È una giornata di grazia quella
in cui il governo italiano, nascendo da un nuovo giuramento, cessa di essere
l’istituzione che sbandierava “politiche crudeli” che stavano “avvelenando e incattivendo
la società, seminando la paura e l’odio per i diversi, logorando i legami
sociali e fascistizzando il senso comune”, come diceva Ferrajoli il 6 aprile scorso
a Roma; è una giornata felice quella in cui il governo cessa di essere
l’officina in cui si cambiava “l’idea di giustizia avvicinandola sempre più
all’idea di vendetta” e si elaborava “una nuova politica penale autoritaria che
enfatizza le esigenze di ordine e sicurezza e torna ad investire sulla
repressione massima come strumento di governo della società e di esclusione di
soggetti marginali all’insegna di un’antropologia razzista della
diseguaglianza”, come diceva nella stessa occasione Mariarosaria Guglielmi.
Trova risposta così il grido a cui aveva prestato ascolto la
recente assemblea di “Chiesa
di tutti Chiesa dei poveri” – il grido dei popoli, dei
migranti, dei naufraghi, degli esclusi – ciò che dimostra come quell’assemblea del
6 aprile non sia stata né visionaria né vana.
Nel passaggio di fase intercorso
durante il mese della crisi di governo, si è verificato un paradosso. Dicono
che, per quanto criticabile, la forza politica ed elettorale di Salvini non sia
fascismo. Di per sé infatti il sovranismo è il nuovo nome del nazionalismo, non
del fascismo. Però la risposta che gli è stata data con la formazione del nuovo
governo, invece che con la corsa temeraria alle urne, è stata un miracolo
dell’antifascismo. Certo a questo miracolo
è stato dato un innesco fortemente emotivo e una motivazione esauriente
quando qualcuno che non sa quello che dice ha chiesto “i pieni poteri”; ma
resta il fatto
che l’antifascismo si conferma in Italia come il DNA della Repubblica, e della
Costituzione che la
garantisce. Risuonano qui le parole profetiche pronunciate da
Aldo Moro
all’Assemblea costituente, quando rispondendo al monarchico on. Lucifero che
voleva fare una Costituzione “afascista”, disse: “Non possiamo fare una
Costituzione afascista, cioè non possiamo prescindere da quello che è stato nel
nostro Paese un movimento storico di importanza grandissima il quale nella sua
negatività ha travolto per anni la coscienza e le istituzioni. Non possiamo
dimenticare quello che è stato perché questa Costituzione oggi emerge da quella
Resistenza, da quella lotta, da quella negazione, per le quali ci siamo trovati
insieme sul fronte della resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci
troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della
dignità umana e della vita sociale… Non avremmo ancora detto nulla se ci
limitassimo ad affermare che l’Italia è una repubblica, o una repubblica democratica”.
Non c’è che l’antifascismo – non
un’altra politica, ma un’altra idea dell’umano – che può fare il miracolo di unire
forze tanto diverse - che si tratti di lottare o di governare insieme - trasformando
il loro “essere contro” in un “essere
per”: perché non basta mettersi
contro per salvarsi, occorre mettersi insieme per farne scaturire un maggior
bene per tutti.
Che cosa c’era di più diverso
sulle montagne emiliane che il
cristiano Dossetti, capo del Comitato di Liberazione Nazionale
di Reggio Emilia, e i partigiani comunisti che operavano sotto la sua guida? Eppure
noi siamo oggi qui anche per loro. Si potrebbero fare moltissimi altri esempi,
ma ora ne facciamo solo due, che sono i più importanti e normativi per la
storia presente e per i compiti oggi da assumere.
Il primo è quello già detto dell’unità
realizzatasi in Italia per resistere al fascismo e fondare la Repubblica; il
secondo è quello dell’unità delle Nazioni che a San Francisco, dopo Auschwitz,
Dresda e Hiroshima, chiusero l’età delle sovranità signore della guerra, l’età dei
genocidi, delle culture della diseguaglianza tra gli esseri umani, del lavoro
alienato e schiavo, e prefigurarono un nuovo ordine politico mondiale; due
esempi che rinviano alle due grandi rivoluzioni del dopoguerra che si tratta
ora di riprendere e far avanzare: il costituzionalismo interno e il
costituzionalismo internazionale, e questo ormai necessariamente mondiale e
globale. Sono queste le due grandi opere che con quegli stessi moventi sono oggi
da compiere.
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