martedì 28 luglio 2009

Il complotto


di Raniero La Valle

In occasione del cosiddetto G8 a L’Aquila la stampa mondiale ha concentrato la sua attenzione sull’Italia e sul suo Primo ministro, in un momento non molto felice della sua fama. E poiché tra i giornali stranieri non ce n’è nessuno di proprietà di Berlusconi, tutti, nella loro copertura informativa, hanno descritto con toni molto crudi e severi le abitudini del leader italiano, l’inconcepibile intreccio tra la sua vita pubblica e privata, la confusione tra sedi rappresentative del potere e case di piacere, il contrasto tra la sua politica di lesina e di rinunzie per i cittadini, e il suo uso spregiudicato del denaro per comprarsi cose e persone, e non solo donne, diffondendo così corruzione in tutto il Paese.
Alcuni giornali sono andati sopra le righe nello scherno, ma a parte questi eccessi l’informazione è stata obiettiva; e la domanda piena di meraviglia dei giornali stranieri era: “come mai gli italiani amano tanto Berlusconi e se lo tengono al potere?”.
Ma, complice la scarsa conoscenza che la stampa estera ha delle cose italiane, questa non era la domanda giusta. La domanda giusta è: “come mai Berlusconi non è ancora caduto?”. E qui la risposta giusta non è, come qualcuno ha detto, che Berlusconi si è salvato col vertice dell’Aquila, per averlo saputo così bene organizzare e senza inciampare in nessun incidente di percorso, come per esempio avrebbe potuto essere una vera conferenza stampa nella quale ai giornalisti fosse concesso fare domande. In realtà il G8, pur fatto sponsorizzare dal terremoto, non ha migliorato la posizione del presidente del Consiglio: perché ha mostrato come egli ormai cammini sulle uova, e ciononostante continui a fare clamorosi errori, a cominciare da uno sfrontato spreco di denaro pubblico, come quello profuso per trasformare in un grande complesso alberghiero la cittadella della Finanza, che non è di proprietà dello Stato ma di un gruppo di banche a cui lo Stato l’aveva venduta e a cui paga un salatissimo affitto, e che ora incassano l’incremento di valore dell’area; o come l’errore di volersi ingraziare gli ospiti stranieri regalando loro scrigni di mogano rifiniti in foglie d’oro e altri monili, e perfino un “libro” sul Canova, con una “copertina” in marmo pregiato del peso di 24 chili, carta fatta a mano e rilegatura in broccati di seta e fili d’oro; cosa che se ha potuto impressionare gli ospiti culturalmente più deboli, ha peggiorato l’immagine dell’Italia all’estero che oltre ad apparire “libertina” (come scrisse l’Economist) e “crudele” (come dice l’ONU per i “respingimenti”), si mostra ora anche pacchiana, come la sua raffinata civiltà non meriterebbe.
In realtà in nessun Paese di serie tradizioni democratiche un capo del governo così moralmente e politicamente sinistrato starebbe ancora al suo posto. I meccanismi di autotutela e di decoro propri di una democrazia, avrebbero già provveduto al cambiamento. Se in Italia ciò non accade è perché, con lucida premeditazione o con sciocca imprevidenza, da quindici anni si è costruito un sistema privo di qualsiasi uscita di sicurezza che rischia continuamente di trasformare la politica da farsa in tragedia. Al vincitore politico pro tempore si è dato un potere blindato, incontrollabile dal Parlamento, non perseguibile dalla magistratura, insindacabile da altri poteri dello Stato ormai ridotti a grida manzoniane, e legittimato da una cultura della governabilità che in realtà è la cultura dell’ “oggi a te domani a me”, per cui la stessa opposizione non immagina nemmeno di poter far cadere il governo “prima della fine naturale della legislatura”, e perfino nelle mozioni di censura lo loda. Ma in questo tempo di governabilità inviolabile si possono fare leggi razziali e liberticide, trasformare gli stranieri in criminali, disfare la scuola e usare le tasse dei poveri per fare i condoni ai ricchi, e compromettere la stessa democrazia.
In questa situazione di impotenza politica e di inagibilità istituzionale, è vero, come dice Berlusconi, che il governo non può cadere che per un “complotto”; ma ciò perché il vero complotto c’è stato già prima, con l’aver creato un sistema di potere immunizzato da ogni interferenza esterna. Pertanto l’unica insidia può venire dall’interno, può venire da soci, alleati, clienti, beneficati, famigli, e perciò prendere le forme di un complotto. Se questo ancora non accade è perché il potere di tutti questi soggetti è inscindibilmente legato al potere del premier: se cade lui, tutti gli altri diventano nessuno. Ma la dipendenza è reciproca: e ciò spiega perché Berlusconi deve fare tutto quello che gli chiedono i suoi alleati, e dichiara esplicitamente di farlo per non cadere; e quanto più è personalmente indebolito, tanto più lo deve fare; e perciò, come anatra zoppa, egli è più pericoloso di quando era in pieno fulgore; perché i veri padroni del governo diventano i ministri della Lega, i colonnelli di AN e i padroni del mercato.


