giovedì 31 dicembre 2020

 IL CENSIMENTO

 

Al sopraggiungere di quest’anno 2021, quando Biden, Dio sa come, è presidente degli Stati Uniti, Conte è fortunosamente presidente del Consiglio in Italia, Johnson è il disastroso premier del Regno Unito e Angela Merkel, la donna tra i potenti che piange sui morti, è  cancelliera della Germania federale,  si deve fare un censimento di tutta la Terra, per dare a tutti il vaccino che li salvi dalla pandemia. È come il censimento che, secondo il racconto di Luca, Cesare Augusto ordinò  che si facesse in tutto l’Impero,  quando Quirino era governatore della Siria e nacque Gesù. Ma c’è una differenza. Quello di Augusto fu fatto per discriminare i cittadini non romani rispetto ai romani, mentre questo deve includere tutti. In quel tempo si pagava caro non essere cittadini romani: per esempio a Gesù costò essere giustiziato mediante la croce, supplizio a cui erano sottratti i Romani perché considerato troppo infamante per loro; a Paolo invece essere civis romanus fruttò potersi appellare a Cesare ed essere tradotto a Roma per esservi giudicato, anche se poi quella non apparve una così grande garanzia, se a Roma egli fu tenuto prigioniero e ucciso alla prima persecuzione utile.

 Il fatto è che c’è censimento e censimento; a David fu rimproverato il suo perché era fatto  solo per sapere di quanti uomini armati egli disponesse per la guerra, la Schindler list servì a salvare quanti più Ebrei dai lager, le liste anagrafiche sono usate spesso per escludere i poveri e  negare il permesso agli stranieri, le mailing list rubate sul web servono ad ammassare consumatori. 

Il censimento da fare oggi è invece sacrosanto, per la prima volta si deve fare in tutta la Terra per raggiungere tutti gli uomini e le donne di cui è preziosa la vita minacciata dal virus. Poveri e ricchi, come ha detto il papa, che il mercato sia d’accordo o no. Questo è stato il messaggio di Natale: Gesù, è ‘nato per noi’: un noi senza confini, senza privilegi né esclusioni”. Contro il virus dell’individualismo, ha detto il papa, vaccini per tutti. “Non posso mettere me stesso prima degli altri, mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità. Chiedo a tutti: ai responsabili degli Stati, alle imprese, agli organismi internazionali, di promuovere la cooperazione e non la concorrenza, e di cercare una soluzione per tutti: vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del Pianeta. Al primo posto, i più vulnerabili e bisognosi!”

Mai c’è stato, in tutto il messaggio natalizio, una distinzione tra chi fosse cristiano e chi cristiano non è, mai un minimo indizio che il papa pensasse ai “suoi”, o almeno ai credenti, e non a tutti. Queste “luci di speranza”, come egli ha chiamato i vaccini, “devono stare a disposizione di tutti”. Ormai il papa, che è conosciuto come il capo di una “cristianità”, sa di non essere mandato a una parte, a una selezione, a una Chiesa, sa che la sua udienza è per tutti, anche quando in piazza san Pietro o nell’Aula delle Benedizioni non c’è nessuno, in odio al contagio; ma sa anche perché, sa perché  l’udienza deserta diventa comunione universale. La ragione è antica, ma  la sua presentazione è nuova, mai si è predicato così, questa è la riforma della Chiesa e anzi delle religioni: è che il Padre ha reso tutti  fratelli, tutti figli nel Figlio:  grazie a questo Bambino, tutti possiamo chiamarci ed essere realmente fratelli: di ogni continente, di qualsiasi lingua e cultura, con le nostre identità e diversità, eppure tutti fratelli e sorelle”; ma, ha aggiunto il papa, deve essere  “una fraternità basata sull’amore reale, capace di incontrare l’altro diverso da me, di con-patire le sue sofferenze, di avvicinarsi e prendersene cura anche se non è della mia famiglia, della mia etnia, della mia religione; è diverso da me ma è mio fratello, è mia sorella. E questo vale anche nei rapporti tra i popoli e le nazioni: fratelli tutti!”. Anche se non è della mia religione. E se la fraternità non arriva a tutti, perché si ferma sulla porta di Caino, occorre andare oltre e riconoscere l’altro come prossimo, e qui non ci sono più frontiere perché il prossimo, come lo identifica Isaia e poi il Samaritano fino all’enciclica  “Fratelli tutti”, è colui che è “della mia stessa carne”: “una caro”, come tra l’uomo e la donna. L’unità umana, voluta dal Padre, scende dalle alture spiritualistiche, si fa nella carne.  

