giovedì 30 maggio 2024

 

 

IN RIGA ED IN ARMI

 

Un fantasma si aggira per l’Europa: l’esercito europeo da istituire, come se non bastassero quelli che ci sono.  Non tutti i partiti e le liste che si contendono il potere in Europa dicono esplicitamente di volerlo, ma tutti dicono di volere una politica estera e di difesa comune, il cui avvento sarebbe il coronamento dell’Unione Europea, cioè il suo pervenire a uno stato di perfezione. Di questo adempimento finale l’esercito europeo sarebbe la condizione e lo strumento. Quelli del governo e i politici di Bruxelles dicono poi di volere uno sviluppo dell’industria delle armi, di cui l’esercito europeo sarebbe il primo committente e cliente.  Il Partito Democratico e l’aggregato Sinistra-Verdi danno ad intendere che questa evoluzione verso il decisionismo europeo sarebbe una cosa di sinistra; del resto D’Alema dopo la guerra jugoslava sostenne che politica estera e difesa vanno insieme e che senza guerra una politica estera e uno Stato non esistono nemmeno.

Al contrario non si tratta di una cosa di sinistra, bensì di una politica di destra e di guerra. Essa è congeniale allo Stato moderno, come è stato inventato da Thomas Hobbes, che lo ha descritto come un Leviatano, un mostro biblico, ovvero un uomo collettivo, un lupo artificiale dai denti di ferro. Si tratta dello Stato sovrano, che non riconosce nessuno sopra di sé, che perciò per farsi giustizia non ha altro mezzo che la guerra, e si identifica con lo “ius ad bellum”, col diritto di guerra.

Nella prossima legislatura del Parlamento europeo, in cui questo nodo verrà al pettine, l’Europa si suicida o si salva.

Si suicida se vorrà inseguire e afferrare questa chimera della “difesa comune”. Prima di tutto, che cosa significa “difesa”? Oggi si chiama “difesa”, ma è un eufemismo, le è stato solo cambiato nome, sono della Difesa i ministeri che prima erano della guerra. Un’Europa che si conformi definitivamente a questo modello, non sarebbe più né una Comunità né un’Unione, ma diventerebbe un Super-Stato, come gli altri che sono sulla scena, e che non riescono a convertirsi in qualche altra cosa di più umano, sia sul piano interno che sul piano internazionale.

Ma in secondo luogo, difesa da chi? Chi ci minaccia? Si dice che si tratta della difesa dei confini esterni dell’Unione. Secondo l’attuale governo si tratterebbe di difenderli anche dall’ingresso dei migranti, ma al di fuori di questa aberrazione non è chiaro da chi l’Europa dovrebbe difendersi. Quello che oggi viene venduto come il “casus belli” più incombente, ovvero un’invasione russa che seguirebbe a quella dell’Ucraina, non è che una “fake news” non creduta nemmeno da chi la propaga; al contrario ciò che si dovrebbe fare con la Russia sarebbe di riconoscere che anch’essa è Europa ed è qui che la Russia deve ritrovare il suo posto: sarebbe questa la “grande Europa” geografica e storica, di cui parla il Papa e che era prefigurata già da de Gaulle, “dall’Atlantico agli Urali”. All’infuori di ciò non si vede da che cosa l’Europa dovrebbe difendersi, se non si pensa a un’offesa che venga dall’America, dalla Cina, o dai Paesi del BRICS, il vecchio Terzo Mondo. O forse ci vuole la guerra per propagare e difendere i famosi “valori occidentali” rispetto al “resto del mondo”?

E chi deciderebbe in materia di guerra e pace, e dei rapporti da Potenza a Potenza? Si parla con riprovazione della regola del voto all’unanimità, che viene stigmatizzato come “diritto di veto” da liquidare mediante una riforma dei Trattati. Dunque una guerra che venisse decisa da una maggioranza, sia pure qualificata di Stati, obbligherebbe tutti gli altri a combatterla? E se a fare la differenza fossero piccoli Stati, o Stati sacrificali, come è oggi l’Ucraina, e fossimo costretti alla guerra da Cipro, Malta, Lussemburgo, Lituania e simili (non San Marino, che non fa parte dell’Unione), dovremmo senza discutere “ruere ad armas”, correre alle armi? E in un’Europa distrutta che ne sarebbe della Svizzera, che non c’entra niente? Ma questa è la democrazia, dicono. Ma la democrazia non è fatta solo di obbedienze e di sì, è fatta anche di “no”, col “no” abbiamo salvato la Costituzione dalle cattive riforme, i “cattolici del no” non ci sarebbero stati, e non potremmo opporci all’avvento del premierato forte, di quelli che decidono guerra e immolazione per tutti, come alcuni di quelli che sono in giro e che vorrebbe introdurre la Premier reversibile Meloni. Che se poi tutti i 27 non fossero in riga e in armi, l’Europa,  come soggetto politico. si dissolverebbe.

Raniero La Valle

 

 

 

Tutto questo vuol do 

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lunedì 20 maggio 2024

 

APPELLO ALLA SOCIETÀ CIVILE PACIFICA

 

Da molte parti, in occasione delle elezioni europee, si fa appello alla società civile e alle sue esternazioni e iniziative di pace, in contrapposizione alle politiche dei partiti indifferenti o consenzienti alla guerra.

