Sull’opera di Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira e Giuseppe Lazzati alla Costituente Mons. Alessandro Plotti , Vescovo emerito di Pisa, ha reso il 26 maggio 2011 a una Tavola Rotonda organizzata a Roma dal Movimento Rinascita Cristiana, la testimonianza che qui pubblichiamo.
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Giuseppe Dossetti e Giorgio La Pira |
A cominciare da De Gasperi, si potrebbero citare nomi prestigiosi che poi, nel Parlamento italiano, hanno avuto un ruolo determinante e significativo, partecipando anche all’azione di governo.
Ma a me piace parlare soprattutto di tre persone che, pur diverse per storia personale, per bagaglio culturale e per sensibilità spirituale, hanno sicuramente primeggiato nella stesura della Carta costituzionale. Mi riferisco a Giuseppe Dossetti, a Giorgio La Pira e a Giuseppe Lazzati che in una sempre più stretta amicizia, hanno avuto il coraggio di avviare e di gestire un dialogo fruttuoso, proprio sui contenuti della Costituzione, con le forze politiche che molti cattolici benpensanti e conservatori guardavano con sospetto e con le quali avrebbero forse voluto un confronto dialettico più rigido o uno scontro istituzionale tra due visioni dello Stato divergenti.
Che cosa si può dire, molto sinteticamente, di questi tre personaggi così diversi, ma uniti saldamente in una condivisa passione per il bene del Paese in un momento così difficile per una ricostruzione della coscienza democratica? Cercherò brevemente di mettere in luce alcuni connotati di questa azione concordata per un contributo dei cattolici a fare la Costituzione.
Un primo dato importante che li rende simili è certamente il loro chiaro e coraggioso antifascismo. Giuseppe Dossetti entrò nella Resistenza svolgendo attività di coordinamento politico per parte cattolica nella zona di Cavriago e nel 1944-45 fu presidente del Comitato provinciale di Liberazione Nazionale di Reggio Emilia. Giorgio La Pira, perseguitato dai fascisti, lasciò Firenze l’8 settembre 1943; informato del mandato di cattura contro di lui, dopo un breve periodo di soggiorno a Siena, l’8 dicembre si rifugiò a Roma. Poté rientrare a Firenze nell’agosto del 1944. Giuseppe Lazzati ebbe un destino ben più pesante. Rifiutandosi di entrare a far parte dell’esercito e di aderire alle formazioni fasciste, fu deportato in Germania e fece l’esperienza dei lager tedeschi dai quali rientrò a Milano solo alla fine del mese di agosto del 1945.
Storie diverse, esperienze diverse, ma tutti e tre, usciti indenni dall’infelice esperienza fascista, sentivano l’urgenza di promuovere un programma di preparazione a una innovatrice presenza politica capace di fondere, conservando vivo il senso delle distinzioni, una vivace ispirazione cristiana, con una novità di concezione dello Stato che superasse sia quella liberale-borghese, cui si rifaceva sostanzialmente lo stesso fascismo, sia quella marxista-collettivista negatrice di ogni libertà. Questa urgenza percepita e sofferta dai nostri tre personaggi, si caricava di significati di servizio alla comunità nazionale teso a imprimere alla comunità stessa un segno di novità di vita che ebbe i momenti più significativi prima nella scelta repubblicana, poi nell’elaborazione di una Costituzione nella quale risultasse esaltato il senso del rapporto vitale persona-comunità nei suoi profili giuridici, sociali e politici, nel segno della giustizia, e contro ogni privilegio, e di una indipendenza, sul piano internazionale che, pur tenendo conto delle necessità del Paese uscito stremato dall’esperienza fascista e dalla guerra di liberazione, si premunisse da soggezioni limitative della propria libertà.
Ma come si conobbero e diventarono amici Dossetti, La Pira e Lazzati?
Lazzati e Dossetti si conobbero già negli anni 30-40. Dal 1936 scoprono di condividere una peculiare scelta di vita: quella di una forma di laicità consacrata che poi la Chiesa riconoscerà come quella degli Istituti secolari. E il catalizzatore di questa scelta è il gruppo fondato da padre Gemelli dei missionari della Regalità. Consacrazione destinata particolarmente ad un impegno culturale, oltre che religioso, nella Chiesa.
La Pira sente la medesima vocazione, per testimoniare in modo credibile la dignità divina dell’indole secolare; ed entrerà anch’egli tra i missionari della Regalità. E così i tre si trovano in una consacrazione celibataria per il Regno, accomunati, avendo lo stesso punto di riferimento iniziale e la stessa meta da raggiungere.
