né è stata espulsa dal consorzio mondiale.

Tuttavia  la guerra ha anche inflitto alla Russia, all’Ucraina e all’America una severa sconfitta. Alla Russia perché con l’aggressione ha compromesso  il suo onore. All’Ucraina perché chi, governandola, la doveva difendere l’ha gettata in una fornace di fuoco ardente, le famiglie sono divise perché gli uomini sono trattenuti per combattere mentre in tutti i 72 distretti di reclutamento, come è stato rivelato,  la corruzione ha permesso a molti di sottrarsi alle armi e la controffensiva ucraina è fallita.  Ma sconfitta è stata anche l’America perché non ha raggiunto i suoi scopi, ha profuso miliardi che peseranno sul suo debito, mentre viene messo in gioco il monopolio del dollaro negli scambi  mondiali, la sua vera ricchezza, né essa potrà conseguire quel dominio globale che si riprometteva debellando la Russia per poi far guerra alla Cina. E a pagare le spese della guerra siamo anche noi, i veri corrotti e sconfitti nel giudicarla e darne conto.

Ma se già sono arrivare vittorie e sconfitte,  perché questa guerra non finisce? Non finisce perché la guerra d’Ucraina, così ben piantata nel cuore dell’Europa per rialzare la vecchia cortina sul falso confine tra Occidente ed Oriente, è funzionale o addirittura necessaria al sistema di guerra, e perciò gli stessi negoziati sono stati proibiti.

Dunque, prima di tutto la Pace. Il secondo bene da salvare è la TERRA. La terra è in pericolo, essa non è un patrimonio da sfruttare, un ecosistema da aggredire, ma la casa comune da custodire, da tornare a rendere abitabile per tutte le creature, da arricchire con i frutti del nostro lavoro e le opere del nostro ingegno. Essa è  oggi in attesa di una nuova nascita e soffre le doglie del parto.

Infine, il terzo assillo è LA DIGNITÀ, degli uomini, delle donne e di tutte le creature. La dignità da difendere è quella della libertà e della ragione, del lavoro e del tenore di vita, la dignità del migrante per diritto d’asilo e del profugo per ragioni economiche, del cittadino e dello straniero, dell’imputato e del carcerato, dell’affamato e del povero, del malato e del morente, della donna e dell’uomo e, nel loro ordine, di ogni altra creatura.

Dunque abbiamo tre beni da salvare, come i “tria bona” di cui parlano i monaci di Camaldoli, lì dove qualche giorno fa è andato il presidente della Repubblica per ricordare il “codice di Camaldoli”. Ma prima di tutto noi vogliamo la pace  e ciò che è oltre la pace, e lo chiediamo a chi gestisce il potere, anche ai partiti. Noi non neghiamo rispetto e stima ai partiti e alle loro personalità più eminenti, ma sappiamo che essi non possono affrontare la totalità delle sfide e che in quanto partiti non sono tali da farsi carico di tutte le parti della realtà.

Perciò senza ignorare i partiti, prendiamo partito. Il nostro è un PARTITO PRESO per la pace, la Terra e la dignità, e a queste vogliamo dare una rappresentanza, una presenza, in tutte le sedi.

Non aspiriamo alla stanza dei bottoni, ma la vorremmo più aperta e trasparente, non ci affascinano i Palazzi ma i Parlamenti. Vorremmo una scuola che non trasformi i ragazzi in capitale umano, in merce nel mercato del lavoro, in pezzi di ricambio per il mondo così com’è[1], ma in padroni della parola, coscienti e cittadini. Amiamo i valori dell’Europa e dell’Occidente ma congiunti a quelli di ogni altra tradizione e visione,  non pretendiamo un mondo a nostra misura, tanto meno uniformato al modello di “democrazia, libertà e libera impresa”, che si è voluto esportare con le guerre umanitarie e per procura, consacrando così l’”economia che uccide” e la guerra che è incompatibile con la democrazia e che anche prima del nucleare devasta la Terra.  Non vogliamo il “decennio di competizione strategica” progettato in America fino alla “sfida culminante” con la Cina. Pensiamo a una comunità internazionale placata e garantita da un costituzionalismo mondiale. Resistiamo al dominio e rifiutiamo la lotta per l’egemonia. Nei confronti di quanti oggi lasciamo in balia del mare e che noi, da soli o con l’Unione Europea,  respingiamo o ”ricollochiamo” nei lager e nei deserti, non è alla “sostituzione etnica” che dovremmo imprecare, ma è piuttosto alla sostituzione etica della nostra idea di confini, di identità e di supremazia che dovremmo provvedere.