Perciò il vaccino deve essere per tutti: ma può esserlo solo come un bene comune, come l’aria, l’acqua, il sole, non una merce che produrrebbe ricchezze sconfinate a pochi, e lascerebbe fuori milioni di censiti in tutta la Terra. Il papa ha osato dirlo, attentando al principio supremo del profitto, e subito il  Corriere della Sera col suo Ernesto Galli della Loggia ha superato ogni remora, ha decretato che la Chiesa è finita, col suo  Francesco non andrà lontano, non ha più ragione di esistere.

Per contro proprio a questo dovrebbe provvedere una Costituzione della Terra che riconosca il diritto universale alla salute e lo munisca di garanzie e di istituzioni operative efficaci. Se ci fosse voluta ancora una prova per dimostrare quanto questo nuovo passo della civiltà e del diritto sia necessario ed urgente, la pandemia l’ha fornita. Ma intanto, mancando ancora tali istituzioni, la fornitura dei vaccini a tutti deve avvenire per decisione unanime degli attuali poteri economici e politici. Lo faranno?

Anche se questo accadrà, quando l’ultimo vaccino sarà stato portato dall’esercito, resteranno da raggiungere le persone reali, non un corpo che scompare dal video, non un viso travisato da una maschera, non un distanziato sociale, ma un volto da riconoscere, da carezzare, da amare.

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lunedì 21 dicembre 2020

 

ALLARME PARLAMENTO

 

Mentre siamo tutti immersi in questo tempo di Natale nel dolore personale e collettivo della pandemia a cui giustamente sono rivolte  tutte le attenzioni e discussioni,  non possiamo passare sotto silenzio una notizia che sembra gravida di cattivi presagi e pericoli per il futuro. Si tratta del pericolo che corrono le nostre istituzioni è in modo specifico il Parlamento. Per due giorni di seguito al Senato abbiamo assistito a un ricorso alla violenza fisica per impedire che esso adempisse al suo compito e che il governo mettesse la fiducia sul decreto legge che modificava  (senza peraltro ahimé abrogare) i decreti Salvini contro i migranti.

La nostra esperienza ci rende molto avvertiti nel riconoscere i segni e cogliere i sintomi  del fascismo, e sappiamo che la manifestazione più chiara e minacciosa della sua identità sta nella volontà di  impedire con la violenza l'attività parlamentare e distruggere lo stesso Parlamento. Purtroppo in Italia il Parlamento è da tempo sotto schiaffo per una serie ripetuta di azioni demolitrici  e infamanti nei suoi confronti: dall'attacco ai parlamentari bollati come casta, alla diffamazione del reddito  del loro lavoro, qualificato come furto  e se differito dopo il mandato dileggiato  come “malloppo”,  dalla proposizione di referendum  devastanti e addirittura distruttivi del Senato, per fortuna falliti. a quella di un referendum  (questo purtroppo riuscito) volto a dimezzare il numero dei parlamentari, forse  come prima fase di una desiderata integrale bonifica soppressiva.

