da Il Manifesto di Raniero La Valle
Il papa va a Bangui ad aprire l’anno
santo della misericordia e siccome le grandi idee hanno bisogno di simboli
concreti il papa, per significare l’ingresso in questo anno di misericordia,
aprirà una porta. Ma per lo stupore di tutte le generazioni che si sono
succedute dal giubileo di Bonifacio VIII ad oggi, la porta che aprirà non sarà
la porta “santa” della basilica di san Pietro, ma la porta della cattedrale di
Bangui, il posto, ai nostri appannati occhi occidentali, più povero, più derelitto
e più pericoloso della terra.
Ma si tratta non solo di
cominciare un anno di misericordia. Che ce ne facciamo di un anno solo in cui
ritorni la pietà? Quello che il papa vuol fare, da quando ha messo piede sulla
soglia di Pietro, è di aprire un’età della misericordia, cioè di prendere atto
che un’epoca è finita e un’altra deve cominciare. Perché, come accadde dopo
l’altra guerra mondiale e la Shoà, e Hiroshima e Nagasaki, abbiamo toccato con
mano che senza misericordia il mondo non può continuare, anzi, come ha detto in
termini laici papa Francesco all’assemblea generale dell’ONU, è compromesso “il
diritto all’esistenza della stessa natura umana”. Il diritto!
Di fronte alla gravità di questo
compito, si vede tutta la futilità di quelli che dicono che, per via del
terrorismo, il papa dovrebbe rinunziare ad andare in Africa (“dove sono i
leoni” come dicevano senza curarsi di riconoscere alcun altra identità le
antiche carte geografiche europee) e addirittura dovrebbe revocare l’indizione
del giubileo, per non dare altri grattacapi al povero Alfano.
Continua...