ASSEMBLEA PROMOSSA DA
ECONOMIA DEMOCRATICA
– SBILANCIAMOCI –
Roma 12 aprile 2014 ORE 10 al Centro Congressi di Via dei Frentani 4
EGUAGLIANZA E INCLUSIONE IN ITALIA E IN
EUROPA
Le elezioni
per il Parlamento europeo avvengono nel segno di un rovesciamento. Il sogno
dell’Europa unita si sta trasformando in un incubo. In Grecia le famiglie
devono scegliere se comprare la luce, il cibo o le medicine. In Italia
imprenditori si suicidano perché nessuno paga i loro crediti. In Francia e in
altri Paesi fondatori della Comunità europea il principale emigrante è
diventato il lavoro, che va dove è più abbondante ed è meno pagato e non ha
alcun diritto. L’ideale politico dell’Europa unita, che avrebbe dovuto
realizzarsi col superamento degli Stati nazionali e l’instaurazione della pace,
è naufragato in un arretramento della politica che ha ceduto all’economia, alla
finanza e al denaro, nel frattempo diventato euro, il governo della società e
la sovranità che dai popoli europei avrebbe dovuto passare al popolo
dell’Europa.
In questo
contesto le politiche antisociali di rigore imposte dagli organi comunitari in
ossequio ai mercati finanziari stanno producendo, in gran parte dell’Unione,
una recessione che pesa interamente sui ceti più deboli, provocando un aumento
della povertà e della disoccupazione e una riduzione delle prestazioni dello
Stato sociale. Ne risulta minato il processo di integrazione, ben prima che sul
piano politico e istituzionale, nella coscienza e nel senso comune di gran
parte delle popolazioni europee. L’unità del nostro continente richiede infatti
lo sviluppo
di un senso di appartenenza a una medesima comunità, quale solo può provenire
dall’uguaglianza nei diritti, oggi smentita dalla crescente diseguaglianza tra
popoli del nord e popoli del sud dell’Europa, non soltanto nei diritti sociali,
garantiti ai primi e sempre meno ai secondi, ma anche nei diritti politici,
essendo incomparabile il peso, ai fini del governo dell’Unione, del diritto di
voto nei Paesi più ricchi e in quelli più poveri.
Proprio in
questi ultimi Paesi, nei quali fu più entusiasta e pressoché unanime l’adesione
all’Unione, sta perciò sviluppandosi un antieuropeismo rabbioso, che si
manifesta in una crescita delle destre xenofobe e populiste, nel rifiuto
dell’integrazione, nella richiesta di uscita dall’eurozona oppure, nel migliore
dei casi, in una disincantata delusione. Sta così accadendo che il mercato
comune e la moneta unica, che i padri costituenti dell’Europa concepirono e
progettarono come fattori di unificazione, sono oggi diventati, in assenza di
politiche economiche comuni e solidali, altrettanti fattori di conflitto e di
divisione.
L’identità
europea perciò sta cambiando natura: non più l’Europa sociale dei diritti, fino
a pochi anni fa percepita in tutto il mondo come un modello di civiltà, bensì
un’Europa indebolita economicamente e politicamente e in preda, di nuovo, agli
egoismi nazionalistici, alle pretese egemoniche, ai populismi, ai reciproci
rancori che hanno sostituito l’originario spirito unitario e impediscono ogni
contributo europeo alla crescita di un vero umanesimo mondiale.
Di fronte al
precipitare di questa crisi verso esiti imprevedibili e infausti, la sola
alternativa, a noi, cittadini italiani e europei, appare la rifondazione
costituzionale di un’Europa federale e sociale. Per questo, in vista delle
prossime elezioni del Parlamento europeo, chiediamo
a tutte le forze politiche che hanno a
cuore il futuro dell’Unione di promuovere l’attribuzione di
funzioni costituenti al nuovo Parlamento, quale Assemblea Costituente Europea.
Il compito di
tale Parlamento costituente dovrebbe essere quello di dotare l’Unione di una
Costituzione che, nel quadro delle garanzie nonché dei limiti e vincoli ai
poteri, ben noti alla tradizione costituzionale europea, stabilisca
l’eguaglianza nei diritti e nei doveri di tutti i cittadini europei, così
realizzandone una vera unità politica. Si tratta da un lato di riprendere e
finalmente portare a buon esito l’antica lotta per l’eguaglianza,
irrinunciabile obiettivo non solo di ogni sinistra ma di ogni umanesimo,
dall’altro di intraprendere la nuova lotta per l’inclusione politica economica
e sociale di grandi masse di popolazione oggi emarginate, scartate, tenute
fuori dal lavoro, dal godimento dei beni comuni, dai confini ideali o fisici
dell’Europa e dalla stessa vita.
La Carta
dovrebbe disegnare altresì le istituzioni della Comunità, interdire indebite
sovranità a cominciare da quelle del denaro, della finanza e dei mercati, e
stabilire una gerarchia delle norme per la quale tutta la legislazione europea
e gli stessi Trattati derivino la propria legittimità dalla conformità alla
Costituzione e siano soggetti al controllo di costituzionalità.
