APPELLO PER "I SICILIANI"
Dopo l'assassinio mafioso di Giuseppe Fava, il 5 gennaio 1984, iredattori de I Siciliani scelsero di non sbandarsi, di tenere apertoil giornale e di portare avanti per molti anni la cooperativagiornalistica fondata dal loro direttore, affrontando un tempo disacrifici durissimi in nome della lotta alla mafia e della liberainformazione. Anni di rischi personali, di stipendi (mai) pagati, diconcreta solitudine istituzionale (non una pagina di pubblicità percinque anni!).Oggi, a un quarto di secolo dalla morte di Fava, alcuni di loro(Graziella Proto, Elena Brancati, Claudio Fava, Rosario Lanza e LilloVenezia, membri allora del CdA della cooperativa) rischiano di perderele loro case per il puntiglio di una sentenza di fallimento che sipresenta - venticinque anni dopo - a reclamare il dovuto sui poveridebiti della cooperativa. Il precetto di pignoramento è stato giànotificato, senza curarsi d'attendere nemmeno la sentenza d'appello.Per paradosso, il creditore principale, l'Ircac, è un ente regionaledisciolto da anni.
E' chiaro che non si tratta di vicende personali: la redazione de ISiciliani in quegli anni rappresentò molto di più che se stessa, in uncontesto estremamente difficile e rischioso. Da soli, quei giovanigiornalisti diedero voce udibile e forte alla Sicilia onesta, alledecine di migliaia di siciliani che non si rassegnavano a conviverecon la mafia. Il loro torto fu quello di non dar spazio al dolore perla morte del direttore, di non chiudere il giornale, di non accettarefacili e comodi ripieghi professionali ma di andare avanti. Queltorto di coerenza, per il tribunale fallimentare vale oggi quasicentomila euro, tra interessi, more e spese. Centomila euro che lagiustizia catanese, con imbarazzante ostinazione, pretende adesso diincassare per mano degli ufficiali giudiziari.
Ci saranno momenti e luoghi per approfondire questa vicenda, perscrutarne ragioni e meccanismi che a noi sfuggono. Adesso c'è dasalvare le nostre case: già pignorate. Una di queste, per la cronaca,è quella in cui nacque Giuseppe Fava e che adesso, ereditata daifigli, è già finita sotto i sigilli. Un modo per affiancare al prezzodella morte anche quello della beffa.
La Fondazione Giuseppe Fava ha aperto un conto corrente (che trovatein basso) e una sottoscrizione: vi chiediamo di darci il vostrocontribuito e di far girare questa richiesta. Altrimenti sarà un'altramalinconica vittoria della mafia su chi i mafiosi e i loro amici hacontinuato a combatterli per un quarto di secolo.
Elena Brancati, Claudio Fava, Rosario Lanza, Graziella Proto, Lillo Venezia
I bonifici vanno fatti sul cc della "Fondazione Giuseppe Fava"Credito Siciliano, ag. di Cannizzaro, 95021 Acicastello (CT)iban: IT22A0301926122000000557524causale di ogni bonifico: per "I siciliani".
Dopo l'assassinio mafioso di Giuseppe Fava, il 5 gennaio 1984, iredattori de I Siciliani scelsero di non sbandarsi, di tenere apertoil giornale e di portare avanti per molti anni la cooperativagiornalistica fondata dal loro direttore, affrontando un tempo disacrifici durissimi in nome della lotta alla mafia e della liberainformazione. Anni di rischi personali, di stipendi (mai) pagati, diconcreta solitudine istituzionale (non una pagina di pubblicità percinque anni!).Oggi, a un quarto di secolo dalla morte di Fava, alcuni di loro(Graziella Proto, Elena Brancati, Claudio Fava, Rosario Lanza e LilloVenezia, membri allora del CdA della cooperativa) rischiano di perderele loro case per il puntiglio di una sentenza di fallimento che sipresenta - venticinque anni dopo - a reclamare il dovuto sui poveridebiti della cooperativa. Il precetto di pignoramento è stato giànotificato, senza curarsi d'attendere nemmeno la sentenza d'appello.Per paradosso, il creditore principale, l'Ircac, è un ente regionaledisciolto da anni.
E' chiaro che non si tratta di vicende personali: la redazione de ISiciliani in quegli anni rappresentò molto di più che se stessa, in uncontesto estremamente difficile e rischioso. Da soli, quei giovanigiornalisti diedero voce udibile e forte alla Sicilia onesta, alledecine di migliaia di siciliani che non si rassegnavano a conviverecon la mafia. Il loro torto fu quello di non dar spazio al dolore perla morte del direttore, di non chiudere il giornale, di non accettarefacili e comodi ripieghi professionali ma di andare avanti. Queltorto di coerenza, per il tribunale fallimentare vale oggi quasicentomila euro, tra interessi, more e spese. Centomila euro che lagiustizia catanese, con imbarazzante ostinazione, pretende adesso diincassare per mano degli ufficiali giudiziari.
Ci saranno momenti e luoghi per approfondire questa vicenda, perscrutarne ragioni e meccanismi che a noi sfuggono. Adesso c'è dasalvare le nostre case: già pignorate. Una di queste, per la cronaca,è quella in cui nacque Giuseppe Fava e che adesso, ereditata daifigli, è già finita sotto i sigilli. Un modo per affiancare al prezzodella morte anche quello della beffa.
La Fondazione Giuseppe Fava ha aperto un conto corrente (che trovatein basso) e una sottoscrizione: vi chiediamo di darci il vostrocontribuito e di far girare questa richiesta. Altrimenti sarà un'altramalinconica vittoria della mafia su chi i mafiosi e i loro amici hacontinuato a combatterli per un quarto di secolo.
Elena Brancati, Claudio Fava, Rosario Lanza, Graziella Proto, Lillo Venezia
I bonifici vanno fatti sul cc della "Fondazione Giuseppe Fava"Credito Siciliano, ag. di Cannizzaro, 95021 Acicastello (CT)iban: IT22A0301926122000000557524causale di ogni bonifico: per "I siciliani".
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