venerdì 1 giugno 2012

SALVIAMO IL PARLAMENTO


Approfittando dell’esigenza di ridurre i costi della politica, le tre forze della maggioranza che sostiene il governo hanno nella giornata di ieri, 23 maggio, varato al Senato il primo articolo di una riforma costituzionale che determinerebbe l’impotenza del Parlamento di fronte all’esecutivo. Il movimento per un’ “Economia Democratica” ritiene invece che nelle future battaglie per riportare l’economia pubblica e privata alla regola della democrazia e alle finalità sociali della Costituzione, il Parlamento debba giocare un ruolo essenziale. 
La riforma di cui ieri è stata posta la prima pietra dalla I Commissione del Senato in sede referente, distruggerebbe di fatto l’istituto della fiducia  su cui si regge il rapporto tra il popolo, il Parlamento e il governo, rendendo il presidente del Consiglio inattaccabile dalle Camere che non potrebbero votargli la sfiducia, in presenza di leggi inique, senza esporsi ad essere sciolte dallo stesso presidente sfiduciato. Inoltre non potrebbe
esserci voto di sfiducia nei confronti di un governo che fosse giudicato dannoso agli interessi del Paese, se non da parte delle due Camere riunite solennemente in seduta comune, con la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, e senza che nello stesso tempo venga designato un altro presidente del Consiglio e realizzato pertanto un “ribaltone” elevato a dignità costituzionale.
La debolezza del governo di fronte a imposizioni che sul piano economico e di bilancio gli fossero addossate in sede internazionale ed europea, si tradurrebbe così in un’onnipotenza del governo nell’eseguirle anche contro la volontà del Parlamento e del Paese.
In cambio la riforma costituzionale in discussione al Senato, che già la settimana prossima dovrebbe essere portata in Aula per la votazione, offre al popolo una riduzione complessiva del numero dei parlamentari da 945 a 762, che senza nessun vero risparmio non farebbe che lasciare vuoti alcuni seggi nei due emicicli delle Camere. Il movimento di “Economia Democratica” ritiene che risparmi ben più consistenti potrebbero venire da una riduzione non solo strumentale e simbolica del numero dei parlamentari, o da una seria riduzione delle indennità e dei costi di tutti i membri di Assemblee o Consigli rappresentativi, senza travolgere con l’occasione l’intero equilibrio dei poteri sancito della Costituzione. Togliere dei parlamentari perché gli altri continuino a prosperare non sarebbe un grande sacrificio e un grande esempio da parte della politica.
Il movimento di “Economia Democratica” invita gli iscritti e quanti condividono queste preoccupazioni a seguire l’iter ulteriore della riforma e a investirne i cittadini in ogni modo opportuno. 
                                                                              
Roma, 24 maggio 2012 
 Economia Democratica
(www.economiademocratica.it)

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