venerdì 30 giugno 2023

 

Soldati per denaro, la guerra come prodotto

 

C’è stato un ammutinamento in Russia della milizia privata detta “Wagner” e tutto il mondo ha tenuto il fiato sospeso. E se il Paese sprofonda nell’anarchia? E se le armi nucleari finiscono in mani irresponsabili? Ma questa improvvisa  variante della guerra in Ucraina è durata solo un giorno, perché il sistema in Russia si è rivelato ben più solido di quanto in Occidente si scrivesse  o si sperasse, e i ribelli si sono pentiti e hanno pensato bene di “non spargere sangue russo”.  Sicché la ribellione della Wagner  si è conclusa in negativo per  il soldataccio  Prigozhin e per i Servizi  occidentali che, se pur era vera  la vanteria che sapessero tutto già prima, non hanno saputo come muoversi  e che fare; si è risolta invece  in positivo per Putin che avrebbe potuto fermare a cannonate il convoglio mercenario sull’autostrada per Mosca, e ha invece ben calcolato i rischi preferendo la soluzione politica (con i terroristi dunque si tratta!) ed evitando la guerra civile. Contro le affrettate profezie di un collasso della Russia e di una sua débacle  militare,  la controffensiva ucraina non ha tratto dalla crisi alcun vantaggio e la guerra  è continuata tale e quale.

Piuttosto l’avventura della Wagner ha acceso i riflettori sulla piaga degli eserciti  mercenari  e dei “contractors” che hanno  sostituito gli eserciti di leva. Il pacifismo in Occidente ha salutato come una sua vittoria la rinunzia degli Stati alla coscrizione obbligatoria, ma in realtà è stata la vittoria dei guerrafondai che, scottati dall’esperienza del Vietnam (le cartoline precetto bruciate nei campus universitari) e dalla legittimazione dell’obiezione di coscienza, hanno realizzato che non potevano più fidarsi  dell’esercito di popolo e del suo gratuito amore per la Patria e hanno optato per la prostituzione alla guerra e l’acquisto delle prestazioni militari per denaro. In tal modo sempre più alla guerra sono venuti meno gli alibi ideali (e i comportamenti sognati dalle Convenzioni di Ginevra) e sempre più essa  si è resa  intrinseca al denaro. Come tutta la realtà assoggettata dal capitalismo alla legge della cosa, la guerra è diventata un prodotto, e gli uomini e le donne alle armi sono diventati il producibile, non solo a profitto delle industrie e del mercato delle armi, ma anche in funzione delle guerre da combattere e del bottino e dei morti da scambiare tra le parti in conflitto. Sarebbe proprio questo oggi il punto d’arrivo del Nomos, del diritto, che secondo Carl Schmitt sarebbe sorto in origine  sottoponendo tutta la realtà a una  legge di appropriazione, divisione, produzione, instaurando il dominio delle cose, e del prodotto, sull’uomo.

In tal modo il sistema di dominio e di guerra a cui, a partire dal grande evento politico della rimozione del muro di Berlino, è stato conformato l’ordine internazionale  e resa schiava la stessa condizione umana sulla Terra (ricordiamo il ministro che durante la guerra del Golfo spiegò alla Camera che ormai non si poteva più distinguere il tempo di guerra dal tempo di pace), si è istituzionalizzato e dotato di tutte le garanzie per non essere messo in discussione e contestato in democrazia sulle singole guerre da fare.

Paradossalmente se oggi si  vuole lottare  per la pace e il ripudio del sistema di guerra, bisognerebbe lottare per il ripristino del servizio militare obbligatorio, tale però da essere finalizzato alla creazione di eserciti  atti a difendere,  e non solo con le armi,  non semplicemente “la Patria”, ma molti beni comuni di cui constano le Patrie;  e potrebbero queste Forze Armate non essere sempre con le armi al piede, come fu per  la missione militare italiana che alla caduta di Hoxha si recò senza armi in soccorso all’Albania e non per caso fu chiamata “Pellicano”.  E con la coscrizione obbligatoria potrebbe perfino tornare l’obiezione di coscienza a cui in Italia, unico Paese al mondo, la legge riformata che fu elaborata in Parlamento dal Gruppo Interparlamentare (e interpartitico) per la Pace (GIP) diede il nome, in positivo, di “obbedienza alla coscienza”.

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