Raniero La Valle
Continua...

Il colle non firmi



di Domenico Gallo (*)


La dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, in perfetta concordanza con la Costituzione italiana considera che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti uguali ed inalienabili costituisce il fondamento della libertà, della pace e della giustizia nel mondo. Sono questi i fondamenti dell'ordine costituzionale e della civiltà del diritto. Proprio questi fondamenti sono inesorabilmente travolti dal pacchetto sicurezza. Con questo provvedimento sono state approvate una serie di misure persecutorie e discriminatorie nei confronti dei gruppi sociali più deboli, che nel nostro Paese non si vedevano dai tempi delle leggi razziali. In modo mascherato sono stati riesumati istituti tipici delle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti (fra italiani e immigrati irregolari). Soprattutto nei confronti degli immigrati sono state articolate una serie di misure, (reato di clandestinità, divieto di matrimonio, divieto di avere un'abitazione, ostacoli per l'accesso alle cure mediche, all’abitazione e per il trasferimento dei fondi alle proprie famiglie) che attentano all'intima dignità inerente a ciascun membro della famiglia umana e sono destinate a fare terra bruciata intorno ad una popolazione di centinaia di migliaia di persone, aprendo una sconcertante caccia all'uomo. Queste misure persecutorie, per la loro gravità, superano persino quelle introdotte con le leggi razziali. Infatti le leggi razziali non sottraevano alle madri ebree i figli dalle stesse generate. L'Italia del 1938, sebbene piegata dalla dittatura fascista, non avrebbe mai potuto accettare un insulto così grave all'etica della famiglia, quale la scissione del suo nucleo fondamentale. Ed invece questo è proprio quello che succederà, attraverso il divieto imposto alla madri immigrate irregolari di fare dichiarazioni di stato civile. Non potendo essere riconosciuti, i figli saranno sottratti alle madri che li hanno generati e confiscati dallo Stato che li darà in adozione. Questa norma si pone al vertice delle misure discriminatorie del pacchetto sicurezza ed ha un grande valore simbolico, in quanto si tratta di una norma "ontologicamente ingiusta", che incarna un diritto completamente svincolato dalla giustizia. Adesso che con l’ultimo voto al Senato si è compiuto il percorso parlamentare di questo mostruoso provvedimento siamo arrivati su una soglia al di là della quale c’è una trasformazione irreversibile della natura della Repubblica. Se la giustizia viene espulsa dal diritto, cambia la natura del diritto e si verifica un cambiamento del regime politico. In questo modo verrebbe cancellata per sempre la lezione del Novecento. Però questo mostro non è ancora diventato legge. Le garanzie previste dai Costituenti consentono di correggere questi abusi. Per questo, Presidente Napolitano, ti chiediamo di non firmare, di non promulgare questa legge. Risparmia al nostro paese il disonore di aver reintrodotto in Europa le leggi razziali e tradito il sacrificio della resistenza.
(*) magistrato della Suprema Corte di Cassazione
Continua...

Il ritorno di don Rodrigo


di Domenico Gallo (*)

Giovanni, 30 anni, grafico pubblicitario di Gallarate, è fidanzato da due anni con Irina, una sua coetanea, dagli occhi azzurri e capelli biondi.
I due ragazzi hanno cominciato a convivere ed hanno già fissato la data del matrimonio per il mese di maggio del 2010. Irina è una ragazza ucraina, emigrata otto anni fa in Italia in cerca di lavoro. Dopo l’ultima sanatoria ha ottenuto un regolare permesso di soggiorno ed è stata assunta da un Supermercato.
Purtroppo sei mesi fa il Supermercato è fallito.
Irina ha perso il lavoro, proprio quando gli è scaduto il permesso di soggiorno, e non ha potuto ottenerne il rinnovo.

