Il referendum veneto
di Raniero La Valle
L’esempio del Veneto ha quasi il
sapore di un ultimo avviso, ancora in tempo utile, però. Ce ne occupiamo anche
perché si tratta dell’ex Veneto bianco, a cui la solidarietà e l’amore per il
bene comune avrebbe dovuto rimanere nel sangue. Certo, commentare i risultare
all’indomani di un referendum è “fare politica”: ma chi ha detto che “i poveri”,
cioè “tutti”, non debbano fare politica? O che dicendosi “Chiesa” contraggano
un’interdizione al pensiero politico, cioè debbano scegliere tra un’alienazione
e una cittadinanza a pieno titolo?
Il Veneto è un ultimo avviso,
perché la sera del referendum, vinto dalla tesi piuttosto elastica di una
maggiore “autonomia”, la richiesta immediata (già messa in un progetto di legge
regionale di un solo articolo) è stata: il Veneto lasci la condizione comune
della povera Italia che arranca, si prenda i privilegi di una Regione a statuto
speciale, e trattenga per le sue spese i nove decimi dei soldi destinati alla
fiscalità nazionale.
Ciò è legittimo o è fuori legge?
Allo stato delle cose è legittimo, perché le leggi non impediscono di
perseguire il proprio solo interesse, contro quello di tutti gli altri. Non c’è
una legge in un solo articolo, né regionale né nazionale, che dica: “l’egoismo
è proibito”. La Costituzione sì, lo impedirebbe, e infatti la richiesta veneta
si potrebbe attuare solo con una modifica costituzionale, ma non è proibito di
provarci, e la Costituzione è oggi in gran parte (nella sua polpa, cioè)
svuotata ed esposta a tutte le malversazioni grazie alle picconate e alle
rottamazioni subite dal 1989 al 4 dicembre scorso.
Continua...