mercoledì 30 marzo 2022

NOI ABBIAMO PAURA

Abbiamo avuto in questi giorni molti inviti a non avere paura. Ci ha detto Biden dal castello di Varsavia di non avere paura di Putin, come papa Wojtyla ci aveva detto di non avere paura di Cristo; ha poi risposto, interrogato dai giornalisti alla Casa Bianca, di “non ritrattare nulla” di quanto aveva affermato in quel discorso, che il macellaio cioè deve essere allontanato dal potere, il che vuol dire non temere di spargere sangue occulto a Mosca. Ci ha detto Zelensky di non giocare a ping pong ritardando il dono delle armi, ma di avere anche solo l’1 per cento del coraggio dei suoi soldati che reggono a missili, bombe e stragi di bambini; ci ha ripetuto il ministro della cultura ucraino dai nostri teleschermi (del servizio non pubblico) di non avere paura di Putin, congedandosi da noi col gesto della mano atteggiato al “V” della vittoria, che ben conosciamo perché anche a noi fu detto “Vincere! E vinceremo”, come infatti accadde con armate straniere che si combatterono sul nostro suolo e dal cielo distrussero le nostre città; poi, sempre in TV, zittiti i dissenzienti, donne invitte dallo sguardo acuminato, in controtendenza rispetto al luogo comune che le donne sono fatte per la pace, ci hanno detto, mentre si aprivano i negoziati a Istanbul, che non c’è da temere perché Putin ha già perso, la Russia è prossima alla resa e anzi sta per implodere; né temono i nostri dirigenti una crisi di governo pur di mandare armi e profondere spese militari per le guerre d’Europa; siamo pieni dunque di incoraggiamenti a non temere la guerra, a portarla a buon fine, a inneggiare a chi la combatte fino al suo radioso esito, come una volta accadeva per tutte le guerre, che è la vittoria.
Invece noi abbiamo paura. Abbiamo paura che della Terra, ormai incuranti del carbone e del clima, si faccia un inferno, ma non l’inferno di aggiornate e demitizzanti teologie, ma proprio l’inferno come è descritto da Dante, una selva selvaggia percorsa da fiumi di sangue, cosparsa di distese di tombe, dove la fame è irrogata e vendicata mangiando l’uno la carne dell’altro (canti I, IX, XII, XXXIII); abbiamo paura che le città più belle del mondo, anche se per prudenza non invase, siano distrutte e uccisi gli abitanti ma soprattutto i bambini, per i quali è politicamente corretto inorridire di più; abbiamo paura di un mondo dove a essere cancellato o ridotto alla condizione di paria sia un mezzo continente come la Russia; abbiamo paura che le ultime notizie, magari come allora nascoste nelle “brevi” e poi a lungo secretate, ci informino di un’azione altamente meritoria e densa di valori imperituri come quelle compiute a Hiroshima e Nagasaki; abbiamo paura di perdere non la vita, ma ciò per cui abbiamo combattuto per tutta la vita: per la pace, la libertà, l’onore, la difesa dei popoli martoriati ed oppressi dalle colonie, dagli Imperi, dalla Trilaterale, dagli Esodi, dalle guerre bipartisan, dalla fame, dalla “giustizia infinita” inalberata per gratificare il mondo intero della democrazia, dei respingimenti, dei porti chiusi e delle estradizioni; così come abbiamo combattuto contro le operazioni alla “Desert Storm” per annientare Stati canaglia e terrorismi, o contro i missili stranieri da Comiso puntati contro l’Ungheria.

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