Certamente questa comune aspirazione ad essere e restare fedeli laici, pur nella risposta radicale di una consacrazione, ha creato una specifica spiritualità moderna, dando nuove risonanze alla spiritualità cristiana e rivelandone potenzialità rimaste inesplorate per oltre un millennio. Una “mistica” che si fa anima delle più coraggiose avventure politiche, ricerca di una fondazione politica capace di iniziare nella storia, come sua tensione ideale, il disegno dei “cieli nuovi e della nuova terra”. Una tensione che è amore per l’uomo e per la società, amore di carità che deve trovare nella politica la sua più alta forma espressiva tesa a realizzare nella libertà, nella giustizia, il bene comune e supremo della pace che permette a ogni uomo e a ogni popolo, nella operosa tranquillità dell’ordine, di essere se stesso nella dinamica del proprio sviluppo per il bene proprio e per il bene di tutti.
Questo marchio di laicità e di autonomia dei laici nelle realtà temporali è il filo conduttore del loro contributo alla Costituzione.
Questo retroterra spirituale e culturale permette loro con assoluta limpidezza un dialogo e un confronto costruttivo con le altre forze politiche, nel rispetto del pluralismo ideologico, come dato strutturale di una società moderna e nella assunzione, senza equivoci e confusione di piani, delle esigenti incombenze sociali e istituzionali e nella serena e sincera valorizzazione delle diverse opzioni culturali e metodologiche.
In questa esperienza di impegno politico c’è una condivisione piena non solo di visione politica autenticamente democratica, ma anche di orizzonti più vasti, di modo di intendere la vita e l’impegno nella città dell’uomo per una umanizzazione integrale in cui fede e vita si coniugano.
Questo coraggio di rompere gli steccati, di andare oltre le pre-comprensioni, di accogliere e convogliare tutte le anime di verità presenti negli altri schieramenti politici, diventa così una modalità, non tanto di strategia politica o di baratti, ma di irreprensibile servizio al bene della nazione, che non può essere rivendicato solo dalla forze cattoliche.
Ma c’è anche un altro dato che ritengo importante ricordare, specialmente oggi, quando assistiamo allo spettacolo indecente di deputati che cambiano “la giacca” solo per avere un posto di potere.
Il comune impegno politico di Dossetti, La Pira e Lazzati nasce casualmente e senza che nessuno dei tre l’abbia cercato e voluto.
Dossetti racconta: io non ho per niente cercato di entrare in politica. Sono entrato in politica attraverso una rottura di testa per un incidente d’auto. Sono capitato a Roma per caso, non conoscevo nessuno e non ero conosciuto da nessuno.
La Pira confessa: non ho mai voluto essere né deputato né sindaco: mi ci hanno violentemente posto in questi luoghi, nei quali per starci e per resisterci ci vogliono attitudini di altro livello e di altra natura da quelli che tipi come me possiedono.
Solo gli interessi di Gesù Cristo e della sua Chiesa mi costrinsero ad andare in Parlamento.
Lazzati ricorda che fu l’insistenza dell’amico Dossetti a fargli assumere l’impegno politico rinunciando al suo servizio nell’Azione Cattolica e ai suoi studi. Scelta imprevista: diventa politico suo malgrado.
Anche questo mi sembra un segno straordinario di obbedienza, di disponibilità e di generosità, che solo una formazione profondamente teologica e soprannaturale può procurare.
Infatti nessuno dei tre fece il politico di professione. Dossetti maturò la vocazione sacerdotale, La Pira lasciò dopo un breve periodo di partecipazione al governo, Lazzati dopo la prima legislatura ritornò ai suoi studi. Dunque la loro convinta partecipazione all’Assemblea Costituente nasce non certo dalla ricerca di gratificazioni o peggio di potere, ma esclusivamente come servizio al Paese uscito prostrato politicamente ed economicamente dalla tragica vicenda della guerra e della liberazione dal giogo della dittatura fascista, per un servizio politico diretto cui costringeva l’urgenza e la durezza dell’ora, in vista di assicurare che non andasse perduto nuovamente, sotto segno opposto, quel supremo bene di libertà che si era faticosamente e ad alto prezzo riconquistato.
Il concetto su cui la Costituzione risulta fondata è certamente quello che i tre sostennero con particolare forza, fatta di convinzione, di rigore logico, di vigore innovativo, se si vuol dire, rivoluzionario: il primato della persona. Sul fondamento di tale irrinunciabile principio che consegnava loro la tradizione di un pensiero in cui si intrecciano elementi di metafisica classica e di speculazione teologica, si imponeva quale idea direttiva della Costituzione l’assioma: lo Stato per l’uomo e non l’uomo per lo Stato, premessa ineludibile di uno Stato che voglia essere essenzialmente democratico. La mancanza di questa chiara formulazione scaturente da una antropologia cristiana era, secondo Dossetti La Pira e Lazzati, la causa principale della crisi costituzionale di fronte alla quale si trovava lo Stato italiano nascente per lo slancio di popolo dalla umiliante esperienza passata. che imponeva un coraggioso ripensamento delle sue basi costituzionali, ripensamento capace di trarlo dalle sabbie dello Stato liberal-borghese e dalle false sicurezze del totalitarismo fascista.