 

Il nostro è dunque un appello per dare vita a una grande

Assemblea permanente

il cui obiettivo sia una politica che prenda in mano il mondo non per farne un impero delle armi e del denaro ma per preservarlo e fare sì che la natura sia salva e che la storia continui.

un’Assemblea permanente per rovesciare il corso delle cose presentI e preparare un altro avvenire per l’Italia e per l’ Europa.

un’Assemblea in cui tutti parlino e tutti ascoltino, un’Assemblea che mandi suoi rappresentanti in tutti i luoghi delle decisioni, che partecipi a tutte le elezioni, che abbia eco nelle università, nelle scuole, nei palazzi del potere, e susciti nuovi pensieri e progetti alternativi così nelle riunioni dei partiti come perfino nell’Assemblea dell’ONU.

Si avvicinano le elezioni europee e risuona per l’Europa la domanda gridata da papa Francesco: “Dove vai Europa?”. Essa ha tradito le ragioni della sua unione abbandonando gli ideali per cui è nata, che è il patrimonio di quanti hanno resistito all’idea di Europa voluta da Hitler, fino al sacrificio dei maquis in Francia, dei partigiani in Italia, dei ghigliottinati e impiccati in Austria e in Germania.

È materia di discussione se e come questo soggetto politico nascente dovrà avere un suo ruolo nel confronto elettorale, in ogni caso lo dovrebbe fare non  vivendo le elezioni come una competizione all’ultimo voto, nella consueta logica dello scontro tra amico e nemico. Perché non dovrebbe essere possibile nella competizione elettorale muoversi come  Alexander Langer chiedeva per il confronto politico,  in modo “più lento, più profondo, più dolce”?  la si dovrebbe affrontare in effetti in modo inclusivo, cercando tutte le convergenze appropriate e avendo per obiettivo il cambiamento  dell’Europa, perché si faccia protagonista dello stabilimento della pace sulla Terra.

Questo cambiamento implica anche l’aggiornamento delle culture e dei linguaggi, l’abbandono degli stereotipi e delle parole  usurate, Bisognerà rovesciare le priorità, per essere credibili, bisognerà dire non “prima Noi” ma “prima gli ultimi”, perché se si salvano gli ultimi si salvano anche i primi, bisognerà dire che ogni straniero è cittadino,  che ogni patria straniera è nostra patria, e ogni patria è straniera. E dovremmo operare perché tutto ciò si faccia ordinamento con le sue Costituzioni, le sue leggi, le sue garanzie e le sue giurisdizioni per tutta la terra.

Infine vorrei citare un altro sogno, di David Maria Turoldo, un grande poeta e amico nostro, traendolo da una sua poesia dedicata a Rigoberta Menchù, un’india del Guatemala  che ha lottato per i diritti del suo popolo maya e delle altre minoranze oppresse, e per questo ha ricevuto nel 1992 il Premio Nobel per la pace. Rigoberta aveva raccontato questa storia in un libro intitolato “Mi Chiamo Rigoberta Menchù” e padre Turoldo le aveva dedicato una ballata dallo stesso titolo, prendendola a simbolo del riscatto  dei poveri e della lotta per la pace.  Io vorrei citare questa ballata cambiando semplicemente il nome di Rigoberta Menchù nel nome di Alan Kurdi, il bambino siriano di tre anni con la maglietta rossa, di etnia curda, che fu  trovato morto sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, dopo un naufragio che almeno quella volta commosse il mondo, un gommone che fu travolto e annegarono in molti, anche un suo fratello e la  mamma..  Questa famiglia, fuggita dalla guerra in Siria, non aveva ottenuto di poter emigrare in Canada, e per rifugiarsi in Europa aveva osato un tragico passaggio in mare; dunque il piccolo Alan con la maglietta rossa è un simbolo di tutti e tre i beni che abbiamo perduto o stiamo perdendo: la pace, la Terra, e la dignità delle persone, la dignità sia di quanti sono rifiutati e diventano residui umani nel mare, come pane spezzato che noi abbandoniamo ai pesci dicendo: “prendete e mangiate”, sia di chi li respinge e li scambia per denaro

Leggo da padre Turoldo:

Gente, uomini che non avete importanza

voi giovani che non sapete che fare

in cosa credere

anche voi ragazzi e ragazze di tutte le città

avanti che diciate

tutti  “non c’è  niente, non c’è niente

da fare, il Palazzo non farà mai

una crepa!”  ecco, non ridete

e neppure pensate che sia un delirio: invece

è un sogno, un lucido

e consapevole sogno

reale e possibile!

