di Raniero La Valle
Finalmente
abbiamo un pastore che invece di parlare di principi non negoziabili (con cui
non si mangia, direbbe Berlusconi) o condannare "comportamenti
devianti" (ciò che già non gli perdonano), ci dà una buona notizia, una
buonissima notizia. Quel pastore è il papa Francesco, e la buona notizia, l'
"evangelo", è che Dio è misericordia.
Questa di
per sé è una buona notizia, ma non
sensazionale, perché è di dominio comune, almeno nel cristianesimo, che Dio sia
misericordioso. La straordinarietà della notizia consiste nel fatto che Dio è "solo
misericordia". E questa non è affatto una convinzione comune, anzi è rarissima, e c'è moltissima gente che all'idea
di un Dio giustiziere, punitivo, vendicativo, che arriva a colpire
inesorabilmente anche quei malvagi che a noi sfuggono, non vuole rinunziare.
Papa
Francesco dice invece che Dio è solo misericordia, e che "perdona sempre". Non
vorrei citare i discorsi specifici in cui egli ha fatto questa affermazione,
sia che l'abbia fatta nelle straordinarie omelie mattutine di Santa Marta
(nelle quali fa pensare allo stile delle "Omelie sui Vangeli" di San
Gregorio Magno), sia che l'abbia fatta in
altre occasioni, perché in realtà questo annuncio del Dio che perdona è presente sempre nel suo
magistero. Potrei citare in particolare l'Angelus della domenica dedicata al
cuore di Gesù, nel
quale l'invito all'immensa folla a credere che Dio ci perdona sempre, sempre, e
lo fa per amore, era particolarmente insistente e accorato.
Cosa,
appunto, singolare. Perché senza dubbio questa idea di un Dio che è solo misericordia sta nella
tradizione sia ebraica che cristiana, ma è pochissimo frequentata, mentre prevale l'idea di un Dio
che giudica, e poi perdona, ma anche punisce e condanna in questa vita e
nell'altra. Il giudizio universale di Michelangelo nella Cappella Sistina pesa
come una cappa di piombo sulla nostra fede, e l'inferno di Dante è ormai padrone del nostro
immaginario religioso.
Si
respira quando ci si imbatte in un Talmud babilonese (uno scritto ebraico del
XII secolo), in cui si dice che quando il mondo è messo male per le sue colpe,
"Dio si alza dal trono della giustizia e si siede sul trono della
misericordia". Sui "due troni" si ricorda una bellissima omelia
di padre Balducci alla Badia Fiesolana. La stessa idea della "sola"
misericordia, che è essa stessa giustizia, percorre una "corrente
calda" del cristianesimo d'Occidente e d'Oriente, di cui Isacco di Ninive,
almeno a mia conoscenza, è una delle massime espressioni.
Che ora
questa certezza venga tranquillamente e ripetutamente predicata dal Papa, nella
misura in cui non si riduca a una pia iperbole ma se ne riconosca lo spessore
teologico, è un
evento per la fede degli uomini e delle donne del nostro tempo. Lo è perché certamente il Dio raccontato
dal Concilio Vaticano II era così, ma così non era il Dio permaloso che era annunciato, anche nelle
preghiere della Messa, prima del Concilio: un Dio offeso, che doveva essere
"placato", doveva essere "soddisfatto", e aveva voluto
essere risarcito col sacrificio del Figlio, che proprio per questo,
"discendendo dai cieli", sarebbe stato mandato a morire sulla croce.
Ed è
straordinario l'annuncio del Dio di sola misericordia di papa Francesco, perché neanche dopo il Concilio il
Dio annunziato dalla Chiesa è così, non è così il Dio del catechismo della Chiesa cattolica, che è ancora quello che ha cacciato
gli uomini dal giardino dell'Eden infliggendo loro una quantità di deprivazioni e di dolori a
causa di un peccato ancora chiamato "originale".
Dunque
questo è un
evento, ed è una
festa. Allora ricominciamo ad annunciare la fede da qui, e le chiese, e forse
anche i seminari, torneranno a riempirsi, come si riempie la piazza San Pietro.
Naturalmente
resta un problema. Se Dio non giudica alla maniera umana, chi giudicherà e tratterrá i malvagi dalle loro
nequizie, e non li lascerà "impuniti"? È evidente che ciò toccherà alla giustizia degli uomini,
che perciò è tra le più alte, e decisive e difficili
delle incombenze umane e dei poteri pubblici. La storia della giustizia lo
dimostra, con i suoi orrori (compresa l'Inquisizione) e con le sue
straordinarie illuminazioni e conquiste degli ultimi secoli nel tempo del
costituzionalismo.
Ma come
fare giustizia? Se non ha a che fare con la giustizia di Dio essa però, nella sua diversità laica, non deve porsi in
contraddizione con la giustizia e la misericordia di Dio, il quale sempre resta
il modello da imitare. Perciò la giustizia umana dovrà comunque essere intrisa di
carità,
mirare non alla distruzione ma alla "rieducazione" del colpevole, non
ammettere torture e "trattamenti contrari al senso di umanità", proprio come dice la
nostra oggi oltraggiata Costituzione, non compiacersi della prigione, aborrire
la pena di morte.
Ma siamo
appena all'aurora.
Raniero La Valle
Nessun commento:
Posta un commento