Una nuova concezione dello Stato dove si da valore assoluto non solo alla persona, ma all’individualità aperta, cioè in relazione con.
Per questo hanno avuto il coraggio, proprio per la difesa della laicità di questo valore assoluto, di confrontarsi e di raccogliere consensi, attraverso un serrato dibattito ad alto livello tra i rappresentanti delle diverse ideologie che si contrapponevano nell’Assemblea Costituente. L’uomo come soggetto di inviolabili diritti come singolo e come membro delle formazioni sociali nelle quali si svolge la sua personalità. Il dovere della Repubblica è quello di riconoscere e garantire tali diritti e richiedere l’adempimento dei doveri che ne derivano sul piano politico, economico e sociale.
Ma come venne percepita dal mondo cattolico organizzato e dalla stessa gerarchia questa loro scelta?
Fondamentalmente con sospetto. Tutti e tre si trovano ancora una volta accomunati in una situazione dolorosamente vissuta insieme: l’incomprensione e a volte l’esplicita ostilità di una parte, anche autorevole, del mondo cattolico e della gerarchia di quel tempo, tanto da essere definiti “comunistelli di sagrestia”.
E tutto perché avevano rivendicato l’autonomia dei laici nell’azione politica, senza collateralismi per sanare la confusione esistente, specialmente nell’Azione Cattolica geddiana, tra il piano dello spirituale e quello del politico. Assoluto rispetto e fedeltà alla Chiesa ma autonomia e responsabilità nelle realtà temporali.
Si dovrà aspettare il Concilio Vaticano II per vedere riconosciuto e promosso questo atteggiamento.
L’ecclesiologia conciliare, alla luce del sacerdozio comune dei fedeli e nel servizio “regale” esercitato dai laici affermerà: “occorre chiara distinzione tra le azioni che i fedeli compiono in proprio nome, come cittadini guidati dalla coscienza cristiana e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa” (Gaudium et Spes, n. 76). Tempi nuovi e sfide nuove per un laicato maturo ed emancipato.
Lazzati e La Pira sono servi di Dio. Chi l’avrebbe detto negli anni del loro servizio? È in corso il processo canonico per la loro canonizzazione. E mi auguro che presto ciò avvenga. Non santi da altare, davanti a cui si accendono candele propiziatorie, ma veri testimoni maestri e confessori della fede, soprattutto per le nuove generazioni di politici cattolici, tanto auspicate dai vescovi italiani, affinché i giovani si riapproprino di questo stile di fare politica e sappiano, da una parte, maturare in una fede incarnata e non asettica, spiritualista ed evanescente e, dall’altra, non si lascino corrompere dalle strategie e dalle pastoie del potere politico e del compromesso.
Così la Costituzione repubblicana continuerà ad essere per tutti, credenti e non credenti, punto di riferimento luminoso e irrinunciabile di pace sociale, di autentico spirito partecipativo, di ideali alti.
La riconoscenza è illimitata per questi tre servitori della laicità; continuino a insegnare che la politica e il bene comune sono valori per cui vale la pena giocarsi la vita.
Sentiamo tutti questa urgenza ormai indilazionabile: avere dei laici cattolici di vita esemplare, autentici cristiani secondo lo Spirito, capaci di testimoniare che la spiritualità laicale è una modalità peculiare di vivere la fede, che cerca appassionatamente l’unione con Dio, ma senza che ciò comporti tenersi a distanza dalle opzioni temporali concrete.
La lezione di Dossetti, La Pira e Lazzati è un invito rivolto a tutto il laicato cristiano alla ricerca di una più intima unione con Dio e, insieme, a trovare in quella interiorità la sorgente da cui nascono e si alimentano la luce e la forza per scoprire e realizzare le forme nelle quali vivere concretamente il comandamento dell’amore, non riducendolo a parole, ma traducendolo in fatti non puramente individuali, personali, ma in fatti di spessore sociale e politico.
Pertanto l’esempio di questi tre grandi protagonisti della Costituente dovrebbe persuadere che per i fedeli laici cristiani, lungi dall’esservi opposizione tra l’impegno nelle attività proprie del mondo e l’attenzione alla ricerca di vita interiore, i due momenti esigono di essere unificati così da realizzare una testimonianza cristiana che nella sua creatività sia luce al cammino degli uomini verso mete di autentico progresso cui aspirano con insoddisfatta passione.
Dossetti, Lazzati, La Pira l’hanno testimoniato nella santità della loro vita.
Possano davvero tanti giovani riscoprire la ricchezza di questo servizio, per dare alla nostra Italia un futuro di speranza, di integrazione e di pacificazione nel progresso di quella antropologia cristiana che il Vangelo ci ha trasmesso.
+ Alessandro Plotti
Vescovo emerito di Pisa
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