Mario ha 40 anni. E’ un impiegato bancario di Pesaro.
Dopo una serie di insuccessi sentimentali, ha trovato il grande amore della sua vita. Si è fidanzato con Josephine, una donna di Capoverde che ha conosciuto, come sua insegnante, ad un corso di merengue.
Josephine è venuta in Italia con un visto turistico poi è stata regolarizzata come badante da una famiglia italiana.
Quando la famiglia non ha avuto più bisogno di lei si è dedicata al ballo per il quale ha una passione innata ed ha cominciato ad organizzare corsi di danza.
Dopo la seconda scadenza non è riuscita ad ottenere il rinnovo del suo permesso di soggiorno.
Ernesto è un pensionato, ha 65 anni e vive a Napoli. Da quando sua moglie è deceduta per un tumore al seno è rimasto solo è si è molto intristito perché la coppia non aveva figli.
La sua vita è cambiata da quando ha conosciuto Natascia, una donna Moldava di 50 anni, divorziata, che da diversi anni vive in Italia, lavorando al nero per accudire gli anziani.
Ernesto e Natascia hanno deciso di contrarre matrimonio ed hanno già fissato la data delle nozze.Tuttavia queste tre coppie, come migliaia di altre coppie in Italia, hanno fatto i conti senza l’oste: non hanno preveduto il ritorno di Don Rodrigo.
“Questo matrimonio non s’ha da fare!” esclamò il principe conte, don Rodrigo, riferendosi al matrimonio fra Renzo e Lucia. Non c’è dubbio che “i promessi sposi” sono entrati nel DNA del popolo italiano, come il coro del Nabucco o l’inno di Mameli.
Dopo Alessandro Manzoni, il prototipo dell’ingiustizia più ingiusta e dell’esercizio più arbitrario del potere è rappresentato proprio dalla rottura di quel legame di coppia, che la religione consacra attraverso il matrimonio.
Quando, da ragazzi, studiavamo i Promessi Sposi tutto avremmo potuto immaginare tranne il ritorno di Don Rodrigo. Eppure è proprio quello che è successo con l’entrata in vigore della legge sulla sicurezza che il Presidente Napolitano ha promulgato, il 16 luglio, obtorto collo.Don Rodrigo si è reincarnato ed ha assunto le sembianze umane del Ministro dell’Interno Maroni.
A differenza di don Rodrigo, però, Maroni è molto più potente del suo predecessore. Se don Rodrigo voleva interdire un solo matrimonio, Maroni ne vuole interdire 10, 100, 1.000, come succederà non appena andrà in vigore la nuova legge sulla “sicurezza”.
Don Rodrigo aveva le sue ragioni per interdire il matrimonio: si era invaghito di Lucia. Ma quali sono le ragioni di Maroni?
E’ difficile che Maroni si sia invaghito di tutte le badanti, le colf, le ballerine e le donne delle pulizie che meditano di contrarre matrimonio in Italia. Ci deve essere un altro motivo. Ce lo dice lo stesso Maroni.
In una nota del Viminale è scritto che la legge mira a impedire i matrimoni di comodo. Un intento decisamente encomiabile, ma perché Maroni non ha fatto nulla per impedire il matrimonio fra Briatore e la Gregoraci?

(*) magistrato Suprema Corte di Cassazione

Continua...