Questa è la
vera, nuova, grande opportunità che si apre. Non è vero che dopo la crisi
dell’euro e dopo il governo Renzi non resta che il diluvio. Dopo la transizione
oggi in atto in Europa e in Italia, resta da rilanciare la Costituzione, resta
da passare alla democrazia.
LE MOTIVAZIONI DEL MANIFESTO
I firmatari di questo manifesto ritengono che solo una
Costituzione approvata da un Parlamento costituente può segnare il passaggio
dell’Unione Europea dall’attuale dimensione internazionale alla dimensione
costituzionale: quale sistema federale generato non più da Trattati, bensì da
un potere politico costituente legittimato dal voto dell’intero elettorato
europeo. Solo un Parlamento dotato di poteri costituenti e ugualmente rappresentativo
di tutta la popolazione europea, d’altro canto, può oggi rifondare una sicura
legittimazione democratica e costituzionale dell’Unione, secondo il modello
degli Stati federali: con l’attribuzione di funzioni legislative a un
Parlamento eletto su liste elettorali europee; con l’istituzione di un governo
federale ad esso vincolato da un rapporto di fiducia o comunque eletto
anch’esso su basi europee; con una banca centrale dotata dei poteri di tutte le
banche centrali, una fiscalità comune e un governo comune dell’economia.
Solo una vera Costituzione europea che garantisca
l’effettiva uguaglianza di tutti i cittadini europei nei diritti di libertà e
nei diritti sociali e, per altro verso, la sottrazione al mercato e
l’accessibilità a tutti di beni comuni o fondamentali come l’acqua, l’aria e
gli altri beni vitali, può restaurare nel senso comune il sentimento di
coesione e di appartenenza all’Unione e, insieme, provocare un’inversione di
rotta delle politiche economiche dell’Europa: non più le politiche di rigore
che finora hanno avuto il solo effetto di accrescere la disuguaglianza e di
aggravare la crisi, ma politiche di sviluppo finalizzate alla piena occupazione
e alla garanzia dei diritti di tutti i cittadini europei.
È evidente che fin dai primi passi di tale processo
costituente il Parlamento e i governi dovranno provvedere a correggere gli
accordi le direttive e le politiche che più vistosamente sono in contrasto con
il progetto di un’Europa veramente civile, mediante una drastica revisione del cosiddetto
fiscal compact, la cui attuazione
provocherebbe un disastroso aggravamento della crisi per tutti i popoli del sud
Europa a cominciare dall’Italia, dei two
pack nonché degli altri regolamenti
che tolgono ogni strumento di politica economica dalle mani degli Stati. Si
dovrà inoltre – come già accenna a fare una direttiva europea sugli strumenti
dei mercati finanziari – porre sotto controllo pratiche speculative estreme
come quelle realizzate con gli scambi ad alta velocità, i derivati non regolamentati
e le borse alternative “oscure”; occorrerà, vincendo le resistenze tedesche,
conferire alla Banca Centrale Europea il ruolo di prestatore di ultima istanza
dell’Unione; bisognerà introdurre l’imposta sulle transazioni finanziarie,
correggere gli squilibri prodotti dai movimenti di capitale, reintrodurre la
divisione tra banche commerciali e banche d’investimento, impedire la
stipulazione a favore delle multinazionali del Trattato transatlantico sul
commercio e gli investimenti e mettere in cantiere un grande piano europeo per
il lavoro.
Per concepire e attuare riforme e politiche di questo
tipo i tempi, nonostante le apparenze, sono favorevoli, e ciò per due
circostanze concomitanti. La prima è la gravità stessa della crisi che persuade
milioni di persone della necessità di un cambiamento radicale ai fini della
stessa salvaguardia del mondo. La seconda è la comparsa inaspettata sulla scena
di una critica drastica al capitalismo finanziario oggi dominante in Europa e
nel mondo, che proviene, oltre che dagli economisti più illustri e
indipendenti, da una fonte del tutto
estranea alla vecchia analisi marxista, ma a sua volta persuasa della
possibilità e ineludibilità di un mutamento di sistema: è la critica formulata
dal papa Francesco al dominio incontrollato del denaro che, come ha scritto anche
ai signori dell’economia mondiale recentemente riuniti a Davos, è fatto “non
per governare ma per servire”, è la sua
denuncia delle ideologie che si pongono a
sostegno dell’assoluta autonomia dei mercati, della speculazione finanziaria e della società dell’esclusione e dello “scarto”, il suo
rifiuto delle teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni
crescita economica, favorita dal libero mercato, riesca a produrre di per sé
una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo, il suo invito a una
rifondazione di sistema, finanziaria ed
etica “che produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti”.
Questo compito tocca naturalmente alla politica. Tenendo conto
però dell’autorità della fonte da cui proviene questa istanza di cambiamento e
dell’immensa platea di quanti se ne possono sentire chiamati in causa e
coinvolti, si può dire che l’azione politica per un rinnovamento profondo
dell’Europa e dell’ordine economico mondiale può trovare oggi, in aggiunta a
quanti già in tutto il mondo hanno lottato e lottano per questi obiettivi, una
ulteriore base di massa. Le elezioni europee possono essere la prima grande
occasione per mettere questa possibilità alla prova.
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