Prima leggete “Mi chiamo

Rigoberta Menchù”

(e qui possiamo dire mi chiamo Alan Kurdi). Poi

andate in giro per tutte le strade

portando solo la scritta “Mi chiamo

Alan Kurdi” o dicendo a tutti

appena questo, “Mi chiamo Alan”

tutti con cartelli alzati, a voce

a piena voce tutti a dire

per tutte le strade e sotto tutti

i Palazzi e le Case Bianche del mondo

e le Cattedrali e gli Episcopi

tutti a dire solo questo “Mi chiamo

Alan Kurdi”, appena

uno, prima, poi due, poi cinque

e cento e mille e migliaia

a gruppi, in coro, a gran voce

da riempire le piazze, da uccidere

ogni altro fragore e poi

Il silenzio, un grande

Improvviso silenzio che faccia

paura! E il grido dopo, da solo,

come un boato: “Mi chiamo

Alan Kurdi!”. Un boato

che mandi in frantumi almeno

i vetri del Palazzo, un urlo

che sovrasti perfino le voci

di tutti i predicatori. Così

 

A uno a uno, e insieme, a ondate

Ritmando solo il suo nome\

“Mi chiamo Alan Kurdi”

Insieme, tutti, cantando

quasi fosse una cascata di acque

un fiume fresco di suoni e acque

a lavare ogni immondizia

e ristorarci di ogni avvilimento

e che doni a tutti la gioia

dei mattini che sorgono, la gioia

alla terra di essere terra

e di fiorire ancora.

[1] http://www.costituenteterra.it/attualita-di-don-milani/

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mercoledì 16 agosto 2023

 EUROPA TERRA METICCIA

 


Negli ultimi giorni si sono moltiplicati i naufragi e gli approdi dell’ormai immenso popolo dei migranti, vittima del nostro genocidio. In un naufragio a Lampedusa ci sono stati 41 morti, al largo di Marettimo 2 morti e due “dispersi”, cioè annegati, nei pressi della Tunisia, a Sidi Mansour, 18 morti, altri 12 al largo di Sfax e un naufragio anche nella Manica, con 6 vittime che i francesi hanno sepolto a Calais. Il cimitero del mare: ma un cimitero ancora più grande, ha detto papa Francesco tornando da Lisbona, è il Nordafrica, dove prima dei naufragi,  i profughi finiscono nei  lager. Ormai flottiglie intere attraversano il Mediterraneo, perfino la Guardia costiera, nonostante Salvini, è costretta a chiedere aiuto alle navi umanitarie altrimenti sequestrate o mandate dal governo in porti lontani.

Sempre più si avvicina una situazione per la quale saranno possibili solo due scelte: una, la più facile e perversa, mandare la flotta , secondo la prima idea di Giorgia Meloni, per difendere i confini marittimi sul “Mare nostrum” come diceva il fascismo ora tornato di moda; e la seconda, la più difficile ma virtuosa e aperta alle speranze del domani, è quella di far mancare il mare sotto i piedi ai trafficanti, e aprire i porti e i confini, e riconoscere il diritto universale di migrare (lo ius migrandi per la prima volta teorizzato da Francisco de Vitoria una volta “scoperta” l’America). La scelta politica di domani dovrà essere dunque di fare arrivare i profughi, i richiedenti asilo, i fuggiaschi per le guerre la fame ed il clima, o anche semplicemente i migranti in cerca di un nuovo mondo, con le navi di linea, gli aerei di ogni compagnia, i bus, le macchine e ogni altro vettore palese e legale.