venerdì 3 luglio 2009

CONTRO IL RITORNO DELLE LEGGI RAZZIALI IN EUROPA


Alla cultura democratica europea e ai giornali che la esprimono


Le cose accadute in Italia hanno sempre avuto, nel bene e nel male, una straordinaria influenza sulla intera società europea, dal Rinascimento italiano al fascismo. Non sempre sono state però conosciute in tempo. In questo momento c’è una grande attenzione sui giornali europei per alcuni aspetti della crisi che sta investendo il nostro paese, riteniamo, però, un dovere di quanti viviamo in Italia richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si tratta di alcuni passaggi della politica e della legislazione italiana che, se non si riuscirà ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell’Europa e di far arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero.Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l’adozione di norme discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si vedevano dai tempi delle leggi razziali.È stato sostituito il soggetto passivo della discriminazione, non più gli ebrei bensì la popolazione degli immigrati irregolari, che conta centinaia di migliaia di persone; ma non sono stati cambiati gli istituti previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti. Con tale divieto si impedisce, in ragione della nazionalità, l’esercizio di un diritto fondamentale quale è quello di contrarre matrimonio senza vincoli di etnia o di religione; diritto fondamentale che in tal modo viene sottratto non solo agli stranieri ma agli stessi italiani. Con una norma ancora più lesiva della dignità e della stessa qualità umana, è stato inoltre introdotto il divieto per le donne straniere, in condizioni di irregolarità amministrativa, di riconoscere i figli da loro stesse generati. Pertanto in forza di una tale decisione politica di una maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri straniere irregolari diverranno per tutta la vita figli di nessuno, saranno sottratti alle madri e messi nelle mani dello Stato. Neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi razziali introdotte da quel regime nel 1938 non privavano le madri ebree dei loro figli, né le costringevano all’aborto per evitare la confisca dei loro bambini da parte dello Stato.Non ci rivolgeremmo all’opinione pubblica europea se la gravità di queste misure non fosse tale da superare ogni confine nazionale e non richiedesse una reazione responsabile di tutte le persone che credono a una comune umanità. L’Europa non può ammettere che uno dei suoi Paesi fondatori regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi internazionali e i principi garantisti e di civiltà giuridica su cui si basa la stessa costruzione politica europea.È interesse e onore di tutti noi europei che ciò non accada. La cultura democratica europea deve prendere coscienza della patologia che viene dall’Italia e mobilitarsi per impedire che possa dilagare in Europa.A ciascuno la scelta delle forme opportune per manifestare e far valere la propria opposizione.

Roma, 29 giugno 2009
Andrea Camilleri, Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame, Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Gianni Amelio Continua...

Appello: un gesto di generosità a favore degli amici antimafiosi siciliani!


APPELLO PER "I SICILIANI"
Dopo l'assassinio mafioso di Giuseppe Fava, il 5 gennaio 1984, iredattori de I Siciliani scelsero di non sbandarsi, di tenere apertoil giornale e di portare avanti per molti anni la cooperativagiornalistica fondata dal loro direttore, affrontando un tempo disacrifici durissimi in nome della lotta alla mafia e della liberainformazione. Anni di rischi personali, di stipendi (mai) pagati, diconcreta solitudine istituzionale (non una pagina di pubblicità percinque anni!).Oggi, a un quarto di secolo dalla morte di Fava, alcuni di loro(Graziella Proto, Elena Brancati, Claudio Fava, Rosario Lanza e LilloVenezia, membri allora del CdA della cooperativa) rischiano di perderele loro case per il puntiglio di una sentenza di fallimento che sipresenta - venticinque anni dopo - a reclamare il dovuto sui poveridebiti della cooperativa. Il precetto di pignoramento è stato giànotificato, senza curarsi d'attendere nemmeno la sentenza d'appello.Per paradosso, il creditore principale, l'Ircac, è un ente regionaledisciolto da anni.
E' chiaro che non si tratta di vicende personali: la redazione de ISiciliani in quegli anni rappresentò molto di più che se stessa, in uncontesto estremamente difficile e rischioso. Da soli, quei giovanigiornalisti diedero voce udibile e forte alla Sicilia onesta, alledecine di migliaia di siciliani che non si rassegnavano a conviverecon la mafia. Il loro torto fu quello di non dar spazio al dolore perla morte del direttore, di non chiudere il giornale, di non accettarefacili e comodi ripieghi professionali ma di andare avanti. Queltorto di coerenza, per il tribunale fallimentare vale oggi quasicentomila euro, tra interessi, more e spese. Centomila euro che lagiustizia catanese, con imbarazzante ostinazione, pretende adesso diincassare per mano degli ufficiali giudiziari.
Ci saranno momenti e luoghi per approfondire questa vicenda, perscrutarne ragioni e meccanismi che a noi sfuggono. Adesso c'è dasalvare le nostre case: già pignorate. Una di queste, per la cronaca,è quella in cui nacque Giuseppe Fava e che adesso, ereditata daifigli, è già finita sotto i sigilli. Un modo per affiancare al prezzodella morte anche quello della beffa.
La Fondazione Giuseppe Fava ha aperto un conto corrente (che trovatein basso) e una sottoscrizione: vi chiediamo di darci il vostrocontribuito e di far girare questa richiesta. Altrimenti sarà un'altramalinconica vittoria della mafia su chi i mafiosi e i loro amici hacontinuato a combatterli per un quarto di secolo.
Elena Brancati, Claudio Fava, Rosario Lanza, Graziella Proto, Lillo Venezia
I bonifici vanno fatti sul cc della "Fondazione Giuseppe Fava"Credito Siciliano, ag. di Cannizzaro, 95021 Acicastello (CT)iban: IT22A0301926122000000557524causale di ogni bonifico: per "I siciliani".
Continua...

