LA CHIESA DI BETTAZZI
Il bello di
una lunga vita è che molti, in tempi e in luoghi diversi, ne godono i frutti,
quando quella vita è ricca di valori civili, di ispirazioni religiose e traboccante
di amore. Così è stato della vita di Luigi Bettazzi, che è stato davvero un
vescovo della Chiesa di tutti, e della Chiesa dei poveri, e soprattutto dei
pacifici e degli assetati di giustizia. E così egli ha seminato e lasciato
ricordi straordinari in tanti e in molte occasioni per quasi 100 anni.
C’è chi lo
ricorda, giovane e anche bello, fraterno e accogliente, maestro ed amico, come
Assistente ecclesiastico della FUCI, la Federazione degli universitari
cattolici italiani, famosa per aver formato personalità straordinarie e
preziosi protagonisti della prima Italia repubblicana, a cominciare da Moro.
C’è chi lo
ricorda come vescovo ausiliare di Bologna in quel tempo magico che visse la Chiesa bolognese,
la Chiesa del cardinale Lercaro, di don Dossetti, dell’ “Avvenire d’Italia”,
del Centro di studi religiosi di Pino
Alberigo e Paolo Prodi. A quel titolo fu tra i più giovani vescovi del Vaticano
II: e lì parlò per la pace, ed ebbe il coraggio di levarsi in san Pietro per
chiedere ai Padri conciliari, contro ogni prudenza ecclesiastica, di procedere
alla canonizzazione conciliare di papa Giovanni XXIII, e farlo santo per
acclamazione, senza miracoli e senza processi canonici, perché un papa così
ancora non si era mai visto, e proprio quel Concilio ne era il lascito più
prezioso per la Chiesa e per il mondo.
Finito il Concilio mons. Bettazzi fu ancora accanto
a Lercaro, prima che l’arcivescovo bolognese fosse deposto per aver rivendicato
la profezia della Chiesa, piuttosto che la neutralità, contro la guerra del
Vietnam.
E poi fu
vescovo di Ivrea, dove fu mandato per i suoi meriti, ma anche per lasciare il
posto a Bologna al cardinale Poma incaricato di normalizzare la Chiesa italiana
dopo gli ardimenti del Concilio.
E chi, tra i
compagni che furono con lui e con don Albino Bizzotto in quella sorta di
staffetta per la pace che fu fatta nel 1992 per rompere l’assedio di Sarajevo
durante la guerra jugoslava, non lo ricorda a proclamare che era possibile la pace tra serbi e
bosniaci, , musulmani e cristiani, cattolici e ortodossi?
È stato un
vescovo dei poveri e dei pacifici, degli intellettuali e dei piccoli,
presidente di Pax Christi e militante di base quando c’era da lottare e
testimoniare per la pace: e l’ultima volta lo ricordiamo a dire, rispondendo
all’appello di Michele Santoro, che non è contro l’aggressione chi alla
violenza oppone un’altra violenza, e che dalla guerra di Ucraina si doveva
uscire con la diplomazia e mettendosi in mezzo ai contendenti per farli
riconciliare nella pace.
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