Allora sì, che si dovrà organizzare l’accoglienza, e dovranno cambiare molte cose, nei nostri stessi modi di vita, nell’incontro con gli altri.  Ma, come diceva De Gaulle, che pure si può considerare un  cultore della nazione, “l’avvenire è nel meticciato”; come ricordava Senghor “tutte le grandi civiltà sono state civiltà di meticciato” e, come scriveva già nel 1999 il teologo francese Jacques Audinet nel suo libro “Le temps du métissage”  (in italiano Ed. Queriniana), “Guardare in faccia il meticciato promette all’Europa di intraprendere un immenso mutamento di mentalità: la fine della sua egemonia politica ma ancor più intellettuale e culturale. In positivo, dire la novità di quanto sta accadendo sul suo suolo, la trasformazione delle identità, delle relazioni. Insomma il proseguimento di ciò che l’Europa ha sempre fatto e di ciò che ha fatto l’Europa, ma che curiosamente gli ultimi secoli hanno occultato. L’Europa terra meticcia. Il tema comincia a imporsi. Terra di mescolanze, sicuramente. La Francia in particolare si è costituita attraverso un apporto costante e un’interpenetrazione di vari popoli. Ma allora, perché mascherarlo, o cercare di dimenticarlo?”

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martedì 25 luglio 2023


A VILNIUS LA NATO SI È PRESA IL MONDO


(Articolo pubblicato da “IL FATTO QUOTIDIANO” del 25 luglio 2023)

Achtung, achtung, achtung, lo dico in tedesco perché da bambino e c’era l’occupazione tedesca questa parola suonava come massimo allarme. Attenzione, ci stanno rubando il mondo. Credevamo di vivere in un mondo fatto di terre, culture, popoli  e valori diversi, uniti ma ciascuno al suo posto, distesi  come su una sfera, che il Papa chiama un poliedro; ed ecco che a Vilnius  trentatre signori e signore, tutti insieme intessuti in una bella foto di gruppo, si prendono il mondo, ma non tutto, lo riducono a una sola immagine, la loro, vi riconoscono solo i loro valori, lo riducono alla loro cultura, lo dotano di un’unica armata, lo chiamano “area euro-atlantica”, eppure va da mare a mare, dall’Atlantico all’Indo-Pacifico, all’ Australia, al Giappone, alla Nuova Zelanda, alla Corea del nord, e lo contrappongono ai nemici, agli scartati e ai senza nome, e dicono che questo è il mondo, il solo legittimato ad esistere e a vivere. E lo dicono in un documento di 33 pagine e 11.300 parole, nell’edizione inglese, che nessuno ha letto, nemmeno la Meloni, perché nessuno legge più tante parole e del resto nella giornata di Vilnius nemmeno ce ne sarebbe stato il tempo.

Tuttavia il documento che qualcuno ha recapitato al vertice NATO in Lituania non era una sorpresa, perché in realtà trasferiva e imputava ai 33 Stati membri dell’Alleanza e ai loro partner e complici, i dettati e le visioni dei due documenti, sulla strategia nazionale e la difesa nazionale degli Stati Uniti, pubblicati nell’ottobre scorso dalla Casa Bianca e dal Pentagono. Da Washington a Vilnius infatti tutto torna, tutto vale per l’America e per la sua “impareggiabile” Corte: gli stessi nemici, la Russia, la Cina, l’Iran, la Corea del Nord, il “terrorismo”, la stessa vittima che unifica tutti intorno all’altare del sacrificio, l’Ucraina, la stessa determinazione all’uso anche per primi dell’arma nucleare perché la deterrenza non basta più, la stessa idea che il vecchio concetto di difesa è superato, perché oggi con le armi della guerra non si decidono solo le guerre, ma le alternative di ogni tipo, la gestione delle crisi, le politiche industriali, l’economia, il clima,  i temi della “sicurezza umana”, perfino la questione dell’uguaglianza di genere e la partecipazione delle donne: tutto ha a che fare con la NATO, il nuovo sovrano, perché il suo approccio è “a 360 gradi” e i suoi tre compiti fondamentali, “deterrenza e difesa, prevenzione e gestione delle crisi e sicurezza cooperativa”, devono essere adempiuti con assoluta discrezionalità: “risponderemo a qualsiasi minaccia alla nostra sicurezza come e quando lo riterremo opportuno, nell'area di nostra scelta, utilizzando strumenti militari e non militari in modo proporzionato, coerente e integrato”; e, come pare, a decidere nell’emergenza (ma questo non è stato scritto) può essere anche il generale comandante della NATO senza interpellare “la struttura”; insomma c’è il nucleare libero all’esercizio.

