Forse per celebrare il settantesimo anniversario della
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il ministro Salvini si è recato
l’11 dicembre in Israele dove dapprima ha perlustrato il confine col Libano
“terrorista” e poi, ignorando del tutto
i palestinesi, ha incontrato Netanyahu e i suoi ministri a un duplice scopo:
riorientare la politica italiana stabilendo un asse tra Italia e Israele per la
lotta al terrorismo e alle migrazioni e per pianificare una comune penetrazione
in Africa, e in secondo luogo riorientare anche”tutte” le grandi Istituzioni
internazionali, l’ONU, l’UNESCO, l’Unione Europea, il cui atteggiamento “è
sbilanciato in senso antisraeliano”. A tal fine, agendo da Amministratore unico
dell’Italia, ha annunciato a sorpresa un incontro bilaterale ai massimi livelli
tra i governi d’Italia e d’Israele a Gerusalemme all’inizio del prossimo anno.
Molti autorevoli ebrei italiani, guardando agli interessi
supremi delle comunità ebraiche e dello stesso Stato d’Israele, avevano espresso una viva preoccupazione per
l’annunciata visita del ministro degli Interni in Israele. Essi ritengono
distruttivi per il popolo d’Israele e per gli Ebrei del mondo “rapporti del
governo d’Israele con partiti e movimenti di estrema destra in Europa e nel
mondo” in quanto “l’appoggio, pur strumentale e provvisorio, di partiti di
destra inquinati dall’antisemitismo ma ostili all’Islam è una seduttiva
lusinga. Un’illusione autodistruttiva”. Per questa ragione il presidente della
Conferenza dei Rabbini europei Pinchas Goldshmidt ha chiesto ad Israele di
“interrompere le relazioni con partiti di estrema destra in Europa,
indipendentemente dalle posizioni che essi assumono sullo Stato ebraico.
Infatti quando un partito è razzista, ostile a parti della società, “e
intollerante rispetto alle minoranze, gli ebrei, pur non essendo oggetto di
violenza oggi, lo saranno in un prossimo futuro”.
Gli ebrei si sentono in
pericolo quando “nello spazio pubblico irrompono atteggiamenti o atti di
razzismo contro stranieri e migranti” o atteggiamenti
e atti aggressivi diretti contro le comunità Rom e Sinti; perciò gli
ebrei italiani, firmatari di tale appello, avevano chiesto a Salvini una condanna
di tutto ciò nella visita in Israele e “un impegno sul piano delle istituzioni a
combatterne e rimuoverne le radici”
Ma egli non ne ha tenuto conto. Commentando l’attentato di
Strasburgo egli ha detto che “occorre individuare, ricercare, bloccare e
arrestare con ogni mezzo, verificare chi entra e chi esce da un Paese” e che il
caso di Strasburgo doveva servire di lezione per chi “in Europa parla di porte
e porti aperti. Casa mia e il mondo sono aperti alle persone perbene, chi porta
violenza e distruzione non deve avere nessun tipo di compassione e di
ospitalità”.
Quando il ministro italiano pronunciava queste parole si
sapeva tuttavia che l’attentatore omicida, Cherif Chekatt, era un cittadino
francese, nato a Strasburgo, però di un altro colore. Sicché inevitabilmente i
non meritevoli di compassione e di ospitalità diventavano, nel messaggio così
trasmesso, tutti i cittadini presenti in un Paese diversi per etnia dalla
maggioranza degli altri cittadini. In sostanza un preavviso di pulizia etnica.
Questo messaggio sta entrando di giorno in giorno nella
mente degli italiani. Come una volta avveniva per il calcio, Salvini ha
trasmesso la sua visita e le sue parole in Israele “minuto per minuto” mediante
Twitter, con cui parla direttamente con 933.000 persone che lo seguono e con
cui attraverso il rilancio di TV e giornali raggiunge tutti gli altri. Molti si lamentano perché
Salvini non fa solo il ministro degli Interni, ma fa anche il Primo Ministro,
il ministro degli Esteri e il ministro dell’Economia. Ma questa non è la cosa
più rilevante. La cosa più rilevante è che egli fa il ministro della Cultura
Popolare (l’ultimo, prima di Salò, fu
Pavolini). Non sarebbe poi così grave se ci fossero gli antidoti. Ma gli
antidoti non ci sono perché tutto il coro degli oppositori di Salvini, giornali
e partiti, lo sono per tutto tranne che per questo; la parola della caccia allo
straniero, al profugo, al migrante, al musulmano, al rom, la parola della
sicurezza e dell’autodifesa sta correndo indisturbata in Italia, lavora ai
fianchi l’opinione pubblica per entrare nel senso comune. E se questo si
compie, non ci sarà bisogno di arrivare fino agli ebrei per avere una società
non più democratica e un regime senza Costituzione, come teme Zagrebelsky, e più nessuno sarà tutelato.
Questo ci pare oggi il vero caso italiano. Il ministro
Salvini non vuole il fascismo, la sua è una resistibile ascesa, non è il
cattivo che ci vuole dominare, ma la sua cultura lo è. È questa che non deve
governare. Il resto si discuta, ma senza sbagliare le priorità. Non poniamo qui
la questione del governo, che è politica e propria di un’altra sede. Ma poniamo
il problema che si blocchi la pretesa di governare la cultura popolare, che non
solo non ci sia un Ministero della Cultura Popolare, ma nemmeno ne venga
esercitata la funzione in qualsiasi forma. Questo dovrebbero fare e pretendere
le stesse forze di governo, proprio in forza del loro patto; questo di sicuro
farebbero e otterrebbero gli altri partiti se ancora fossero tali, se ancora
usassero del loro potere residuo non per sé, ma per il bene del Paese: non c’è
neanche bisogno di essere di sinistra, basterebbe esserci.
Il sito Chiesa di tutti Chiesa dei
poveri pubblica la presa di posizione degli ebrei
italiani, il resoconto di un respingimento alla
Malpensa, una rilettura, risalente a Pier Cesare Bori, della matrice interculturale della Dichiarazione universale
dei diritti dell’uomo, non solo “occidentale” ma
confuciana laica e spirituale, e uno sviluppo del
discorso sulla Costituzione e il suo inadempimento avviato da Zagrebelsky.
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