IL CENSIMENTO
Al
sopraggiungere di quest’anno 2021, quando Biden, Dio sa come, è presidente
degli Stati Uniti, Conte è fortunosamente presidente del Consiglio in Italia, Johnson
è il disastroso premier del Regno Unito e Angela Merkel, la donna tra i potenti
che piange sui morti, è cancelliera della
Germania federale, si deve fare un
censimento di tutta la Terra, per dare a tutti il vaccino che li salvi dalla
pandemia. È come il censimento che, secondo il racconto di Luca, Cesare Augusto
ordinò che si facesse in tutto l’Impero,
quando Quirino era governatore della
Siria e nacque Gesù. Ma c’è una differenza. Quello di Augusto fu fatto per discriminare
i cittadini non romani rispetto ai romani, mentre questo deve includere tutti. In
quel tempo si pagava caro non essere cittadini romani: per esempio a Gesù costò
essere giustiziato mediante la croce, supplizio a cui erano sottratti i Romani
perché considerato troppo infamante per loro; a Paolo invece essere civis romanus fruttò potersi appellare a
Cesare ed essere tradotto a Roma per esservi giudicato, anche se poi quella non
apparve una così grande garanzia, se a Roma egli fu tenuto prigioniero e ucciso
alla prima persecuzione utile.
Il fatto è che c’è censimento e censimento; a
David fu rimproverato il suo perché era fatto
solo per sapere di quanti uomini armati egli disponesse per la guerra,
la Schindler list servì a salvare quanti più Ebrei dai lager, le liste
anagrafiche sono usate spesso per escludere i poveri e negare il permesso agli stranieri, le mailing
list rubate sul web servono ad ammassare consumatori.
Il
censimento da fare oggi è invece sacrosanto, per la prima volta si deve fare in
tutta la Terra per raggiungere tutti gli uomini e le donne di cui è preziosa la
vita minacciata dal virus. Poveri e ricchi, come ha detto il papa, che il
mercato sia d’accordo o no. Questo è stato il messaggio di Natale: “Gesù, è ‘nato per
noi’: un noi senza confini, senza privilegi né esclusioni”. Contro il virus
dell’individualismo, ha detto il papa, vaccini per tutti. “Non posso mettere me
stesso prima degli altri, mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione
sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità. Chiedo a tutti: ai
responsabili degli Stati, alle imprese, agli organismi internazionali, di
promuovere la cooperazione e non la concorrenza, e di cercare una soluzione per
tutti: vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi di
tutte le regioni del Pianeta. Al primo posto, i più vulnerabili e bisognosi!”
Mai c’è stato, in tutto il messaggio natalizio, una distinzione
tra chi fosse cristiano e chi cristiano non è, mai un minimo indizio che il
papa pensasse ai “suoi”, o almeno ai credenti, e non a tutti. Queste “luci di
speranza”, come egli ha chiamato i vaccini, “devono stare a disposizione di
tutti”. Ormai il papa, che è conosciuto come il capo di una “cristianità”, sa
di non essere mandato a una parte, a una selezione, a una Chiesa, sa che la sua
udienza è per tutti, anche quando in piazza san Pietro o nell’Aula delle
Benedizioni non c’è nessuno, in odio al contagio; ma sa anche perché, sa perché
l’udienza deserta diventa comunione
universale. La ragione è antica, ma la
sua presentazione è nuova, mai si è predicato così, questa è la riforma della
Chiesa e anzi delle religioni: è che il Padre ha reso tutti fratelli, tutti figli nel Figlio: “grazie a
questo Bambino, tutti possiamo chiamarci ed essere realmente fratelli: di ogni
continente, di qualsiasi lingua e cultura, con le nostre identità e diversità,
eppure tutti fratelli e sorelle”; ma, ha aggiunto il papa, deve essere “una fraternità basata sull’amore
reale, capace di incontrare l’altro diverso da me, di con-patire le sue
sofferenze, di avvicinarsi e prendersene cura anche se non è della mia
famiglia, della mia etnia, della mia religione; è diverso da me ma è mio
fratello, è mia sorella. E questo vale anche nei rapporti tra i popoli e le
nazioni: fratelli tutti!”. Anche se non è della mia religione. E se la
fraternità non arriva a tutti, perché si ferma sulla porta di Caino, occorre
andare oltre e riconoscere l’altro come prossimo, e qui non ci sono più
frontiere perché il prossimo, come lo identifica Isaia e poi il Samaritano fino
all’enciclica “Fratelli tutti”, è colui
che è “della mia stessa carne”: “una caro”,
come tra l’uomo e la donna. L’unità umana, voluta dal Padre, scende dalle
alture spiritualistiche, si fa nella carne.
Perciò il vaccino deve essere per tutti: ma può esserlo solo come
un bene comune, come l’aria, l’acqua, il sole, non una merce che produrrebbe
ricchezze sconfinate a pochi, e lascerebbe fuori milioni di censiti in tutta la
Terra. Il papa ha osato dirlo, attentando al principio supremo del profitto, e
subito il Corriere della Sera col suo
Ernesto Galli della Loggia ha superato ogni remora, ha decretato che la Chiesa
è finita, col suo Francesco non andrà
lontano, non ha più ragione di esistere.
Per contro proprio a questo dovrebbe provvedere una Costituzione
della Terra che riconosca il diritto universale alla salute e lo munisca di
garanzie e di istituzioni operative efficaci. Se ci fosse voluta ancora una
prova per dimostrare quanto questo nuovo passo della civiltà e del diritto sia
necessario ed urgente, la pandemia l’ha fornita. Ma intanto, mancando ancora tali istituzioni, la
fornitura dei vaccini a tutti deve avvenire per decisione unanime degli attuali
poteri economici e politici. Lo faranno?
Anche se questo accadrà, quando l’ultimo vaccino sarà stato portato
dall’esercito, resteranno da raggiungere le persone reali, non un corpo che
scompare dal video, non un viso travisato da una maschera, non un distanziato
sociale, ma un volto da riconoscere, da carezzare, da amare.