domenica 27 aprile 2014

Due papi santi


di Raniero La Valle 
  
C’è un arco che con un salto di cinquant’anni unisce Giovanni XXIII e papa Francesco, e quest’arco poggia su due pilastri. Il primo è quello dell’11 settembre 1962 quando papa Giovanni, un mese prima dell’inizio del Concilio da lui convocato, ne definiva la ragione ed il fine, dicendo che “in faccia ai paesi sottosviluppati” la Chiesa si presentava “come la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri”. Il secondo pilastro è quello del 13 marzo 2013 quando al papa Bergoglio appena eletto l’amico brasiliano cardinale Hummes disse nella Sistina di “ricordarsi dei poveri”, e lui scelse il nome di Francesco. Dunque Giovanni annuncia a una cattolicità chiusa in se stessa una Chiesa di tutti e soprattutto dei poveri, Francesco la realizza in nome di un Dio tutto perdono e misericordia.
Sotto quest’arco si è disteso il deserto di una rimozione del Concilio, e attraverso di esso è passata la Chiesa di Giovanni Paolo II. È una Chiesa che soprattutto ha cercato di rafforzare le sue schiere, di debellare i suoi nemici, di celebrare i suoi trionfi, una Chiesa che papa Wojtyla ha guidato verso una restaurazione delle glorie antiche di una cristianità signora dell’Europa e anima dell’Occidente: restaurazione che non è riuscita. Ciò è avvenuto per molte ragioni. La prima è che il papa polacco ha creduto che per restaurare la Chiesa bastasse restaurare il papato, portandolo al massimo della visibilità consentita dai tempi; la seconda è che da quel deserto, senza la fede ripensata e rinnovata dal Concilio, non c’era come uscire; la terza è che papa Wojtyla ha creduto che la crisi della religione in Occidente fosse il frutto avvelenato dell’ateismo comunista, e che sconfitto quello il mondo non sarebbe caduto nell’edonismo della società dominata dal denaro, ma sarebbe stato “sollecito delle cose sociali”; e la quarta è stata che quando egli ha voluto fare il papa non come piaceva alle grandi masse guidate dai “media”, ma come contro ogni convenienza gli imponeva il Vangelo, e ha rotto la solidarietà con l’America opponendosi risolutamente alla guerra contro l’Iraq, l’Occidente lo ha oscurato e lo ha depennato come leader, confinandolo nel mito devozionale della sua santità privata.  
È con questa storia alle spalle che le due canonizzazioni, di papa Giovanni e papa Wojtyla arrivano per una casuale coincidenza alla contemporanea proclamazione di oggi. Esse sembrano compensarsi, eppure sono assai diverse tra loro. Nel caso di Giovanni Paolo II quando la folla dei fedeli, emozionata per la sua morte, diceva “Santo subito”, pensava alla sua santità personale, al modo in cui aveva reagito all’attentato, alla popolarità che si era guadagnata, alla sofferenza della sua malattia. Nel caso di Giovanni XXIII quando fu presentata la proposta che fosse il Concilio a proclamare la sua santità, senza processo canonico e il corredo di appositi miracoli, l’idea era che venisse esaltata proprio la santità del modo in cui Roncalli aveva esercitato il ministero petrino, aveva interpretato il suo ruolo di papa.
Continua...

martedì 8 aprile 2014

Le riforme del secolo: ma di quale secolo?

      L’IRRESISTIBILE ATTRAZIONE DEL VECCHIO 
      Quale Senato a palazzo Madama
       di Raniero La Valle 

Nella nuova modalità della politica fatta a passo di corsa, e forse proprio perché non ci si può stare troppo a pensare, c’è il rischio di trasformare la discussione sui fatti in una discussione sulle parole. Per esempio le parole “svolta autoritaria”, usate dai critici delle riforme, possono essere ammesse per descrivere il fatto che mezzo Parlamento è abolito, e l’altro mezzo è eletto a suffragio ristretto, sicché quasi mezzo Paese, per trucchi, premi e sbarramenti, non può avervi rappresentanza? No, sostiene il giovane governo, non sono cose da dirsi, e le respinge al mittente con l’argomento di non aver giurato sulla Costituzione dei professoroni, anche se ha giurato sulla Costituzione fatta dai professorini.
Lasciamo stare dunque le parole, e stiamo ai fatti. I fatti sono le innovazioni istituzionali, intraprese con vitale ardore. Si direbbe: per andare avanti. E tutti plaudono per questo.  Ma è con grande stupore che si vede come queste riforme giovanili sono tutte vecchie, si gloriano di essere quelle stesse riforme già proposte trent’anni fa e finora abortite, e quando non hanno precedenti così prossimi affondano le loro radici ancora più lontano nel tempo.
Si prenda ad esempio la proposta di rafforzare i poteri del primo ministro, di rendere la Camera più servizievole rispetto alle esigenze operative del governo. Ma questa è una cosa che si sta facendo da Craxi in poi, che ha perseguito per vent’anni Berlusconi, che si è attuata attraverso drastiche forzature dei regolamenti parlamentari, fino ai tempi contingentati, ai dibattiti con ghigliottina, ai calendari parlamentari che sembrano un orario ferroviario, con la data e l’ora precisa fissata per l’entrata e l’uscita delle leggi. Il problema sarebbe invece quello di inventare nuove procedure non autoritarie di cooperazione tra Camera e governo, in cui la fiducia non sia posta per stroncare il Parlamento, ma per renderne più rigoroso e sobrio l’apporto a vantaggio della legislazione e dell’esecutivo.

La legge elettorale è vecchia di novant’anni

Si prenda la legge elettorale. Qui il ritorno è al 1924, alla legge Acerbo che dava i due terzi dei seggi (furono 355) al listone fascista vincente.
Continua...

venerdì 4 aprile 2014

Raniero La Valle e altri su Marianella parlamentare martire

Mercoledì 2 Aprile 2014 ore 17:00Mostra linkPRESENTAZIONE LIBRO - Marianella Garcìa Villas
Presso la Sala Aldo Moro di Palazzo Montecitorio, si è svolta la presentazione del libro “Marianella Garcìa Villas – Avvocata dei poveri, difensore degli oppressi, voce dei perseguitati e degli scomparsi”, di Anselmo Palini, prefazione di Raniero La Valle, postfazione di Linda Bimbi, editrice Ave. Si tratta di una riflessione sulla battaglia per i diritti umani in El Salvador, attraverso le vicende di Marianella Garcìa Villas, uccisa a 34 anni.
Saluto di apertura di Marina Sereni, Vicepresidente della Camera. Sono intervenuti Massimo De Giuseppe, ricercatore di Storia contemporanea Iulm Milano, Raniero La Valle, scrittore e giornalista, già senatore, Linda Bimbi, Fondazione Lelio e Lisli Basso, Marina Berlinghieri, Commissione Esteri Camera. Presente all'evento l’autore. Moderatrice Cecilia Rinaldini, giornalista Rai.
Per il video della presentazione:    http://webtv.camera.it/evento/6007
Continua...