Mentre la crisi provocata dal
Virus Nemico raggiunge il suo acme, una novità straordinaria attraversa il
pontificato di papa Francesco e ancora di più lo consegna al futuro: una
rilettura della Bibbia offerta alla Chiesa (e non solo) dalla Pontificia
Commissione Biblica sotto il titolo misterioso e cruciale: "Che cosa è
l'uomo?". Si tratta di un documento appena pubblicato, che si concreta in
un percorso e non in una sistemazione dogmatica, che scopre la realtà dell'uomo
nel suo "divenire" e non nella fissità di un’istantanea, che si
presenta come un'inchiesta di antropologia biblica ma in realtà è una rilettura
teologica, un “Chi è” di Dio, anche in forza di una nuova percezione della
somiglianza dell'uomo, suo figlio, con Lui.
È un documento che lo stesso
Sandro Magister (ciò che è una festa per noi) promuove come "il più bel
documento di questo pontificato", essendo stato sollecitato da papa
Francesco e posto a tema di tutte le sessioni plenarie dell'Istituto biblico
fin dall’inizio di questo pontificato.
Ne risulta una visione affascinante
dell'antropologia cristiana, e dell'antropologia tout-court, che cattive letture della Bibbia, spesso indirette,
mediate dalle culture mondane o appiattite sui miti, hanno offuscato e
traviato, fino alla catastrofe della pretesa legittimazione biblica dell’inferiorità
della donna, ricavata dall'uomo, scioccamente sedotta dal tentatore e
portatrice del peccato nel mondo: mitica origine di quella cultura patriarcale
che, giunta fino a noi, sta portando all'apostasia delle donne dalla Chiesa.
Per singolare coincidenza in
questi giorni è uscito da Gabrielli un libro intitolato "Non sono la
costola di nessuno" in cui non solo femministe e teologhe, ma anche altre
donne e uomini confutano le nefaste interpretazioni e conseguenze che si sono
tratte dal racconto della Genesi sulla creazione e il peccato di Eva; ed è
proprio questo testo fondatore che il documento della Commissione Biblica fa
oggetto della sua indagine per rintracciarne poi innumerevoli rivoli e sviluppi
in tutte le pagine della Scrittura; e ciò perché il mistero dell'uomo ha la sua
radice e il suo adempimento finale nell'evento dell'origine, evocato dai primi
capitoli della Genesi. E proprio qui ci sono le sorprese. Anzitutto viene
revocata la supposta antitesi tra immagine e somiglianza presente in molte teologie
per le quali ogni uomo sarebbe a immagine di Dio, ma quanto ad assomigliargli è
tutt'altra cosa. Ebbene la vera traduzione di quell'espressione capitale che si
trova nelle prime pagine della Bibbia non è "Dio creò l'uomo a sua
immagine e somiglianza", ciò che potrebbe portare a una giustapposizione, ma, letteralmente, "lo creò a immagine
secondo la sua somiglianza”; e infatti in altri passi della Genesi una volta si
usa "immagine" un'altra si usa "somiglianza”, come termini
equivalenti, che fanno dell'essere umano la “figura” di Dio, il suo
interlocutore speculare. Secondo una traduzione dinamica suggerita dal
documento si potrebbe dire che fu fatto l’uomo "a immagine somigliante” di
Lui.
E poi c'è la questione della
costola del maschio, da cui sarebbe stata tratta la donna. In realtà non c'è il
maschio e non c'è la costola.
Il termine ebraico sēla, tradotto in greco e
poi in latino come “costola”, in tutta la Scrittura non designa mai una
specifica parte del corpo ma semplicemente un lato o un fianco di qualche
oggetto, come si dice ad esempio "la costola di un libro", e dunque
suggerisce piuttosto che uomo e donna, nella loro natura costitutiva sono fianco
a fianco, l'uno al lato dell'altro, come reciproco aiuto e alleato. Sono simili
e diversi, e la loro differenza è pegno del reciproco riconoscimento ed è
appello a diventare una sola carne, principio da cui è normato qui non già
l'istituto del matrimonio, quanto l'unità indissolubile dei due universi umani,
il maschile e il femminile. Infatti, con la venuta di Eva “non è la solitudine
del maschio, ma quella dell’essere umano ad essere soccorsa, mediante la
creazione di uomo e donna”.