Vilnius decreta quindi lo stato del mondo. Dopo la rimozione del muro di Berlino sembravano maturi i tempi per fare della intera comunità umana un soggetto costituente, una “Costituente terra” per instaurare un costituzionalismo mondiale; ed eccola ora questa Costituzione della Terra, ammannita per grazia, “octroyée”, direbbero i francesi, e questa Costituzione è la guerra, è il sistema di guerra, e la Terra ne è il poligono di tiro, prima che il campo di battaglia.

C’è però una difficoltà: questo non è l’assetto scontato del mondo, nonostante le filosofie che della guerra fanno uno stato di natura e della pace invece un artificio, e le opinioni pubbliche non sono affatto inclini a prendere la guerra come norma, come ambiente in cui vivere, e tanto meno la vogliono i viziati dal benessere, i “giovani da divano”, come li chiama papa Francesco. Dunque perché si persuadano alla guerra, bisogna che la guerra ci sia, fin sulla soglia di casa, se no non può farsi, politicamente ed emotivamente “ambiente di sicurezza”, sistema e struttura. Questo spiega perché la guerra d’Ucraina non deve finire mai, e il vertice di Vilnius ha perfettamente stabilito questo presupposto.

L’Ucraina è stata totalmente integrata nella NATO, ma bisogna far finta che non lo sia, per non costringere la Russia a usare l’arma nucleare; Putin accusa il colpo, deve stare al gioco, e si dice “pronto a trattare separatamente le garanzie di sicurezza dell’Ucraina, ma non nel contesto della sua adesione alla NATO”. E a Vilnius si assicura che questo non avverrà, che l’Ucraina entrerà nella NATO solo a guerra finita, ed è la ragione per cui essa, come Biden ha voluto fin dal principio, non deve avere fine; e Zelensky dopo la prima arrabbiatura che gli è valsa l’accusa di “ingratitudine” da parte del ministro della difesa inglese, è passato all’incasso ed ha lietamente manifestato il suo entusiasmo.

A scanso di equivoci, per rassicurare i suoi lettori ha spiegato tutto il Corriere della Sera, dando la parola al colonnello dello stato maggiore ucraino e analista militare Oleg Zhdanov: “negli ultimi 16 mesi noi ci siamo integrati nella macchina militare atlantica come mai avremmo neppure sognato prima del 24 febbraio 2022; pur non appartenendo ufficialmente alla NATO ormai il 90 per cento delle nostre procedure militari segue i parametri NATO. ma c’è di più, ormai la metà dei nostri armamenti sono NATO, i circa 40.000 uomini pronti a sfondare le linee russe sono vestiti, armati, trasportati, addestrati dalla NATO; perfino le loro armi personali sono state fornite dagli alleati”, e via enumerando: “i carri armati tedeschi Leopard 2, i gipponi Humvee americani o i corazzati Bradley e Strykes, decine di tipi diversi di blindati  trasporto truppe, i cannoni francesi a lunga gittata Caesar o quelli USA M777, i lanciarazzi americani Himars, gli obici semoventi  Krab polacchi”, tutto corredato da assistenza, pezzi di ricambio, personale specializzato, con una catena di interscambio e cooperazione  nel lungo periodo, anche se “è difficile dire quando l’Ucraina entrerà nella NATO, forse mai”. E a questo punto il Corriere passa la parola a Biden che dice che la Russia ha già perso, ed è spavaldamente certo che non userà l’atomica.

E questa è la vera novità: l’arma nucleare non è più un tabù, gli Stati Uniti e l’”Occidente allargato” ne sono così dotati, che nessun avversario o “competitore strategico” oserà mai ricorrervi, questo è il calcolo irresponsabilmente considerato a somma zero, che fonda lo stato di guerra permanente, il gendarme universale. C’è un rovesciamento: l’arma nucleare che durante tutto lo scontro tra i blocchi è stata la garanzia che la guerra non ci sarebbe stata, oggi è la garanzia che mette in sicurezza la guerra che c’è e quelle che ci saranno domani.  Per come è descritta in questi documenti “la postura nucleare” è la norma di chiusura della Costituzione della Terra, che permette tutte le guerre “convenzionali” ma anche “ibride” (comprese quelle cyber e spaziali). da fare direttamente o per procura in tutto il mondo, è questo il suo articolo 11, che ripudia la pace.

