Perché vogliono distruggere papa Francesco fino a chiederne
le dimissioni e a volere un nuovo Conclave?
La cosa è diventata chiara
all’apertura del Sinodo dei giovani. Dopo tanto parlare della crisi dei
giovani, del loro sbandarsi senza la bussola di una vocazione, del loro aver
perduto la fede, il papa nel discorso dall’altare all’apertura dell’assise ha
chiesto loro di “non smettere di profetizzare”; ma perché questo avvenga,
perché i giovani amplino i loro cuori alla dimensione del mondo, sono gli
adulti o anziani, a cominciare dai vescovi, che devono cambiare, “allargare lo
sguardo”. Essi devono essere capaci di sogni e speranze, perché i giovani siano
capaci di profezia e di visione. È un singolare
rovesciamento: il papa avrebbe potuto chiedere ai vecchi patriarchi, cardinali,
vescovi e preti di fornire la profezia della retta dottrina ai giovani che in
genere sono perduti dietro i loro sogni e speranze, e invece ha chiesto agli
anziani di sognare e sperare, perché i giovani ne traggano linfa per
profetizzare e spingere oltre la vista. Anziani e giovani, secondo il papa,
devono sognare insieme, e noi anziani dobbiamo sperare facendoci carico insieme
a loro di lottare contro ciò che impedisce alla loro vita di svilupparsi con
dignità, e di lavorare per rovesciare le situazioni di precarietà di esclusione
e di violenza alle quali sono esposti; e così si ispiri ai giovani “la visione
di un futuro ricolmo della gioia del Vangelo” contro i profeti di calamità e di
sventura.
Ancora una volta dunque il papa
annuncia la gioia, come nell’ “Evangelii gaudium”, nella “Veritatis gaudium”,
la “Misericordiae vultus”, la “Laudato sì”, la “Gaudete et exsultate”, l’
“Amoris laetitia”.
Gli avversari non vogliono la
gioia, sono intenti ad infliggere dolore: senza dolore il potere non regge, le
guerre non si possono fare, i poveri non possono essere esclusi, i naufraghi
non possono essere fatti affondare, i porti non si possono chiudere, l’economia
non può uccidere, le armi non si possono vendere. Il dolore ci vuole, l’amore
deve produrre tormento e non gioia, la massa dannata deve essere soggiogata con
la legge e ricattata con la “morte seconda”, la perfetta letizia predicata dal
Francesco di Assisi deve essere spregiata come una bambinata buonista.
La ragione per cui papa
Francesco è avversato è, a ben vedere, la stessa ragione per cui è stata
distrutta la politica; la politica, infatti, fin da Aristotile, ma poi perfino
nelle Costituzioni moderne, doveva essere ordinata alla felicità o almeno, come
diceva la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti, a garantire il
diritto alla ricerca della felicità; doveva corrispondere all’ordine del cosmo
o, più modernamente, doveva non solo salvaguardare “la nuda vita”, ma
promuovere “la buona vita”; e perfino l’Europa, prima di tradire, si era
presentata al mondo con l’Inno alla gioia.
Ma la gioia e il potere che si
pretende indiviso, la gioia e il denaro che governa invece di servire, la gioia
e il debito sovrano, la gioia e la confisca delle coscienze per addomesticarle
a essere oggetto di dominio e di scarto, non vanno d’accordo, non abitano su
monti vicini, anzi sono incompatibili.
Per questo motivo oggi viviamo
nella contraddizione - e in gran parte è una nuova contraddizione – di una
Chiesa ed un papa che militano per la gioia, e un’antichiesa e un mondo che
lottano per il dolore. Non a caso la reazione contro il papa si è organizzata e
scatenata con “i dubbi” e il rifiuto dell’ “Amoris laetitia”, cioè delle nuove
nozze tra l’amore e la gioia.
Da qui nasce la nostra
sofferenza di oggi, che potremmo chiamare una sofferenza messianica, perché si
fa carico del futuro quando ne va dell’avverarsi o del fallire della promessa
di salvezza che dai tempi antichi fino ad oggi ha accompagnato e lenito l’arduo
cammino dell’umanità.
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