di Raniero La Valle
C’è una questione di grande
portata nella discussione sull’abolizione dell’IMU, che non è stata finora
sollevata. Si discute infatti solo dei costi dell’operazione: 4 miliardi per
l’abolizione, 4 miliardi per la restituzione dell’IMU già pagata nel 2012. Ma
mentre la sospensione o cancellazione dell’imposta sarebbe una decisione
politica normale, la restituzione dell’IMU sarebbe un atto eversivo, il cui
costo sarebbe devastante non per le finanze ma per l’immagine stessa dello Stato
democratico. Altra cosa infatti è discutere, anche in campagna elettorale, di
quali tasse si debbano mettere o togliere, altra cosa è discutere su quali
tasse debbano essere restituite, sul presupposto che trattandosi di un maltolto
da parte dello Stato, lo Stato debba risarcirne i cittadini derubati. Se si
passa questa soglia, nel momento in cui il dibattito politico si impadronisce
del tema delle imposte da restituire, viene meno ogni certezza non solo sui
bilanci futuri, ma anche sui bilanci passati e sulle spese già fatte con i
denari incassati, che certo non possono essere recuperate, va in crisi la
figura fiscale dello Stato, e non solo va per aria l’art. 81 della Costituzione
ma tutta la filosofia del patto fiscale su cui si fonda lo Stato moderno di
diritto.
Si dice che la restituzione
dell’IMU è stata oggetto di una promessa elettorale, e che perciò il partito
che l’ha fatta, stando ora al governo, debba onorarla. Ma questa è una tragica
aggravante della questione. Quella promessa non poteva essere fatta, in quanto
è in contrasto con lo spirito e la logica della Costituzione, che esclude la
materia fiscale da quelle suscettibili di essere sottoposte a referendum
abrogativo; il che significa che, al di là del referendum, la Costituzione non
prevede plebisciti e decisioni elettorali sulle tasse.
Ma al di là dell’impedimento
costituzionale, l’impegno di riportare a brevissimo termine, nelle tasche degli
italiani, i denari versati per l’IMU, equivale alla promessa di un’elargizione
in denaro, mascherata da rimborso fiscale, da fare coi soldi dell’erario, in
cambio del voto per il partito che la promette. Gli elettori hanno ricevuto
addirittura un modulo con l’indicazione degli sportelli dove ritirare il
denaro, non appena insediato Berlusconi al governo.
Questa, in un senso pieno, è
corruzione elettorale. Soldi in cambio del voto. Se ora questi soldi venissero
effettivamente dati, il reato si perfezionerebbe accomunando corrotti,
corruttori e complici, e d’ora in poi chiunque si sentirebbe legittimato, nelle
future elezioni, a promettere soldi dell’erario in cambio di voti. In ogni caso
questo reato ha già provocato un danno gravissimo nell’ordinamento e nel
sistema politico italiano, perché avendo motivato centinaia di migliaia di
cittadini a un voto che altrimenti non avrebbero dato, ha alterato gravemente
il risultato elettorale, ha mandato in scena la cosiddetta “vittoria” di
Berlusconi e ha gettato il Paese nell’ingovernabilità, salvo inciucio.
Data questa esperienza, sarebbe
necessario includere nella prossima legge elettorale, oltre alle sanzioni già
previste, la pena della cancellazione dalle liste dei candidati e dell’interdizione,
per una legislatura, dai pubblici uffici, di chi prometta dazioni in denaro
sotto qualsiasi forma in cambio del voto.
Raniero
La Valle
Nessun commento:
Posta un commento