Un incontro a Milazzo
con i giovani “nati nel terzo millennio” di un Istituto tecnico
multidisciplinare. Che cosa abbiamo ricevuto dal mare e che cosa buttiamo a
mare. Le promesse da realizzare in questo secolo: l’unità di tutti gli uomini,
la pace, la tutela della terra
Raniero
La Valle
Stralci della conversazione tenuta agli studenti
dell’Istituto tecnico economico tecnologico Leonardo da Vinci di Milazzo il 24 ottobre
2018
“Che la libertà rinasca
dal mare e non ci siano più porti chiusi, muri e frontiere sulla terra”
La
ragione di partire dal mare per fare il nostro ragionamento stamattina, è che
il mare è parte della nostra vita. Per molti continentali il mare non esiste, o
è solo un panorama, o è un luogo dove fare il bagno e le vacanze. Ma il mare
non è solo questo. Il mare è causa di vita e parte della vita. Senza il mare la
nostra vita, ma anche la nostra storia sarebbe completamente diversa.
Intanto per alcuni di voi, che frequentate l’Istituto
Nautico, sarà anche la vostra professione, il vostro lavoro, il compagno della
vita quotidiana. Ma per tutti il mare è un po’ il nostro creatore. Prima di
tutto perché qui viviamo in un’isola, che è emersa dalle acque, cioè è stata
restituita dal mare. E poi perché dal mare sono arrivati tutti gli apporti che
hanno dato forma alla nostra civiltà. Dal mare sono arrivati qui i Fenici, dal
mare vengono i grandi miti fondatori, che hanno trovato la loro espressione epica
nell’Iliade, nell’Odissea, nell’Eneide, sul mare si è affacciata una delle più
grandi civiltà antiche, quella egiziana, a cui forse dobbiamo il monoteismo,
dal mare sono arrivati Pietro, Paolo, il cristianesimo che da Roma si è diffuso
in tutto il mondo, dal mare sono venuti i primissimi fondamenti di un diritto
mite, quello che per esempio ha trovato poi posto nella Costituzione Italiana:
il codice di Ur, il codice di Hamurabi, le leggi che nelle società dell’antico
Medio Oriente interpretavano il potere come padre del povero, marito della
vedova, la forza che compensava la debolezza del debole, il re che faceva
giustizia, e così via. Perciò il mare è e deve essere riconosciuto e conservato
come un luogo di vita, e non un luogo di morte.
Ora la tragedia è che da alcuni anni a questa parte, da
quando è esploso il fenomeno delle migrazioni, il nostro mare, il mare che sta
in mezzo alle nostre terre e perciò si chiama Mediterraneo, è diventato un
luogo di morte.
Solo nel 2016 i morti sono stati 5.000, l’anno precedente
erano stati 3.771, l’anno successivo 3.081. Potete vedere voi stessi quali sono
le ultime cifre. Ma ora c’è una cosa peggiore dei morti: quelli che morivano
era perché non c’era nessuno che li salvasse, quelli che muoiono oggi è perché
nessuno deve salvarli, e se salvati non devono toccare terra, devono rimanere
per giorni e giorni in una condizione di naufragio e di esclusione: sono gli
scarti che il mondo ricco non vuole, che l’Europa non vuole. Ed è successa una
cosa che non era mai accaduta prima e che abbiamo visto accadere proprio da qui
dalla Sicilia, da Catania, da Pozzallo.
Perché
naufragi e naufraghi ci sono sempre stati. Ma non era mai successo che quando
un naufrago finalmente avvistasse la terra, e potesse gridare: terra, terra!,
non era mai successo che a quella terra gli fosse impedito di approdare, che
quella terra gli chiudesse i porti in faccia.
Ma
è quello che ha fatto, quello che sta facendo non un qualsiasi privato
spietato, è quello che sta facendo la Repubblica Italiana, è quello che stiamo
facendo noi come cittadini. E proprio in questo momento si sta discutendo al
Senato un decreto che si chiama decreto sulla sicurezza, che è tutto rivolto a
far passare il messaggio che qui gli stranieri non devono venire, qui gli
stranieri non ci devono stare, che se ne stiano a casa loro, casomai li
aiutiamo a casa loro. Ma siamo noi che di casa loro abbiamo fatto degli
inferni.