E quanto al maschio, non c'è
quella precedenza del maschio sulla femmina da cui tutta una cultura a impronta
maschile ha fatto derivare l'ordine gerarchico della subalternità della donna nella
famiglia e nella società. L'apostolo Paolo - riconosce il documento della Pontificia
Commissione - va in questa linea, quando dice nella prima lettera ai Corinti
"come la donna (venne) dall'uomo, così l'uomo (viene) per mezzo della donna"
o quando nella prima lettera a Timoteo - così sofferta dalle donne - dice che
"prima fu formato Adamo e poi Eva (e non Adamo ma Eva fu sedotta)”. La Commissione Biblica dice che questa prospettiva
sociologica (legata cioè alla cultura del tempo) “non è oggi universalmente
accettata, anche perché il testo biblico postula una diversa lettura, esegeticamente
più rigorosa”. E infatti, fino all’apparizione della donna, l’Adam di cui parla
la Genesi non è mai il maschio, ma l’essere umano a prescindere da qualsiasi
connotazione sessuale, nel quale sono compresi in potenza sia la donna che
l’uomo: un mistero, certo, tanto che perché si risolva l’Adam deve passare
attraverso il sonno, il “non conosciuto”, nel quale si attua il meraviglioso
prodigio di Dio che da un solo essere ne forma due; ed è a questo che allude papa Francesco quando dice poeticamente che
l’essere umano perché ci sia la donna, se la deve prima sognare.
E quanto alla tentazione di Eva,
non è che il tentatore ha approfittato del soggetto più debole e irriflessivo;
perché anzi, dicono i biblisti del papa, la figura femminile è nella Bibbia l’immagine privilegiata della sapienza,
sicché, in questa prospettiva, “il confronto non avviene tra un essere molto
astuto e una sciocca, ma al contrario tra due manifestazioni di sapienza e la
‘tentazione’ si innesta proprio nella qualità alta dell’essere umano che nel
suo desiderio di conoscere rischia di peccare di orgoglio”.
Molte altre cose ci sono in
questo testo che aprono il cuore e le menti; come nell’evocazione della nudità
senza vergogna, a prova che l’amore sponsale è puro, nella misura in cui nella
carne esprime l’amore secondo il disegno di Dio; o come nell’enunciazione di un
principio ermeneutico di carattere generale, per il quale anche di fronte a
norme o a comandi espressi in modo apodittico, come ad esempio quello relativo
all’indissolubilità del matrimonio, occorre discernerne la giusta applicazione,
sicché ad esempio non è infrangere questo comandamento il separarsi da chi
minacci la pace o la vita dei familiari,
il constatare che “il rapporto sponsale
non è più espressione di amore”. E molto importante è anche la tematizzazione
del passaggio dall’immagine indiscriminata del Dio giudice, criticata nello
stesso testo biblico, a quella del padre che anela a passare dall’accusa al
perdono; tutto il Nuovo Testamento attesta l’avverarsi di questo evento finale
della controversia con Dio, quale compimento “di ciò che era stato annunziato
come senso della storia”, esteso “a tutte le genti, radunate sotto il medesimo
sigillo della misericordia, in una nuova e perenne alleanza”.
Sono, queste, notizie da prima
pagina, ma nessuno ci ha fatto uno scoop. E lo stesso documento non è on line, è pubblicato in un libro di 336
pagine della Libreria Editrice Vaticana, con caratteri piccoli, con inchiostro
grigio e sbiadito, e in un numero ristretto
di copie, come se esso dovesse essere letto solo da occhi giovani e in circoli
ristretti di accademici e docenti; perciò chiediamo pressantemente al prefetto
del dicastero per la Comunicazione, Paolo Ruffini, di mettere in rete questo documento,
di diffonderlo attraverso gli altri media, ecclesiastici e laici, favorendone
la recezione nel popolo cristiano.
Così, quando usciremo dal
tormento del Virus, ci troveremo più ricchi.
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