di Raniero La Valle
(Questo articolo è uscito sul Fatto Quotidiano del 28 agosto con il titolo: “La Carta: l’anima politica della società”).
Mi associo alla richiesta del
"Fatto" che siano sostenute solo riforme che rispettino lo spirito
dei Costituenti per una vera democrazia partecipata. A tal fine è supremo interesse della
Repubblica che il processo di revisione costituzionale sia interrotto e che il
pericolo che esso comporta per la democrazia sia allontanato.
La Costituzione non è una legge come tutte le
altre, è
l'anima della società
politica, se decade è a
rischio la vita della Nazione. La Costituzione gode oggi in Italia della
massima autorità, non
solo per quello che vi è
scritto, che molti non conoscono, ma per l'altissima dignità della sua origine, la fama
morale dei costituenti, l'autorevolezza dell'assemblea che la redasse, il
prestigio del capo dello Stato che la promulgò, la salvezza che per 65 anni ha assicurato al Paese,
la tranquilla fermezza con cui i cittadini l'hanno finora difesa anche in sede
elettorale. Essa è oggi
l'unica norma che tiene nel generale discredito delle istituzioni e delle
leggi.
Al contrario la Costituzione
approvata in prima lettura al Senato sarebbe sì una regola per conservare il sistema politico, le
attuali classi dirigenti e le minoranze già titolari di ricchezze, ma non sarebbe più l'anima di nessuno e
potrebbe non sopravvivere alla sua debolezza. La stessa sua prima parte, che
tutti dicono con sospetta solerzia di non voler toccare, difficilmente
resisterebbe alla contraddizione col regime economico oggi riconosciuto come
sovrano in Europa.
La Costituzione votata l'8 agosto
è opera di un governo che la
vuole portare a casa togliendola dalla sua casa che è quella di tutti gli
italiani, che la utilizza secondo le regole del vecchio politicantismo, come
moneta di scambio per altre cose, a cominciare dal suo proprio potere, che la
vuole strappare come un trofeo entro il novantesimo minuto e in ogni caso ai
rigori.
Essa è frutto di un Parlamento che
per quanto debba essere ritenuto legale, data l'esigenza di continuità dell'ordinamento, è stato giudicato per sentenza
della Corte Costituzionale non rappresentativo del corpo elettorale, e dunque
estraneo alle ragioni per cui il
Parlamento, con una o due Camere che sia, sta nella Costituzione e quindi nei
Palazzi.
L'approvazione della nuova Carta
avviene per mezzo di regolamenti parlamentari aggressivi, non sindacabili da
altri poteri, che hanno completamente travolto le garanzie sulle procedure
della revisione costituzionale stabilite dall'art. 138 della Carta. Lo stesso
congruo tempo di riflessione e il doppio dibattito delle due letture richieste
dalla Costituzione sono vanificati dalla previsione che in seconda lettura una
Camera possa ridiscutere solo le modifiche eventualmente apportate dall'altra,
ciò che
rende il secondo passaggio parlamentare puramente simbolico e sottratto al
vaglio della minoranza. L'intenzione espressa dal relatore di minoranza al
Senato, sen. Calderoli, di rimettere in discussione in seconda lettura l'intera
riforma da lui giudicata inaccettabile, non potrà avere nessun seguito soprattutto se la maggioranza
schiacciante impiantata alla Camera blindasse il testo rinunziando a ogni
modifica.
Riguardo al merito è evidente che un regime
parlamentare può
avvalersi di una o due Camere purché ambedue serie. Ciò che allarma è che la nuova Costituzione sia figlia
dell'indistinzione che negli ultimi anni si è impadronita della politica annientandola, per cui
viene considerato indifferente che di Camere ce ne siano una o due, come se, a
parità delle
altre condizioni, fosse indifferente che un arco sia retto da un solo pilastro
invece di due. Allo stesso modo viene considerato indifferente che la
Costituzione sia regionalista o anti regionalista, così come si è persa la distinzione tra
destra e sinistra, nonché tra la
destra che sta al governo e quella che figura all'opposizione. Così pure si è persa la distinzione tra le
basi dei diversi partiti, sicché il segretario di un partito non è più fatto eleggere dagli
iscritti a quel partito, ma dagli iscritti ed elettori dei partiti avversari. E
ora si perde anche la distinzione tra i fattori del PIL, se quanti annunciano
di voler rinnovare l'Italia attribuiscono alla ricchezza nazionale non solo i
proventi delle attività
lecite, ma anche quelli delle mafie, della corruzione, della prostituzione e
dello spaccio di armi e di droghe.
In questa situazione mentre la
crisi economica precipita, le classi oppresse sono sempre più frustrate, orribili violenze
lambiscono i confini dell'Italia e già, secondo la denuncia del papa, si starebbe
combattendo per distinti capitoli la terza guerra mondiale, sarebbe irresponsabile
far cadere la Costituzione nel tritacarne di un già esacerbato conflitto
politico, mettendo a repentaglio l'unico strumento ancora capace di esprimere
un consenso nazionale e un dover essere collettivo.
Pertanto il compito della
revisione costituzionale dovrebbe essere rimesso alla prossima legislatura, e a
un Parlamento rilegittimato da una riforma della legge elettorale che sia
pienamente ispirata ai principi costituzionali del pluralismo e della
rappresentanza.
I partiti che vengono da una tradizione, per quanto la si voglia ridiscutere, di
difesa della democrazia e del costituzionalismo, dovrebbero non abbandonare
questo fronte su cui sta o cade il loro vero rapporto col Paese, e dovrebbero
prendere in mano e sostenere questo supremo interesse della Repubblica.
Raniero La Valle
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