. Tutto questo vuol dire che la nuova Alleanza atlantica non ha più niente a che fare con quel Trattato di Washington istitutivo della NATO che De Gasperi tenacemente volle per l’Italia e a cui Dossetti si oppose. Ciò vuol dire che questa Alleanza e questa guerra italiana contro “il resto del mondo” non ha copertura né politica né parlamentare, e dunque va discussa nelle piazze e portata alla ratifica del Parlamento. Vogliono il governo e il Parlamento che l’Italia sia nemica della Russia e pronta a combattere contro la Cina? Vogliono il governo e il Parlamento impegnarsi a destinare alle armi non solo il 2 per cento, ma più del 2 per cento del PIL? Vogliono che nella spesa per la difesa il 20 per cento sia riservato alla ricerca e sviluppo? Vogliono dipendere da un semplice generale, nemmeno dal presidente degli Stati Uniti, per essere gettati in una guerra nucleare? Vogliono che a pochi metri da noi, nel cuore dell’Europa, sia istituita una guerra che non deve finire mai? Dovrebbero deciderlo proprio in nome della sovranità. Ma del popolo.


  

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giovedì 20 luglio 2023

 IL SOVRANO UNIVERSALE

Dal vertice di Roma del novembre 1991 quando la NATO decise di volgersi ad opere di pace a quello di Washington dell’aprile 1999 in piena guerra jugoslava, e  a quelli  successivi, ogni riunione apicale della NATO ha segnato un cambiamento di fase. . Ma il vertice di Vilnius dell’11 luglio ha segnato un cambiamento d’epoca. E che questo non sia solo programmato, ma già stabilito , e consista nell’istituzione di un sovrano universale,   lo veniamo a sapere dal comunicato stampa diramato a conclusione del vertice. I comunicati stampa danno notizia non di cose che verranno ma di cose già avvenute, e di queste, a Vilnius, ben oltre la pura e semplice informazione sull’evento, ne sono state registrate molte: si tratta infatti di un “comunicato” che in inglese consta di 33 pagine e 13.289 parole. Nessuno lo conosce perché, al di là delle decisioni sull’Ucraina,  non è stato pubblicato sui giornali, perciò ve lo riferiamo  qui.

Il comunicato sostanzialmente è,  con i dovuti adattamenti,  la ricezione e la condivisione da parte di tutti gli Stati membri della NATO (ci siamo anche noi) delle due dichiarazioni di intenti americane sul mondo prossimo venturo, emanate dalla Casa Bianca e dal Pentagono nell’ottobre scorso, la “Strategia della sicurezza nazionale” e la “Strategia della difesa nazionale” degli Stati Uniti.  E il cambiamento d’epoca consiste in questo, che si chiude il lungo periodo storico in cui la guerra, secondo il detto di Eraclito (VI sec. a. C.), è stata sovrana del mondo, “re e padre di tutte le cose”, e se ne apre  un altro in cui la guerra istituisce come suo vicario un sovrano universale che mediante la guerra governa il mondo come se il uo fosse fosse l’unico mondo, conformato a un sistema di guerra e fatto a sua immagine. Questo sovrano, ed è questa la novità di Vilnius, non sono gli Stati Uniti, come una facile polemica sosteneva fin qui,  ma è, con gli Stati Uniti, “l’impareggiabile rete di alleanze e partner dell’America”, come viene chiamata, altrimenti detta “area euro-atlantica” o “Occidente allargato”. Questa area è formata anzitutto dai 33 Stati membri dell’Alleanza riunitisi a Vilnius, che con la Finlandia e ben presto la Svezia si attestano ormai molti “centimetri quadrati” più a Est dei territori originari, e non si arresta ai confini della Russia,  ma abbraccia la Georgia, la Repubblica di Moldova, la Bosnia Erzegovina, Israele e  si proietta nell’altro emisfero, attraendo nella  sua orbita l’altro mare, l’Indo-Pacifico, fino all’Australia, alla Nuova Zelanda, al Giappone, alla Corea del Sud,  i cui capi erano pure convocati e presenti a Vilnius e altri che verranno in futuro..

