Pubblichiamo il testo della relazione tenuta il 7 giugno scorso da
Raniero La Valle a Borgomanero, a conclusione del “Festival della dignità
umana” tenutosi sotto la direzione di Giannino Piana.
Nelle
sue tesi di filosofia della storia Walter Benjamin[1]
racconta di un fantoccio che giocava a scacchi, che era la filosofia, e c’era
un nano piccolo e brutto che era nascosto sotto il tavolo e che con dei fili
gli muoveva la mano, e questo nano era la teologia. Era dunque la teologia a
guidare il gioco; la filosofia – che in questo caso era il materialismo storico
– la prendeva al suo servizio e così poteva vincere.
Questa
tesi del nesso tra teologia e filosofia, dov’è la teologia a guidare il gioco senza
peraltro che debba nascondersi, è una tesi classica della Chiesa cattolica;
l’ex papa Ratzinger è tornato più volte sul rapporto tra fede e ragione, dove a
prevalere deve essere la fede; la
fede infatti reca la verità, e la ragione è legittimata ad esercitarsi nei
limiti in cui le è consentito dalla verità, o da quella che si afferma essere
la verità.
Ma
Dio non ha messo la camicia alla ragione, l’ha donata all’uomo perché ne faccia
buon uso, e tuttavia non è un dono condizionato al retto uso. Tutta la modernità
si è fondata sul principio dell’autonomia della ragione; la filosofia, la
scienza, l’astronomia, l’anatomia, la biologia, la ricerca sono libere.
Dunque
secondo l’uomo della modernità la filosofia può cavarsela da sola.
Dove
invece il nesso è indissolubile, a mio parere, è tra la teologia e
l’antropologia, ovvero tra la fede e la comprensione dell’uomo.
La
domanda sull’uomo è una domanda teologica. Chi sono io? La domanda divenuta
celebre da quando papa Francesco l’ha applicata a se stesso (“Chi sono io per
giudicare i gay?”), è una domanda rivolta a Dio. Non a caso “chi è l’uomo?” è
la prima domanda che l’uomo rivolge a Dio. La Bibbia è piena di domande che Dio
rivolge all’uomo, a partire dalla prima: “Adamo, dove sei? Uomo dove sei?”. Ma
quando è l’uomo a domandare, la prima domanda è: “chi è l’uomo?”. Dice il Salmo
8: “chi è l’uomo perché te ne ricordi, e il figlio dell’uomo perché te ne
curi?”.
E
c’è pure la risposta:
“eppure l’hai fatto poco meno
degli angeli
di gloria e d’onore lo hai coronato
gli hai dato potere sulle opere
delle tue mani
tutto hai posto sotto i suoi
piedi” (Salmo 8, 5-7).
La
domanda sull’uomo è una domanda teologica perché tra Dio e l’uomo intercorre un
rapporto di immagine e somiglianza, come sta scritto nella prima pagina della
Bibbia. Naturalmente ci si può non credere e non tenerne conto. Ma se si
ammette questo è chiaro che non si può raggiungere il nucleo dell’identità
dell’uomo se non si sa nulla di Dio, e d’altra parte non si può conoscere Dio
se non a partire dall’uomo, anzi dalla carne dell’uomo, come dice il grande
teologo di Bisanzio, Nicola Cabasilas.
Ed
è allora qui, in questo nucleo, che si trova la dignità della donna e
dell’uomo. La più profonda identità dell’uomo è la sua dignità, e la dignità
dell’uomo è la sua divinità: l’immagine del divino nell’uomo è la sua
dignità. Divinitas e dignitas, dignus e divinus vanno insieme.
Ma
in che consiste questo nucleo del divino nell’uomo, in che consiste l’immagine
di Dio nell’uomo?
Secondo
la tradizione più diffusa l’immagine di Dio nell’uomo consisterebbe nella
ragione.
Però
c’è tutto un filone che parte da Bernardo di Chiaravalle (XII secolo), che
continua nella teologia monastica e che giunge fino a noi, che individua
l’impronta di Dio nell’uomo nella libertà. Ciò per cui l’uomo è fatto a
immagine di Dio non è la ragione, ma è la libertà.
La libertà è il divino
nell’uomo
Secondo Bernardo questa libertà
dell’uomo in cui è impressa l’immagine di Dio, è una libertà originaria, di
natura, congenita, è – dice Bernardo – “qualcosa di divino che rifulge
nell’anima come la gemma nell’oro”. E’ una libertà di natura che è preliminare
alla libertà della grazia e non si perde neanche per il peccato, né essa è
maggiore nel giusto che nel peccatore, non è maggiore in Gandhi che in Hitler.
E’
la libertà della decisione: il libero arbitrio, e questa è appunto la dignità
umana, di cui stiamo celebrando il festival.
Continua...