di Raniero La Valle
La Chiesa non è contenta prima di tutto di venire a sapere ciò che neanche si immaginava, e cioè che tra il clero in cura d’anime (e delle anime infantili in particolare) fosse così diffusa una pratica che ripugna alla coscienza comune. Sarà pure vero che la percentuale di pedofili nel clero non è superiore alla percentuale di pedofili di ogni altra categoria maschile, però consolarsi così sarebbe come dire un giorno che la percentuale di suore che abortiscono non è superiore a quella di tutte le altre donne che lo fanno. C’è una virtù del clero che, benché i sacramenti funzionino “ex opere operato”, ci si aspetterebbe di vedere onorata non con eccezioni percentuali così elevate.
La Chiesa non è contenta di non averlo saputo prima, perché se lo avesse saputo prima se ne sarebbe angosciata, come a un certo punto ha fatto il Papa, e forse più che ai rimedi, che competono all’Autorità, si sarebbe messa a pensare perché questa cosa accade; e si sarebbe chiesta, fuori dalle polemiche infuocate che oggi rendono questa riflessione impossibile, quali relazioni possano esserci tra la pedofilia, sia pure di un limitato numero di preti, e strutture e ideologie profonde della vita ecclesiale. Può darsi che sarebbe giunta a concludere che il celibato ecclesiastico non c’entra niente, e che non per questo bisogna abolire la soave istituzione dei chierichetti. Però forse un pensiero sulla relazione tra questa patologia e il modo in cui è considerata la donna sessuata nella Chiesa e nella morale si sarebbe potuto fare; e ci si poteva chiedere se, anche dopo il riconoscimento da parte del Concilio del valore unitivo dell’amore, è giusto affliggere i coniugi cristiani (gli altri nemmeno lo sospettano) con l’idea che ogni rapporto sessuale che non finisce in un figlio deve finire in confessionale; cioè il sesso più frequentemente porta del peccato che della vita. Problemi che riguardano anche i celibatari, che sono appunto celibi, e non “eunuchi” per il regno di Dio. In altri tempi nella diocesi messicana di mons. Sergio Mendez Arceo un priore, Gregorio Lemercier, aveva introdotto la psicanalisi in convento per curare i suoi monaci, molti dei quali infatti guarirono – non dal monacato ma dalle loro turbe psichiche – segno che un problema c’era. Però successe un putiferio, e la psicanalisi e padre Lemercier furono ben presto messi alla porta di quel monastero di Cuernavaca.
La Chiesa non è contenta di essere sempre più conosciuta solo come quella che non vuole gli aborti, che difende cellule ed embrioni, congelati o no, e che a tutti i costi vuole intubare i morenti perché il cibo duri in loro più dello spirito e della vita. Alla Chiesa non piace che per questa crociata si arruolino stuoli di legionari, detti “per la vita”, come se gli altri cristiani non lo fossero. E non è contenta di essere ora, proprio in virtù di questo intransigentismo biologico, più severamente giudicata riguardo al modo in cui difende i bambini già nati.
Alla Chiesa dispiace di non essere percepita come quella del buon annuncio, con tante cose belle che avrebbe da dire, e di essere invece causa di amarezza, di divisione e di sconfitte esistenziali e politiche, anche per quelli che non hanno niente a che fare con lei.
Alla Chiesa non piace, nel momento in cui dovrebbe chiedere perdono e consolare e risanare le persone offese e violate, di fare la parte della vittima. Non c’è alcun complotto contro la Chiesa. Lo straordinario coraggio che ha avuto il Papa con la sua lettera ai cattolici irlandesi, non poteva che scoperchiare questo vaso di Pandora. E’ bene che gli scandali vengano, se sotto resta la speranza. Non c’è persecuzione contro il Papa, perché allora sarebbe stata persecuzione anche quella dei vescovi che protestarono “con una veemenza da molto tempo non sperimentata”, come scrisse il Papa stesso, contro la riammissione dei vescovi lefebvriani. Pio X, Pio XII, Paolo VI non furono perseguitati, benché sia stato e sia lecito discutere della reazione al modernismo, alla Shoà, o della “Humane vitae”. Nessuno dice che non si debba difendere Pio XII, che avrà pure parlato e operato in favore degli ebrei, ma che in ogni caso non ha fatto sentire fino agli estremi confini della terra il grido della Chiesa quando, prima della forca, Dietrich Bonhoeffer diceva che “chi non grida per gli ebrei non può cantare il gregoriano”.
La Chiesa, adesso, dinanzi alla caduta di tanti suoi preti che tuttavia bisogna amare e non trasformare in capri espiatori, dinanzi alla sofferenza di tante vittime che sono state colpite proprio nei luoghi più sacri, dinanzi a una società civile che chiede che si renda conto di quanto è accaduto, vorrebbe non difese oltranziste ma vorrebbe, in umiltà e ravvedimento, poter cantare il gregoriano.
Raniero La Valle
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