Gli Stati che formano il corpo di questo sovrano non hanno in comune né lingua, né costumi, né religioni , né ordinamenti;  la sola cosa che  li unisce è il vincolo  militare, e il sistema di cui si fanno eredi  e che rendono perpetuo è  un sistema di dominio e di guerra. Tale sistema, che deve sussistere anche in “tempo di pace”, ha bisogno comunque che una guerra ci sia, che la guerra se ne faccia “costituente”. Il vertice di Vilnius riconosce questa funzione alla guerra d’Ucraina, per la quale viene attivato un meccanismo tale per cui essa non deve finire mai, e comunque non col negoziato, secondo il dettato di Kiev; ed il meccanismo è questo: l’Ucraina è pienamente integrata nella NATO, già è realizzata  l’”interoperabilità” tra le sue Forze Armate e quelle della NATO, e questa la riempie di armi, fino alle bombe a grappolo e ai missili a lunga gittata o ad uranio impoverito, però essa non deve essere oggi nella NATO, perché questo vorrebbe dire la guerra tra l’America e almeno gli Stati europei dell’Alleanza  contro  la Russia, cosa che nessuno vuol fare, per non costringere Putin a usare l’atomica; si assicura però che l’ingresso anche formale dell’Ucraina nell’Alleanza avverrà appena la guerra sia finita e la democrazia del Paese comprovata, ed è per questo che la guerra non deve finire. È una finzione, di  quelle così  care al potere e alla ragion di Stato, ma anche la Russia deve stare al gioco.

La guerra d’Ucraina ha dunque una feroce veste militare e una funzione politica, serve ai fini di una persuasione di massa di un’opinione pubblica renitente, perciò ha una così straordinaria copertura mediatica, come l’hanno avuta solo la prima guerra del Golfo e quella del Vietnam,  e in casa nostra la lunga agonia di Moro, per convincere tutti che la guerra si deve fare, col nemico non si tratta, che c’è sempre una  vittima ma è per il bene di tutti, e questa è la cosa buona e giusta da fare; e la sovranità così innalzata sul trono è piena di valori, dei “nostri valori”, in continuità con la dismessa, vecchia “cristianità”.

Secondo il “comunicato stampa”  tutto ciò è già storia in atto, non una nuova storia da imporre. Ma è così? Il nostro governo lo sa? Il Parlamento lo ha deliberato? Il Presidente della Repubblica lo ha promulgato? In realtà quanto a legittimazione democratica siamo ancora solo alla firma e alla ratifica parlamentare del Patto atlantico del 1949.

Non è vero che di tutto ciò ci sia solo da prendere atto. C’è un altro rovesciamento da fare, dobbiamo deporre ogni preteso sovrano universale dal trono e fare sovrana la pace. È lei la madre e “il” re di tutte le cose. È lei che deve farsi soggetto costituente, che deve essere fatta sistema. Alla politica, interna e internazionale, il compito di provvedervi. 

IL SOVRANO UNIVERSALE

Dal vertice di Roma del novembre 1991 quando la NATO decise di volgersi ad opere di pace a quello di Washington dell’aprile 1999 in piena guerra jugoslava, e  a quelli  successivi, ogni riunione apicale della NATO ha segnato un cambiamento di fase. . Ma il vertice di Vilnius dell’11 luglio ha segnato un cambiamento d’epoca. E che questo non sia solo programmato, ma già stabilito , e consista nell’istituzione di un sovrano universale,   lo veniamo a sapere dal comunicato stampa diramato a conclusione del vertice. I comunicati stampa danno notizia non di cose che verranno ma di cose già avvenute, e di queste, a Vilnius, ben oltre la pura e semplice informazione sull’evento, ne sono state registrate molte: si tratta infatti di un “comunicato” che in inglese consta di 33 pagine e 13.289 parole. Nessuno lo conosce perché, al di là delle decisioni sull’Ucraina,  non è stato pubblicato sui giornali, perciò ve lo riferiamo  qui.

