domenica 15 novembre 2020

 L’ENIGMA? I POVERI

 

Il sito  “ChiesadituttiChiesadeipoveri” ha pubblicato una recensione critica, per quanto assai gentile, di Vittorio Bellavite, coordinatore di “Noi siamo Chiesa”, a un libro di Massimo Franco che dà per consumata nell’insuccesso la cosiddetta “parabola” del pontificato di Bergoglio.

Come nota la recensione, più che di un libro, di cui si riconosce peraltro la ricca informazione, si tratta di un’operazione editoriale e culturale di grande portata che il “Corriere della Sera”, giornale a cui Massimo Franco appartiene, ha compiuto distribuendo il libro insieme al quotidiano nelle edicole e cercando di far passare nel pubblico l’idea inquietante di un “enigma Bergoglio”, come ai tempi  di papa Giovanni XXIII si parlò, ma con ben diversa intenzione, di un “mistero Roncalli”.

Il nostro riferimento a papa Roncalli  non è casuale, perché anche nei confronti di quel papa il “Corriere della Sera” si produsse in un’azione demolitoria, che quella volta fu affidata a un altro giornalista di rango, Indro Montanelli, che si prestò a dar voce alle posizioni antigiovannee della Curia di allora, anche se poi scrisse di essersene pentito.

Resta da chiedersi che cosa ci sia di così grave, nell’uno e nell’altro, il Roncalli della “Pacem in Terris” e il Bergoglio della “Fratelli tutti”, per cui un giornale “moderato” (inteso come virtù) e generalmente conosciuto come fautore di legge e ordine, attacchi, fino a desiderarne la caduta, due papi così popolari per la loro bontà e mitezza. Non deve trattarsi di un allarme suscitato dalla loro insistenza sulla Trinità, rimessa al centro del messaggio cristiano, perché è improbabile che osservatori esterni che non entrano nella logica di ciò che giudicano, colgano la portata rivoluzionaria di una fede inclusiva che ricapitola  tutto nella misericordia del Padre. E allora perché?

La domanda potrebbe essere trasferita dal giornale alla borghesia, lombarda o padana, che esso rappresenta o pensa di interpretare. Che è come chiedersi perché ce l’hanno con papi come Roncalli e Bergoglio quel genere di personaggi che un mitico polemista dell’”Unità”, Fortebraccio, chiamava “Lorsignori”, o quei prepotenti tanto numerosi da non poterli chiamare per nome, che a Milano discendono in linea retta da quell’ Innominato, non ancora convertito, raccontato dal Manzoni.

Che cosa hanno in comune di sgradevole,  per questi signori, questi due papi (e solo loro, gli altri “santi subito!”)?  Quello che hanno in comune è che sono dalla parte dei poveri. Papa Giovanni aprì il Concilio dicendo di volere una “Chiesa di tutti e soprattutto dei poveri”: e ha ragione di ricordarlo il sito che proprio da questo ha preso il suo nome. E Francesco ha aperto il suo pontificato dicendo: “Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”. Non la vuole affatto invece quella piccola borghesia minuta, formalista, credente della domenica, sparsa un po' ovunque in Italia, che si sente anch'essa minacciata nelle sue piuttosto recenti conquiste economiche e sociali dai poveri, soprattutto dai poveri non italiani.

La conferma, che di questo si tratta, viene da un altro giornale  che su papa Francesco ha un diverso atteggiamento, “La Repubblica”, che ieri, sabato 14 novembre, riferendo di un sondaggio di Demos secondo il quale tra il 2016 e il 2018 la popolarità di Francesco sarebbe leggermente diminuita, dall’82 al 72 per cento, ne attribuisce la causa al sostegno dichiarato e ripetuto di Francesco a favore dei “poveri del mondo”, in particolare gli  immigrati che  varcano i nostri confini.

Dunque questa è la soluzione dell’ “enigma”: papa Francesco, come già papa Giovanni, non piace alla borghesia perché. a dover scegliere, essi scelgono la parte dei poveri.

15 novembre 2020

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