In seguito all'esito di quest'ultimo referendum la rappresentanza parlamentare in carica,  vittima apparentemente di pulsioni suicide,  si è affrettata a varare la nuova configurazione dei collegi elettorali per rendere immediatamente possibili le elezioni senza però modificare la legge elettorale rimasta seccamente maggioritaria e tale da snaturare ancora di più e svilire la rappresentanza. Falcidia dei parlamentari, nuove circoscrizioni elettorali e legge maggioritaria formano infatti  un composto destinato a produrre con alta probabilità una maggioranza assoluta delle forze anti parlamentari anti europee e sovraniste della destra. Gli eventi di questi giorni in Senato hanno per l’appunto mostrato la presenza nell'opposizione parlamentare di larghe frange fasciste, giunte a compiere azioni squadristiche all'interno dell' emiciclo parlamentare e capaci di egemonizzare e farsi seguire da altre forze dell'opposizione che fasciste non sono. Ciò può avvenire anche nel futuro Parlamento.

È  dunque necessario riconoscere uno stato di allarme e di pericolo per il Parlamento e  la nostra democrazia rappresentativa. Sarebbe paradossale che nel momento in cui si cerca di promuovere una Costituzione e una regola democratica per la convivenza mondiale  perdessimo la democrazia e il Parlamento in Italia.

Ma non possiamo fermarci qui. Quello che è accaduto e di cui la pandemia è stata l'elemento catalizzatore e rivelatore è che la povertà  e l’incultura della destra all’opposizione e di gran parte delle  stesse forze di maggioranza hanno fatto sì che esse anziché fare della crisi sanitaria e globale l'occasione di un profondo rinnovamento come da tutti auspicato se non addirittura previsto,  abbiano invece agito con grettezza gettando tutto nel crogiuolo della competizione per il consenso ed il potere. È evidente che questa grave situazione non può restare senza risposta da parte di chi intende salvaguardare la democrazia e le istituzioni per metterle al servizio di grandi progetti e ideali di vita associata non solo per il nostro Paese ma per l'intera comunità mondiale. A questo fine sono certo utilissime le iniziative che stanno fiorendo da varie parti per elaborare progetti e indicare percorsi di rinnovamento politico, ecologico ed economico-sociale. Tuttavia in molti di questi tentativi si può vedere un limite che consiste nella sottovalutazione del problema di chi detiene il potere e in una snobistica presa di distanza  da un coinvolgimento nelle alternative durissime in gioco nelle prossime scadenze elettorali.  Eppure è proprio lì che la democrazia si conserva o cade.

Non a caso la più vistosa espressione dell’attacco della destra al  Parlamento si è avuta in occasione del voto per la riforma dei decreti Salvini. Hanno avuto buon gioco i leghisti nell'accusare i 5 stelle di avere anch'essi a suo tempo votato quei decreti.  Ma appunto si trattava di una lesione gravissima dei principi democratici di cui è legittimo e altamente meritorio ravvedersi. La questione del rapporto con la tragedia dei migranti è diventata in effetti la cartina di tornasole della qualità di uno Stato di diritto e di una comunità nazionale democratica.  Né si deve pensare che la prova sia superata nel momento in cui i migranti vengono soccorsi raccolti dalle acque e fatti sbarcare. La vera espressione di uno Stato democratico e di una comunità accogliente sta nel modo in cui i nuovi arrivati vengono ricevuti, provvisti di un tetto, immessi nel lavoro e integrati in una convivenza accettabile. Questo è ben lontano dell'avvenire. E perché la questione dei migranti non resti  confinata nelle statistiche che  ignorano le persone reali, è bene leggere alcune brevi biografie di ordinario sfruttamento  di lavoratori stranieri inseriti nel sistema dei lavori agricoli e vittime di caporali e di mafie, tratte da una inchiesta coordinata da Francesco Carchedi per il sindacato Flai-CGI. Si possono trovare sul sito www.costituenteterra.it e sul sito  www.chiesadituttichiesadeipoveri.it ,  che hanno cominciato a pubblicarle a partire dalle storie raccolte in interviste sul campo nel civilissimo Veneto.