Il comunicato sostanzialmente è,  con i dovuti adattamenti,  la ricezione e la condivisione da parte di tutti gli Stati membri della NATO (ci siamo anche noi) delle due dichiarazioni di intenti americane sul mondo prossimo venturo, emanate dalla Casa Bianca e dal Pentagono nell’ottobre scorso, la “Strategia della sicurezza nazionale” e la “Strategia della difesa nazionale” degli Stati Uniti.  E il cambiamento d’epoca consiste in questo, che si chiude il lungo periodo storico in cui la guerra, secondo il detto di Eraclito (VI sec. a. C.), è stata sovrana del mondo, “re e padre di tutte le cose”, e se ne apre  un altro in cui la guerra istituisce come suo vicario un sovrano universale che mediante la guerra governa il mondo come se il uo fosse fosse l’unico mondo, conformato a un sistema di guerra e fatto a sua immagine. Questo sovrano, ed è questa la novità di Vilnius, non sono gli Stati Uniti, come una facile polemica sosteneva fin qui,  ma è, con gli Stati Uniti, “l’impareggiabile rete di alleanze e partner dell’America”, come viene chiamata, altrimenti detta “area euro-atlantica” o “Occidente allargato”. Questa area è formata anzitutto dai 33 Stati membri dell’Alleanza riunitisi a Vilnius, che con la Finlandia e ben presto la Svezia si attestano ormai molti “centimetri quadrati” più a Est dei territori originari, e non si arresta ai confini della Russia,  ma abbraccia la Georgia, la Repubblica di Moldova, la Bosnia Erzegovina, Israele e  si proietta nell’altro emisfero, attraendo nella  sua orbita l’altro mare, l’Indo-Pacifico, fino all’Australia, alla Nuova Zelanda, al Giappone, alla Corea del Sud,  i cui capi erano pure convocati e presenti a Vilnius e altri che verranno in futuro..

Gli Stati che formano il corpo di questo sovrano non hanno in comune né lingua, né costumi, né religioni , né ordinamenti;  la sola cosa che  li unisce è il vincolo  militare, e il sistema di cui si fanno eredi  e che rendono perpetuo è  un sistema di dominio e di guerra. Tale sistema, che deve sussistere anche in “tempo di pace”, ha bisogno comunque che una guerra ci sia, che la guerra se ne faccia “costituente”. Il vertice di Vilnius riconosce questa funzione alla guerra d’Ucraina, per la quale viene attivato un meccanismo tale per cui essa non deve finire mai, e comunque non col negoziato, secondo il dettato di Kiev; ed il meccanismo è questo: l’Ucraina è pienamente integrata nella NATO, già è realizzata  l’”interoperabilità” tra le sue Forze Armate e quelle della NATO, e questa la riempie di armi, fino alle bombe a grappolo e ai missili a lunga gittata o ad uranio impoverito, però essa non deve essere oggi nella NATO, perché questo vorrebbe dire la guerra tra l’America e almeno gli Stati europei dell’Alleanza  contro  la Russia, cosa che nessuno vuol fare, per non costringere Putin a usare l’atomica; si assicura però che l’ingresso anche formale dell’Ucraina nell’Alleanza avverrà appena la guerra sia finita e la democrazia del Paese comprovata, ed è per questo che la guerra non deve finire. È una finzione, di  quelle così  care al potere e alla ragion di Stato, ma anche la Russia deve stare al gioco.

La guerra d’Ucraina ha dunque una feroce veste militare e una funzione politica, serve ai fini di una persuasione di massa di un’opinione pubblica renitente, perciò ha una così straordinaria copertura mediatica, come l’hanno avuta solo la prima guerra del Golfo e quella del Vietnam,  e in casa nostra la lunga agonia di Moro, per convincere tutti che la guerra si deve fare, col nemico non si tratta, che c’è sempre una  vittima ma è per il bene di tutti, e questa è la cosa buona e giusta da fare; e la sovranità così innalzata sul trono è piena di valori, dei “nostri valori”, in continuità con la dismessa, vecchia “cristianità”.

Secondo il “comunicato stampa”  tutto ciò è già storia in atto, non una nuova storia da imporre. Ma è così? Il nostro governo lo sa? Il Parlamento lo ha deliberato? Il Presidente della Repubblica lo ha promulgato? In realtà quanto a legittimazione democratica siamo ancora solo alla firma e alla ratifica parlamentare del Patto atlantico del 1949.

Non è vero che di tutto ciò ci sia solo da prendere atto. C’è un altro rovesciamento da fare, dobbiamo deporre ogni preteso sovrano universale dal trono e fare sovrana la pace. È lei la madre e “il” re di tutte le cose. È lei che deve farsi soggetto costituente, che deve essere fatta sistema. Alla politica, interna e internazionale, il compito di provvedervi.

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