Ma come fa la società civile, ignorando o “snobbando” le elezioni, a lasciare che la guerra, e il sistema di guerra, restino in queste mani?

Eppure la società civile, misurandosi con la politica, cioè con i luoghi e i soggetti cui si devono le decisioni, a cominciare da quelli elettorali, ha potuto in passato influire sul corso delle cose.

Venendo dalla società civile siamo andati a Sarajevo per rompere l’assedio e ci siamo arrivati in cinquecento. Abbiamo promosso una missione parlamentare indipendente a Bagdad per scongiurare Saddam Hussein a non esporsi alla violenza della potenza militare americana, di cui avevamo fatto esperienza nella nostra ultima guerra, e magari fossimo stati ascoltati. I giovani delle università americane stracciando le cartoline precetto hanno concorso a far finire la guerra del Vietnam. Abbiamo raccolto un milione di firme in Sicilia contro i missili a Comiso, e infine sono stati rimossi non solo i Cruise ma anche i Pershing. Abbiamo contribuito, attraverso gli apporti alla Televisione di Stato, a far crescere nel Paese la coscienza della pace, e a far ripudiare come ormai obsoleta la guerra. Abbiamo lottato contro la “piccola Europa” che finiva alla cortina di ferro, sognando l’”Europa dall’Atlantico agli Urali”, amica ma autonoma degli Stati Uniti, come proposta per primo dal generale De Gaulle, e poi da molti altri leader europei, fino a Gorbaciov, Sarkozy, Medvedev e alla Russia di Putin. Abbiamo obiettato contro la nuova cortina di ferro e il Mediterraneo blindato che dividono tutto l’Occidente dal “resto del mondo”, ascoltando il grido di pace di papa Francesco; e non parliamo qui delle vittime della società civile che hanno pagato con la vita pace lavoro e democrazia, da Pio La Torre a Vittorio Bachelet, da Falcone a Borsellino, da Marco Biagi a Bologna ad Accursio Miraglia a Sciacca. E tutto ciò sempre in rapporto alle istituzioni diversamente competenti.

Oggi la società civile è chiamata a dire a Biden che non è con la “competizione strategica”, cioè con la minaccia militare più forte e più letale di tutte, che si ottiene se non il dominio almeno l’egemonia sul mondo, e che il mondo è più grande e variato e complesso di quanto lui pensi, così da non poter essere soggiogato sotto un unico potere e un unico dollaro. La società civile non può continuare a vedere senza batter ciglio gli arti perduti, i corpi mutilati, le donne gravide sventrate, le incubatrici rovesciate, i medici uccisi, le moschee e le chiese distrutte, i corpi insepolti, la popolazione braccata dell’eccidio di Gaza; non può vedere il popolo ebreo sparso nel mondo di nuovo in pericolo e ingiustamente messo sotto accusa a causa delle azioni del governo e dei soldati di Israele, non può rassegnarsi al fatto che ebrei e palestinesi si ritengano alternativi, che non possano riconciliarsi e vivere insieme in una terra oltraggiata ma da entrambi amata e non solo agli uni promessa. La società civile sa che l’Europa comprende anche la Russia, che essa non deve essere divisa da nuove più micidiali cortine, e se un’alleanza la difende un’alta ed altra politica la può pacificare ed unire. La società civile sa che la guerra mondiale a pezzi si è insediata nei pensieri e nelle armi dei potenti, ma non nel cuore dei popoli, e che se non noi, dovranno i nostri figli trovare le vie della pace e scongiurare la fine.

E allora pensiamo che la società civile abbia la forza per fare dell’Europa un soggetto politico autorevole al fine di promuovere un’altra idea del mondo e salvaguardarlo oggi e per le generazioni future; che perciò la società civile, a cominciare dalla galassia pacifista o dai monasteri contemplativi a cui scriveva La Pira nel pieno della guerra fredda,  non possa dare per perdute o vane le elezioni europee, non  possa mettersene fuori rincorrendo altrimenti i suoi ideali e possa invece esprimere un voto non inutile,  se candidati degni e avversi alla guerra si offrono in diversi modi al suffragio e c’è anche una lista di scopo che privilegia Pace, Terra e Dignità per tutte le creature. Pensiamo infine che sia questo il momento in cui i venti milioni di astenuti debbano tornare alle urne per rivalutare la democrazia rappresentativa, dopo aver visto come due premierati forti, perché inarginati da elettorati e Parlamenti, quelli cioè di Netanyau e Zelensky, abbiano trasformato la difesa in vendetta e in suicidio sacrificando i loro stessi popoli. È questo il momento in cui si deve tornare dalla propaganda al pensiero politico, e dal personalismo al primato del bene comune.  Perché anche quelli che dicono di volere la pace, non sanno come si fa, non sanno che non se ne può salvare uno alla volta, si devono salvare tutti insieme.

 

Roma, Pentecoste 2024

 

Raniero La Valle, Domenico Gallo, Agata Cancelliere, Domenico Mogavero, già vescovo di Mazara Del Vallo, Maurizio Serofilli (Comitati Dossetti per la Costituzione), Michele Santoro, Alberto Benzoni (Movimento per il Socialismo), Enrico Peyretti, Giancarla Codrignani, Anna Sabatini……….

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