Buone notizie


di Raniero La Valle (su "Rocca" n. 15)

La parabola di Berlusconi, divenuto “indifendibile” per le “famiglie cristiane”, ha una bellissima morale: è più facile che un cammello passi nella cruna di un ago, che un ricco possa governare un Paese. Niente di ontologico, per carità: qui siamo nel regno della politica, non della metafisica. Ma appunto è così difficile, che senza una conversione non riesce. La ricchezza può far vincere le elezioni, ma poi ritorcersi contro chi le ha vinte. Ciò dipende dal fatto che il ricco pensa di poter comprare tutto, e lo compra. Compra il potere, il consenso, i riflettori, gli avvocati, i cortigiani, gli agiografi, i testimoni, le scorte, le ville, i vulcani, e le donne. Di tutte le cose, tasse e terremoto, Milan e Parlamento, donne di immagine e sciupate, è l’utilizzatore finale. Ma c’è qualcosa che non può comprare, la Repubblica non è in vendita e il popolo, oltre un certo limite, non si fa usare. E così passa la figura di questo potere.
Delusa dal governo amico, che sembrava così vicino ai “valori cristiani”, la Chiesa a Roma può tornare a volare alto. E qui vorremmo segnalare due eventi di grande valore.
Il primo riguarda la Chiesa italiana, ed è una lettera scritta dalla Commissione per la dottrina della fede della Conferenza episcopale ai “cercatori di Dio”. Qui l’annuncio non sta tanto nel testo, che non è di quei testi abituati a farsi leggere, ma nel titolo. E l’annuncio consiste nel fatto che la Chiesa si rivolge agli uomini e alle donne del nostro tempo non distinguendoli in credenti e non credenti, cattolici e non cattolici, chierici e laici, ma accomunandoli tutti nella specie dei “cercatori di Dio”, a cui la Chiesa stessa riconosce di appartenere come credente se, come il documento arriva a dire, “il credente è un ateo che ogni giorno si sforza di cominciare a credere”, e se la Chiesa non si pone essa stessa come Dio in terra, ma come la sua luna che ne rifrange i raggi.
In una bella presentazione della lettera il suo maggiore autore, che è l’arcivescovo di Chieti Bruno Forte, dice che la pretesa della teologia cristiana degli ultimi secoli di assumere la rivelazione come una manifestazione totale di Dio e una sua esibizione senza riserve, “è il più grande tradimento che di essa si possa fare”, perché rivelare “è, sì, togliere un velo, ma è anche un più forte nascondere; rivelandosi l’Eterno non solo si è detto, ma si è anche più altamente taciuto”.
Si può sopperire a questa lacuna, a questo non del tutto conoscere, ricorrendo a una “legge naturale” che sarebbe da tutti intelligibile, e che la Chiesa potrebbe somministrare a tutti gli uomini come normativa per tutti, indipendentemente dalla fede?
No, non si può. E qui c’è l’altro evento ecclesiale di cui rallegrarsi. Si tratta di un documento del dicembre scorso della Commissione Teologica internazionale, l’organismo pontificio che già ci sorprese il 19 gennaio del 2007 con la buona notizia che anche i bambini morti senza battesimo vanno in Paradiso; ora la Commissione ci fa sapere di essersi messa “alla ricerca di un’etica universale”, cioè di valori morali oggettivi comuni a tutti gli uomini, e di aver voluto gettare un “nuovo sguardo sulla legge naturale”, per vedere se la risposta fosse in tale legge. Si trattava della riproposizione aggiornata dell’idea di un diritto naturale perenne e superiore al diritto positivo, considerato come inevitabilmente disordinato e incapace, anche nelle sue manifestazioni più alte come le Costituzioni o la Dichiarazione universale dei diritti umani, di veicolare contenuti di giustizia.
Ebbene tutto il documento, paradossalmente, dimostra che una legge naturale, intesa come un complesso normativo precostituito, astorico e uguale per tutti, non c’è: la legge naturale è quella scritta da Dio nel cuore di ogni uomo, che non ce l’ha ma la cerca, ognuno con la sua grazia, con la sua cultura, con le sue mani e alla luce della ragione. Non da solo, naturalmente. Sicché la legge naturale, in definitiva, è lo Spirito Santo, dato a tutti e operante in ciascuno, ma per definizione irriducibile a un sistema e tanto meno a un codice.
È dentro questo orizzonte che, come spiegava la Pacem in terris, gli esseri umani costruiscono il loro ordine, che in molti modi, e per lo più oltre la loro stessa aspettativa, raggiunge l’ordine voluto da Dio; e il diritto positivo che di quest’ordine umano è lo strumento e la norma, non è da buttare; certo, c’è del marcio in Danimarca, per dirla con Amleto, ma ci sono anche quei lumi che, a scrutarli, appaiono e si rivelano come “segni del tempo”, e ci aiutano a dare ragione della speranza che è in noi.


