martedì 29 settembre 2015

I POVERI PARLANO ALL’ONU

di Raniero La Valle 

Terra, casa, lavoro, il “minimo assoluto” che deve essere assicurato a tutti: questa è l’esigenza fondamentale che il papa è andato a piantare il 25 settembre scorso nel cuore dell’assemblea delle Nazioni Unite. Che il mondo, che le Nazioni si misurino su questo, che a ciò si rivolgano diritto, politica ed economia, ha invocato papa Francesco.
Ma questa richiesta non è venuta prima di tutto da lui. Era stata già prima formulata dai poveri che avevano scelto terra casa e lavoro come parole d’ordine per l’incontro mondiale dei movimenti popolari che si era tenuto in Vaticano nell’ottobre 2014 nell’aula del Vecchio Sinodo. Papa Francesco li aveva invitati per mostrare alla Chiesa e ai popoli “un grande segno”, e cioè che “i poveri non solo subiscono l’ingiustizia, ma lottano contro di essa”, e per incoraggiarli a continuare questa lotta: “Avete i piedi nel fango e le mani nella carne. Odorate di quartiere, di popolo, di lotta! Vogliamo che si ascolti la vostra voce che in generale si ascolta poco. Forse perché disturba, forse perché il vostro grido infastidisce, forse perché si ha paura del cambiamento che voi esigete”.  E offrendo la sua voce come eco alla loro, Francesco aveva fatto sue quelle parole d’ordine, ciò che non voleva dire che “il papa è comunista”, perché “l’amore per i poveri è al centro del Vangelo”
Terra casa e lavoro diventavano così parole del papa perché, diceva, “quello per cui lottate sono diritti sacri”.

Il grido degli esclusi

Ma, come accade per quelle dei poveri, neanche le parole del papa furono allora ascoltate: meglio ignorarle che dover discutere se il papa fosse comunista. E allora Francesco ci tornò in un secondo incontro con i movimenti popolari, questa volta a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, il 9 luglio scorso, e disse loro: “La Bibbia ci ricorda che Dio ascolta il grido del suo popolo e anch’io desidero unire la mia voce alla vostra: le famose “tre t”: terra, casa, lavoro (in spagnolo: tierra, techo, trabajo) per tutti i nostri fratelli e sorelle. L’ho detto e lo ripeto: sono diritti sacri. Vale la pena, vale la pena di lottare per essi. Che il grido degli esclusi si oda in America Latina, e in tutta la terra”. E aggiunse che c’era poco tempo, perché “sembra che il tempo stia per finire” quando non solo ci combattiamo tra noi, ma siamo giunti ad accanirci contro la nostra casa.
Continua...