martedì 24 ottobre 2017

USCIRNE DA SOLI È MARCHIONNE, USCIRNE TUTTI INSIEME È POLITICA



Il referendum veneto
di Raniero La Valle

L’esempio del Veneto ha quasi il sapore di un ultimo avviso, ancora in tempo utile, però. Ce ne occupiamo anche perché si tratta dell’ex Veneto bianco, a cui la solidarietà e l’amore per il bene comune avrebbe dovuto rimanere nel sangue. Certo, commentare i risultare all’indomani di un referendum è “fare politica”: ma chi ha detto che “i poveri”, cioè “tutti”, non debbano fare politica? O che dicendosi “Chiesa” contraggano un’interdizione al pensiero politico, cioè debbano scegliere tra un’alienazione e una cittadinanza a pieno titolo?
Il Veneto è un ultimo avviso, perché la sera del referendum, vinto dalla tesi piuttosto elastica di una maggiore “autonomia”, la richiesta immediata (già messa in un progetto di legge regionale di un solo articolo) è stata: il Veneto lasci la condizione comune della povera Italia che arranca, si prenda i privilegi di una Regione a statuto speciale, e trattenga per le sue spese i nove decimi dei soldi destinati alla fiscalità nazionale.
Ciò è legittimo o è fuori legge? Allo stato delle cose è legittimo, perché le leggi non impediscono di perseguire il proprio solo interesse, contro quello di tutti gli altri. Non c’è una legge in un solo articolo, né regionale né nazionale, che dica: “l’egoismo è proibito”. La Costituzione sì, lo impedirebbe, e infatti la richiesta veneta si potrebbe attuare solo con una modifica costituzionale, ma non è proibito di provarci, e la Costituzione è oggi in gran parte (nella sua polpa, cioè) svuotata ed esposta a tutte le malversazioni grazie alle picconate e alle rottamazioni subite dal 1989 al 4 dicembre scorso.
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martedì 10 ottobre 2017

IL PAPA PUBBLICATO DAL MANIFESTO



La pubblicazione del libro di Bergoglio da parte del Manifesto rompe la convenzione moderna che ha messo fuori la porta il discorso su Dio. Il papa non direbbe nulla di quello che dice se non fosse motivato dalla fede, libero chi vi consente di credere o non credere. Il problema dell’Islam

Raniero La Valle  

Alle “cose mai viste” prodotte dal pontificato di Francesco si è aggiunta ora la diffusione urbi et orbi dei tre discorsi del papa ai Movimenti Popolari ad opera di una casa editrice laica (Ponte alle Grazie) e di un giornale con una tradizione militante come quella del “Manifesto”. Vi è in questa proposta editoriale un’intuizione informativa straordinaria, perché nel mare di scritti e discorsi di papa Francesco estrarre e mettere insieme quei tre discorsi significa aver colto l’evento nell’evento, ovvero il senso complessivo del suo ministero: perché in quei discorsi non ci sono solo terra casa e lavoro, c’è la sua visione del mondo, struttura e sovrastruttura.
Ma dove sta la notizia? La notizia non sta nel fatto che ”il Manifesto” sia d’accordo col papa nel riconoscere i poveri (o, come direbbe il giornale, le classi povere) non solo come vittime dell’ingiustizia, ma come soggetti che lottano contro l’ingiustizia, né sta nel fatto che condivida l’analisi sull’alienazione del denaro (che il papa chiama idolatria) e sull’economia che uccide. È logico che sia così.
La  notizia sta nel fatto che la modernità, nelle sue espressioni più mature, non ha più bisogno di esibire come suo punto d’onore quel certo patriottismo laico che le imponeva di prendere le distanze, pur col dovuto rispetto, da tutto ciò che sapesse di religione e di chiese. Ricordo un libro a più mani, per una campagna elettorale romana, in cui ad autorevoli esponenti della sinistra fu chiesto un articolo in cui ciascuno esprimesse le sue speranze e il suo progetto per il futuro di Roma. E uno scrisse una sola riga: “vorrei una Roma senza papa”.
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martedì 3 ottobre 2017

La Chiesa riparata



Quando c'erano i bombardamenti sul Vietnam, una bomba scoppiò anche nel cortile dell'arcivescovado di Bologna. Oggi quella bomba è stata ripresa al laccio e scagliata lontano, fuori della Chiesa, a Bologna. Francesco continua a riparare la Chiesa di Gesù Cristo. Con quale storia alle spalle? 
Era il 1967 e da molte parti del mondo cristiano saliva a Paolo VI la richiesta che la Santa Sede condannasse i bombardamenti americani sul Vietnam del Nord. Il giornale cattolico di Bologna sosteneva indefessamente, contro le bombe, il negoziato. Ma Paolo VI pensava che la Chiesa dovesse restare neutrale tra Stati Uniti e Vietcong, e non condannò i bombardamenti e la guerra americana. Allora nella giornata della pace del 1 gennaio 1968 l'arcivescovo di Bologna Giacomo Lercaro proclamò solennemente in cattedrale, riprendendo un tema di Dossetti, che "la via della Chiesa non è la neutralità, ma la profezia". Non glielo perdonarono, del resto avevano un conto aperto con lui, perché era stato lui il promotore e la guida della riforma liturgica del Concilio, e se ormai nella Chiesa la Parola si poteva annunciare in lingue vive, e non nascosta nel sudario del latino, si doveva a lui. Sicché il cardinale Lercaro fu rimosso (il giornale già era stato chiuso) e cominciò così la grande lacerazione della Chiesa, non solo di Bologna, dopo il Concilio. Qualche mese dopo, ricevendo finalmente il deposto arcivescovo, al suo racconto dei fatti Paolo VI si mostrò contrariato, e gli disse: "cosa devo fare, devo rimetterla in sede?". Di certo non si trattava di questo; Lercaro senza protestare aveva obbedito, si era ritirato nella sua casa dove ogni mattina, per i ragazzi che egli ospitava per mantenerli all'università, celebrava la Messa su un altare dove era scritto: "se condividiamo il pane celeste, come non condivideremo il pane terreno?".
Domenica 1 ottobre papa Francesco lo ha simbolicamente rimesso in sede, sulla cattedra bolognese, citandolo e ripetendo davanti a San Domenico, all'università, agli studenti, alla città, la sentenza incriminata: "
la via della Chiesa (per sbaglio ha detto "la vita") non è la neutralità ma la profezia". Ormai nemmeno in nome della neutralità una bomba, una violenza, una guerra, può essere scatenata con il beneplacito della Chiesa. E un esercito che lo faccia non può avere per patrono papa Giovanni XXIII.

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