Perché
ci sono i profughi del Bangladesh? Perché abbiamo depredato e impoverito
l’India. Perché gli iracheni sono fuggiti dal loro Paese? Per le due guerre del
golfo. Perché i siriani, perché i palestinesi? E perché la Libia, perché
l’Africa, sono in queste condizioni disperate? Lo ha detto l’arcivescovo di
Palermo Corrado Lorefice, siamo stati noi i predatori dell’Africa. E perché è
in corso la biblica marcia dall’Honduras verso gli Stati Uniti, se non per
quello che abbiamo fatto in America Latina. Ora per raggiungere lo scopo di
tenere i migranti lontano da noi il decreto “sicurezza” infierisce contro di
loro, toglie loro la protezione umanitaria, nega loro il permesso di soggiorno
per fini umanitari, ecc.: e queste sono leggi di persecuzione. Sono leggi che
tendono ad allontanare o a sopprimere una minoranza.
Ma
questa non è la sola emergenza. C’è il fatto che il denaro ha preso il potere
in tutto il mondo, ponendosi come unico criterio di governo, spodestando la
politica e i popoli. C’è la gravissima emergenza del clima, per la quale stiamo
distruggendo la terra. C’è il ripristino della guerra come mezzo di dominio.
Questi
sono i problemi più gravi con cui ci dobbiamo misurare in questo passaggio dal
secondo al terzo millennio. Voi siete tutti nati in questo millennio e il
vostro ruolo è importantissimo perché così come voi avvierete le cose in questo
inizio del millennio, così esso si svilupperà nel futuro. Per questo è molto
importante che voi siate consapevoli delle sfide con cui oggi ci confrontiamo.
A
questi problemi che dobbiamo affrontare corrispondono altrettanti beni che
dobbiamo realizzare, talmente importanti che fin dall’antichità sono stati
oggetto delle promesse messianiche, e sono stati considerati beni messianici.
Per
esempio riguardo alla tragedia dei migranti il bene promesso e il bene da
conseguire è quello dell’unità di tutti i popoli; c’è nella Bibbia la visione
di tutti i popoli che insieme salgono alla montagna santa per il grande
banchetto metaforico fatto di cibi succulenti e vini pregiati; in questa ascesa
alla mitica Gerusalemme non giunge solo il popolo ebreo, ma tutti i popoli; e
non è nemmeno richiesto che tutti si riconoscono in un unico Dio: dice infatti
il profeta Michea: vengono i popoli ognuno con il suo Dio, quanto a noi siamo
fedeli al Dio di Israele.
È
la stessa cosa che sta facendo il papa di ora, quando si rivolge a tutti gli
abitanti della terra e addita i beni messianici ai seguaci di tutte le culture
e di tutte le religioni, come ha fatto nell’Enciclica Laudato Sì e nei discorsi ai movimenti popolari.
C’è
poi l’emergenza della sovranità assoluta del denaro per cui tutto deve essere
scambiato o deve essere scambiabile in denaro. La manovra economica elaborata
dal governo è accusata dall’Europa di non obbedire alla legge del denaro, di
non riconoscere la legge di questo re. Ebbene in questo caso il bene messianico
è la gratuità, lo scambio senza contropartite, la misericordia, ciò di cui Dio
stesso si è fatto modello “scambiandosi” con l’uomo.
Di
fronte al dramma del clima il bene in questione è la separazione delle acque
dalla terra. La separazione delle acque dalla terra è stata un atto creativo; è
come dice Giobbe Dio ha posto un chiavistello alle acque che mai più si
sarebbero mosse, tanto è vero che ci sono città costiere che sono all’asciutto
da migliaia di anni. Ora questo argine si sta rompendo e il bene da
salvaguardare e ripristinare è quello per il quale si ristabilisca l’equilibrio
tra tutti gli elementi della terra.
Rispetto
alla guerra la promessa messianica era che non ci fossero più guerre, che le
lance si tramutassero in falci, e che
ognuno potesse vivere tranquillamente sotto la sua vite e sotto il suo fico. Questo
dicevano Isaia e Michea, con un’aggiunta importante, e cioè che i popoli non
impareranno più l’arte della guerra. Questo vuol dire contro tutti i pessimismi
che considerano la guerra inevitabile, che la guerra non è in natura, non si
nasce “imparati” riguardo alla guerra, bisogna imparare la guerra, essa è un
prodotto della cultura, perfino della teologia, dell’etica umana, ma non è un
prodotto della natura, tale da non poter essere abbandonato.
Oggi
al contrario il mondo intero, l’industria della comunicazione e l’industria
delle armi non fanno altro che studiare e insegnare l’arte della guerra.
Dare
una risposta a tutto questo significa che dal mare ritorni la pace e rinasca la
libertà che abbiamo perduto.
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