Raniero La Valle

ECCO LA NOTIZIA


FAMIGLIA CRISTIANA: Berlusconi indifendibile, cattolici disorientati

ROMA (Reuters) - I cattolici italiani sono disorientati dal decadimento morale: è quanto scrive don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, rispondendo nel prossimo numero ai suoi lettori sulle vicende personali del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi giudicato ormai "indifendibile".
"I cristiani (come dimostrano le lettere dei nostri lettori) sono frastornati e amareggiati da questo clima di decadimento morale dell'Italia, attendono dalla Chiesa una valutazione etica meno 'disincantata'", afferma Sciortino, aggiungendo che "a tutto c'è un limite".
"Quel limite di decenza è stato superato. Qualcuno ne tragga le debite conclusioni", sottolinea il direttore del settimanale cattolico, in un apparente riferimento alla frequentazione di "escort" da parte del premier, ipotesi emersa in un'inchiesta della procura di Bari.
"Non si può far finta -- spiega il religioso -- che non stia succedendo nulla, o ignorare il disagio di fasce sempre più ampie della popolazione, e dei cristiani in particolare".
"Il problema dell'esempio personale è inscindibile per chiunque accetta una carica pubblica. In altre nazioni se i politici vengono meno alle regole (anche minime) o hanno comportamenti discutibili, sono costretti alle dimissioni. Perché tanta diversità in Italia?", si chiede Sciortino.
"Chi esercita il potere, anche con un ampio consenso di popolo, non può pretendere una 'zona franca' dall'etica", continua.
Berlusconi nega di aver mai pagato per avere la compagnia di una donna e parla di complotto dietro l'inchiesta barese sull'induzione alla prostituzione in cui è coinvolto un imprenditore pugliese, che avrebbe pagato giovani donne per partecipare a feste nelle residenze del premier, Villa Certosa in Sardegna e Palazzo Grazioli a Roma.
Il presidente del Consiglio non risulta indagato.
La vicenda è scoppiata quando Patrizia D'Addario, 42enne pugliese, ha nei giorni scorsi depositato presso la Procura video, foto e registrazioni delle sue visite a Berlusconi. La donna ha anche detto di aver partecipato a queste serate in casa del premier per soldi la prima volta, poi in cambio della promessa di un interessamento per una sua licenza edilizia. Anche altre ragazze hanno dichiarato di aver partecipato a queste feste presso le residenze del premier.
"C'è da augurarsi, quanto prima, che da una 'politica da camera da letto' si passi alla vera politica delle 'camere del Parlamento', restituite alla loro dignità e funzioni. Prima che la fiducia dei cittadini verso le istituzioni prenda una via senza ritorno", conclude Sciortino su Famiglia Cristiana.
Continua...