di Raniero La Valle
Della comunione ai cattolici che dopo un divorzio vivono
un secondo matrimonio, ormai si discute in tutta la Chiesa. La decisione
sarà presa dal Sinodo dei vescovi, ma è adesso che se ne stanno ponendo le
premesse dopo le caute aperture del Papa e l’ipotesi fatta al Concistoro dal
cardinale Kasper, di una riammissione
all’eucaristia dei divorziati risposati dopo un percorso penitenziale, sulla
scia della Chiesa antica e in sintonia con la Chiesa ortodossa orientale.
Al di là della soluzione proposta, l’approccio del
cardinale Kasper è di straordinario valore: da un lato perché dalla dottrina dell’indissolubilità
oggi vigente egli torna alla fonte da
cui è scaturita, cioè al Vangelo che “non è una legge scritta ma è la grazia
dello Spirito Santo” (lo diceva pure san Tommaso), e dall’altro perché mette in
guardia rispetto a una prassi ecclesiale che a partire dalla negazione
dell’eucaristia ai genitori divorziati, rischia di separare dai sacramenti e
dalla fede i loro figli, così che “perderemo anche la prossima generazione, e
forse pure quella dopo”.
Durissimo però è il fuoco di sbarramento già lanciato da
quanti si oppongono ad ogni cambiamento della disciplina ecclesiastica in
materia, che a loro parere la Chiesa stessa non avrebbe il potere di modificare;
e tra i più agguerriti difensori di tale ortodossia non ci sono solo prelati
credenti, ma anche atei devoti che, come Giuliano Ferrara, si proclamano non
credenti che vogliono vivere in un mondo di credenti, ritenuto molto più
funzionale per loro.
Anche per la pressione di questi strumentalismi esterni,
il dibattito ecclesiale rischia di polarizzarsi su posizioni radicalmente
contrapposte che non rendono onore all’oggetto del contendere, quando l’oggetto
del contendere comprende beni preziosissimi che sono cari ad ambedue le parti
in contrasto tra loro, e cioè il significato dell’eucaristia, l’accoglimento e
la retta interpretazione delle parole di Gesù, la capacità risanatrice e
salvifica della Chiesa, la misericordia e la tenerezza di Dio. C’è il rischio
che per difendere la propria tesi si rovesci il senso delle cose, che ad
esempio un dono di Dio diventi un giogo, o che una scelta fatta per amore di
Dio sia imputata a peccato, o che il primato della coscienza degeneri in
anomia.
Continua...