LA PEDAGOGIA DELLA VIOLENZA-
Se c’era una cosa che nella spietata guerra di Gaza Israele doveva evitare. era di fornire un simbolo che per la sua forza evocativa fosse pari all’orrore suscitato dalla strage compiuta il 7 ottobre da Hamas al confine settentrionale della Striscia.
Questa colpì gli inermi civili e i giovani che partecipavano a un festival musicale nel kibbutz di Re’im, mentre l’ultimo attacco israeliano contro la folla nel Nord della Striscia ha colpito civili e giovani innocenti che mossi dalla disperazione cercavano di strappare qualche frammento degli aiuti umanitari per lenire la fame, ciò che ha provocato oltre 100 morti e 700 feriti.
In tal modo l’azione dell’esercito israeliano ha messo a nudo la natura della violenza e la sua pedagogia: essa rende simili aggressori e vittime e omologa i nemici che precipitano nella imitazione gli uni dei comportamenti degli altri. È ciò che gli studiosi (René Girard) hanno chiamato la mimesi della violenza, la quale induce gli uni a replicare e superare le azioni violente degli altri. Non a caso Israele, fornendo tre versioni diverse di quanto accaduto, non ha potuto fornirne alcuna giustificazione plausibile.
È questa l’esperienza di tutte le guerre, passate e presenti. La lezione che ne scaturisce per l’Europa, per noi e per tutta la comunità internazionale, è che la prosecuzione e l’aggravarsi dei conflitti e dello scontro in atto sono di per sé, anche oltre le responsabilità di ciascuno, una sicura promessa di violenze e guerre sempre maggiori, dal Mediterraneo all’Ucraina, dall’Atlantico al Pacifico.
Per questo la priorità assoluta della politica di oggi è di fermare le armi e di promuovere un’opposta imitazione reciproca nella ricerca dei modi di convivenza e della pace.
C’è da dire inoltre che lo sdegno suscitato in tutto il mondo da questa azione israeliana comporta il rischio di un eccitamento all'avversione verso lo Stato di Israele e di un incoraggiamento all'antisemitismo. Perciò, come opportunamente ha esortato a fare “Pace Terra Dignità”, occorre non addossare la responsabilità di tale azione militare agli Ebrei come tali, né allo stesso Stato di Israele come è oggi sotto Netanhiau (ma come non può continuare ad essere), uno Stato di cui già oggi i fanno parte anche minoranze di cittadini non ebrei, ma occorre imputarla alle Forze Armate israeliane (IDF) e al governo di Tel Aviv e ai suoi ministri oltranzisti, che sono artefici di questa sempre più incontrollata violenza, Questa, prendendo di mira la distribuzione degli aiuti a Gaza si è anche presentata come un puntuale rovesciamento del precetto evangelico di dare da mangiare agli affamati, da bere agli assetati e dare soccorso ai poveri, ferendo la sensibilità dei fedeli di altre confessioni che si ispirano alle stesse sante Scritture. Pertanto mentre esprimiamo il nostro dolore per questa nuova prova del popolo palestinese, ribadiamo come sia necessario che si mantenga sul piano strettamente politico la condanna della politica dello Stato d’Israele,, che occorre che tale Stato venga a distinguersi dagli Ebrei della Diaspora e che gli attori europei e internazionali compiano ogni azione utile a ottenere con la massima urgenza l'arresto della lotta fratricida in corso.
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