martedì 20 novembre 2012

Chiese vuote e cieli pieni


di Raniero La Valle

Da poco più di un mese è cominciato l’anno dedicato alla memoria del Vaticano II. Dopo cinquant’anni di una ricezione non certo impetuosa il Concilio è stato risvegliato come evento decisivo per la fede ed è oggetto di un gran numero di celebrazioni e rivisitazioni. Ma non ci sono solo gli osanna, ci sono anche le contestazioni al Concilio, aperte e sotterranee, e ci sono i disagi, le reticenze e le riserve. 
L’istituzione fondata dal vescovo Lefebvre odia il Concilio ma non ha ancora del tutto rotto con Roma perché non vuole essere una piccola Chiesa, ma vorrebbe che tutta la grande Chiesa tornasse a essere come era prima, cioè come la setta lefebvriana continua ad essere tuttora. E neanche a Roma mancano sotterranee nostalgie in questo senso.
Altre riserve nei confronti del Concilio sono espresse in modo più sfumato e sono piuttosto sintomo di un disagio per una svolta che per quanto positiva non andrebbe riproposta senza le opportune cautele e le correzioni del caso. Così ad esempio Benedetto XVI, in un articolo pubblicato sull’Osservatore Romano nel
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sabato 3 novembre 2012

L'obiezione


di Raniero La Valle
Un certo tasso di astensionismo elettorale è fisiologico: c’è sempre una piccola parte della popolazione che non sa, non può o non vuole andare a votare. Quando però l’astensionismo scende sotto il livello di guardia, e quasi scompare, e le percentuali dei votanti schizzano verso l’unanimità, vuol dire che c’è un regime a prova di bomba, di tipo plebiscitario, peronista, sovietico o bulgaro che sia. La gloria della democrazia italiana, forse perché troppo a lungo le urne erano state negate, era che l’astensionismo fisiologico c’era ma assai contenuto, e sembrava naturale che tutti i cittadini andassero a votare per concorrere a determinare, come dice la Costituzione, la politica nazionale. 
Questa volta in Sicilia (e i profeti di sventura dicono che così sarà anche nel resto del Paese) l’astensionismo ha raggiunto un picco superiore al cinquanta per cento, sicché da fisiologico è diventato patologico. Esso però non è la malattia, è il sintomo della malattia.
Non è la malattia per il semplice fatto che i non votanti non sono caduti nell’astensionismo, come si cade
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