PAPA BERGOGLIO E LE "COSE MAI VISTE"
di Alberto Bobbio, Famiglia Cristiana 11/03/2015 «Tutto è cominciato», dice lo studioso, «con
quell’inchino la sera dell’elezione...». Il racconto di Raniero La Valle,
parlamentare della Sinistra indipendente per 16 anni e prima direttore
dell’Avvenire d’Italia di Bologna
Premette
subito nel sottotitolo del suo libro:Cronache di cose mai viste. Raniero
La Valle, parlamentare della Sinistra indipendente per 16 anni e prima
direttore dell’Avvenire d’Italia di Bologna, uno dei due quotidiani cattolici
insieme all’Italia di Milano da cui nacque per volere di Paolo VI il quotidiano
Avvenire, ha raccontato il concilio Vaticano II a chi non sapeva il latino. E
ora si cimenta nell’ultimo suo libro, Chi sono io, Francesco?, edito da Ponte
alle Grazie, con la Chiesa di papa Francesco dopo due anni di pontificato.
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Perché cronache di cose mai viste?
«Perché la sera del 13 marzo quando il nuovo Papa si è affacciato sulla piazza e ha detto buonasera, e prima ancora di dare la benedizione si è inchinato chiedendo la benedizione del popolo, s’è capito che una lunga attesa era giunta forse alla ne e qualcosa di veramente nuovo stava per accadere».
- Chi è Francesco?
«Perché la sera del 13 marzo quando il nuovo Papa si è affacciato sulla piazza e ha detto buonasera, e prima ancora di dare la benedizione si è inchinato chiedendo la benedizione del popolo, s’è capito che una lunga attesa era giunta forse alla ne e qualcosa di veramente nuovo stava per accadere».
- Chi è Francesco?
«È la domanda che lui stesso si è fatta e che ho posto come titolo del mio libro. Ed è il cuore della tesi del volume e insieme la novità del ponti cato. Il Papa mette in questione non solo sé stesso, ma il Ministero petrino che esercita. Si mette all’interno del grande corteo del popolo cristiano e non al di sopra, spiega che lui è uno di noi».
- Eppure lui è il Papa.
«Sì, ma il Papa nella sua idea è solo uno a cui Dio ha guardato con grande misericordia. Bergoglio ha sempre avuto questa idea e lo dimostra nella scelta del motto episcopale, cioè “Miserando atque eligendo” (Guardò con misericordia e scelse). Bergoglio lo ha spiegato nell’intervista alla Civiltà Cattolica, quando ha detto di essere un peccatore a cui il Signore (miserando) ha rivolto i suoi occhi».
- E dal punto di vista del governo?
«È il Papa che ha ripreso in mano il concilio Vaticano II e lo sta portando avanti dopo cinquant’anni di recezione piuttosto contrastata, ripartendo dal punto in cui il Concilio era arrivato e cioè la riproposizione dell’annuncio nei modi adatti ai nostri tempi con le modalità, lo stile e le parole che i tempi richiedono. L’altra impronta del suo ponti cato è il rinnovamento dell’annunciatore, perché riprendere il ragionamento del Concilio e sulla riforma della Chiesa comporta la riforma del Papato, che non possono fare le istituzioni della Chiesa, ma il Papa stesso. Ecco perché lui per primo si pone la domanda di chi sono io, chi è il Papa».
- Tutto parte da quella richiesta di benedizione alla folla?
«Sì, quello è stato il segnale di un cambiamento straordinario. Lui sta con il popolo e non sopra al popolo. Torna alla mente la de nizione che fu data di Giovanni XXIII, un cristiano sul trono di Pietro. Bergoglio parla un linguaggio per nulla curiale. La sua formazione è la teologia del popolo, la sua identità è quella del prete di strada, che ha un orecchio al popolo e un altro al Vangelo e sa qual è il linguaggio giusto per farsi comprendere».
- A chi è più vicino papa Francesco?
«A Roncalli che ha iniziato il Concilio e a Paolo VI che lo ha portato avanti e lo ha concluso».
- Ce la farà, papa Francesco, a dare consistenza a quel balzo?
«Bergoglio ha riaperto in questi due anni la questione di Dio. Ha spiegato in pratica che il problema non è quello di restaurare i fasti della religione e della Chiesa, ma il problema è il Dio sbagliato che si ha in mente. E non solo per via dei fondamentalismi. Ce la farà se tutti capiranno nalmente che esiste un’immagine di Dio diversa da quella che gli uomini hanno s gurato. La missione di Francesco è questa. Se lui e la Chiesa ci riusciranno sarà un bene, altrimenti l’alternativa è drammatica e sarà una tragedia, perché il mondo vive in una situazione di estremo pericolo. Ha perso la cultura, ha perso certezze, l’uomo sta tentando di regolare tutto attraverso il denaro e il potere, di ripristinare la guerra come unico moto regolatore di ogni controversia, di smorzare la fede negandola. Il Papa sa che il passo verso il baratro è breve, per questo alza la voce contro l’economia che uccide. E sa che l’unica riserva è Dio, solamente Dio, ma non un Dio frainteso ed equivocato, perché se ci si sbaglia su Dio tutto è perduto».
- Qual è il Dio sbagliato?
«Quello con il volto tumefatto, violento, vendicativo e sacri cale. Quello che il Papa allontana quando chiede chi sono io per giudicare».
- E la prospettiva di Bergoglio?
«Non offre parole d’ordine ma chiede di continuare a percorrere la via del Vangelo, che lui presenta come l’unica prospettiva di successo. La scon tta non è la via del cristiano, e nemmeno la croce è mai stata una scon tta. Bergoglio ha la certezza della vittoria. Dunque si può dire che il suo Ponti cato, più che profetico nel senso dell’invettiva a cui associamo di solito i grandi profeti, sia un Ponti cato messianico, nel senso proprio di Gesù: “Vi hanno detto, ma io vi dico…”».
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