L’emendamento governativo all’art. 5 della legge di conversione del decreto-legge n.34 del 2011 rivela in maniera palese l’intento del legislatore, del resto apertamente dichiarato dal Presidente del Consiglio e dai principali esponenti della maggioranza, di impedire lo svolgimento del referendum abrogativo contro l’istallazione in Italia di centrali nucleari, già fissato per il 12 e il 13 giugno.
E’ pur vero che tale emendamento prevede l’abrogazione delle norme sottoposte a referendum. Tuttavia esso esprime, nel suo primo comma, la chiara volontà non già di abbandonare, come propongono i quesiti referendari, bensì di sospendere la “definizione ed attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare”, in attesa e “al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare”.
Tale volontà è confermata dal comma 8^ dell’emendamento, che prevede che “entro dodici mesi dall’entrata in vigore” della legge sarà adottato un piano energetico nazionale che non esclude affatto, ma implicitamente include l’opzione nucleare, in evidente contrasto con la proposta referendaria. Fu proprio con riferimento a un simile contrasto che la Corte Costituzionale, con la sentenza n.69 del 1978, decise che, qualora una nuova disciplina legislativa, pur abrogando “le singole disposizioni cui si riferisce il referendum”, non ne modifichi “i principi ispiratori” e “i contenuti normativi essenziali”, allora “il referendum si effettui sulle nuove disposizioni legislative”.
I sottoscritti auspicano perciò che l’Ufficio per il referendum presso la Corte di Cassazione, sulla base dell’accertamento dell’evidente contrasto tra i principi ispiratori dell’emendamento approvato e l’intento dei proponenti del referendum, voglia trasferire il quesito referendario sul primo e sull’ottavo comma di tale emendamento, così consentendo agli elettori di pronunziarsi contro la pervicace volontà del legislatore di non abbandonare il programma nucleare.
Francesco Grespan, Padova
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