 

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venerdì 4 dicembre 2020

 

RITORNO ALL’UMANO

C’è una buona notizia che può diventare il preannunzio di un mondo diverso, umano. La seconda cosa che farà il presidente Biden una volta insediato alla Casa Bianca, sarà di bloccare la costruzione del muro al confine col Messico e mettere fine al "travel ban" (divieto di ingresso) da alcuni Paesi musulmani negli Stati Uniti, voluto dalla presidenza inumana di Donald Trump.

Ci sarà anche il blocco dei rimpatri forzati per almeno cento giorni e l'istituzione di una task force per riunire le famiglie di immigrati. Insieme al segretario per l'Homeland Security Alejandro Mayorkas, il primo ispanico a ricoprire quel ruolo, Biden invierà poi al Congresso una legge che indichi un percorso di cittadinanza  per 11 milioni di immigrati irregolari e un provvedimento per rafforzare il programma per i Dreamer (migranti entrati negli Stati Uniti illegalmente quando erano bambini).

La prima cosa invece che Biden farà (sta già facendo) è la lotta contro la pandemia di coronavirus, mediante l’abbandono delle mendaci politiche negazioniste e un attivo intervento di prevenzione e di cura.

La buona notizia consiste soprattutto nel fatto che la seconda cosa viene insieme alla prima. Essa dice che non si può combattere e vincere la malattia pandemica che colpisce indiscriminatamente tutta l’umanità, se nello stesso tempo non si combatte e non si ripudia la politica che discrimina respinge e distrugge volutamente una gran parte di questa stessa umanità nel momento della sua massima debolezza, che è quello della migrazione, della fuga, dello sradicamento, ma è anche l’inverosimile momento della speranza, nonostante tutto, in una futura vita migliore. 

Lotta alla pandemia e lotta alla negazione dei diritti, al rifiuto dell’accoglienza e dell’asilo sono una cosa sola, l’una non riesce senza l’altra, perché il mondo è uno. Se cade sui confini del Messico un muro più vergognoso del muro di Berlino, non può che seguirne lo stesso esito che ebbe la rimozione , sacrosanta,  del muro in Europa: come allora ne seguì inevitabilmente la riunificazione della Germania, così oggi al blocco della costruzione del muro tra il Nord e il Sud dell’America deve seguire la riunificazione del mondo, cioè il riconoscimento del fatto  (almeno alla speculazione finanziaria già noto) che l’umanità è una, uno solo è il soggetto multilingue innumerevole e meraviglioso che abita la Terra. E perciò il ritorno dell’America a pratiche di umanità e di mitezza (papa Francesco non ha predicato invano) può voler dire un cambio di passo: non solo quel muro deve cadere, ma tutti i  muri che frantumano il mondo e che sono il vero distanziamento sociale che lo porta alla crisi e alla fine.

Questo vuol dire allora che adesso i primi chiamati ad abbattere i loro muri di apartheid, di frontiere e porti chiusi e di sfruttamento in patria della manodopera straniera sans papier e senza diritti, sono  i Paesi europei che hanno adottato politiche di esclusione e di persecuzione, illudendosi  di chiudersi nella loro isola di felicità. Mentre l’Europa dimostra una nuova sensibilità nel rispondere alla crisi del Covid 19, il vero MES, la vera questione aperta, è che, al di là dell’emergenza attuale, l’Europa accetti l’unità col mondo, l’unità con l’altro, con i fuggiaschi e con i poveri, l’unità che consiste nell’essere tutti prossimo l’uno all’altro. E che nell’unità stabilisca un nuovo patto con la Turchia e con Israele; perché anche per loro non ci siano più popoli negati, armeni, siriani, palestinesi che siano, che anche quei muri siano rimossi, eretti perfino nella città del Natale.  Comincerebbe da qui il mondo nuovo, il mondo governato da una  Costituzione della Terra, nostro progetto e speranza. 

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