Al
termine della campagna elettorale la cultura rivolge un appello ai candidati, alle candidate e
all’elettorato del 4 marzo, per un ritorno al pensiero nella politica e la
messa in campo di quattro grandi opzioni volte a cambiare il nostro destino.
Esse riguardano la creazione di lavoro per mano pubblica nonostante il regime
europeo, la riconduzione del capitale alla regola del bene comune, la pace come
responsabilità e compito del Consiglio di sicurezza dell’ONU e l’adozione dello
ius migrandi come diritto umano
universale. Questo il testo dell’appello:
Alle candidate e
ai candidati alle elezioni del 4 marzo
Alle elettrici e agli elettori del 4 marzo
Roma, 16 febbraio 2018
L’appassionato confronto sui valori e i dettati della
Costituzione in occasione del referendum del 4 dicembre 2016 - al quale abbiamo
contribuito sostenendo il No - ha visto partecipare un imponente numero di
elettrici e di elettori, pur con scelte difformi, a riprova che le grandi
opzioni della politica sono percepite come proprie dai cittadini quando sono
messi in grado di scegliere.
Per questo ci rivolgiamo a tutte le candidate e a
tutti i candidati di buona volontà con questo accorato e rispettoso appello.
È necessario concentrare almeno quanto resta della
campagna elettorale su alcuni obiettivi di fondo che per loro natura vanno
oltre il periodo del prossimo mandato parlamentare e oltre i confini
dell'Italia, in quanto decisivi dell’intero futuro. Su tali obiettivi non
mancano accenni e proposte nel programma di alcuni partiti, ma essi appaiono
del tutto oscurati e distorti nel dibattito pubblico rappresentato dagli
attuali mezzi di informazione che perseguono altri interessi e logiche
contingenti, onde è necessario farli venire alla luce e metterli al centro
delle prossime decisioni politiche.
1. La prima questione è quella del lavoro retribuito,
nella specifica forma della sua assenza e precarietà.
La mancanza di lavoro sta raggiungendo tali dimensioni
di massa da rendere illusori i rimedi finora proposti. La riduzione al minimo
di quella che una volta si chiamava “forza lavoro” a fronte dell’ingigantirsi
degli altri mezzi di produzione è tale da alterare tutti gli equilibri dei
rapporti economici politici e sociali.
In Italia infatti la Repubblica rischia di perdere il
suo fondamento (art. 1 Cost.) e perciò la sua stabilità e la stessa sicurezza
della sua durata; in Europa l’Unione economica e monetaria perde il primo dei
tre obiettivi fondamentali per cui è stata costituita e via via potenziata,
ossia “piena occupazione, progresso sociale e tutela e miglioramento della
qualità dell’ambiente” come prevede l’art. 3 del Trattato sull’Unione; nel
mondo il sistema economico perde l’equilibrio dialettico tra capitale e lavoro,
deprimendo fino a sopprimerlo il ruolo del fattore lavoro. La resa imposta a
uno dei due protagonisti del relativo conflitto - il lavoro - non lo risolve,
ma ne spegne la spinta propulsiva e spinge la polarizzazione delle
diseguaglianze fino agli estremi di una pari ricchezza detenuta da una decina
di uomini e da 3,6 miliardi di persone sulla terra.
Continua...