Venerdì 14 febbraio
2014 ore 17.00
Bologna Convento di San
Domenico – Piazza San Domenico .
UN COLPO DI RENI PER IL FUTURO DELLA REPUBBLICA
I Comitati Dossetti
per la Costituzione agiscono sotto la propria responsabilità e mai hanno preteso
che le proprie posizioni fossero quelle che se fosse stato in vita avrebbe preso
Giuseppe Dossetti. Ma oggi sono certi che il proprio Fondatore avrebbe lanciato
un grido di allarme sulla violenza che si sta innescando nel corpo politico
italiano, e di cui sono stati preannuncio gli avvenimenti di questi giorni. Il fatto
che la violenza si sia finora manifestata solo in parole di pesantissima
volgarità e sessismo, in momenti di rissa parlamentare, nonché in atti
istituzionali e in proposte legislative, non significa che essa sia meno grave
e pericolosa di quella cruenta: “voi credete di ritardare il giorno fatale e
affrettate il sopravvento della violenza” (Amos, 6,3).
È un innesco
della violenza anche quello comportato dal progetto della nuova legge
elettorale che se realizzato muterebbe la figura stessa della Repubblica: per
suo mezzo infatti la Repubblica democratica istituita dalla Costituzione
rischia di trasformarsi in una democrazia “octroyée”,
concessa cioè dalle forze dominanti nei limiti in cui venga considerata
compatibile con la sovranità dei poteri economici e l’impunità del denaro.
In questa
situazione ciò che soprattutto oggi Dossetti chiederebbe a tutti è la lucidità
dell’analisi.
Il rischio
della trasformazione della democrazia della Costituzione in democrazia per
concessione è ravvisabile nella facoltà attribuitasi dagli autori della riforma
elettorale di decidere quanti e quali debbano essere i partiti ammessi a essere
rappresentati nelle Assemblee legislative e a giocare il gioco della
governabilità. Secondo la legge proposta da Renzi e Berlusconi, a parte la Lega
e le minoranze linguistiche fatte salve come fenomeni di ambito locale, per
effetto degli sbarramenti eretti contro singole liste e coalizioni (dal 4,5
all’8 al 12 per cento, pari a diversi milioni di voti), i partiti che
resterebbero in gioco sarebbero tre: Forza Italia, Partito Democratico e
Movimento 5 stelle. Tuttavia per il suo settarismo, la sua immaturità e il suo
autolesionismo il Movimento di Grillo si pone fuori dal sistema proponendosi
come sua alternativa catartica; e poiché l’occasione è subito colta dai suoi
avversari per neutralizzare la sua critica e convenire di escluderlo da ogni
ingerenza nel potere, i partiti atti a governare resterebbero due, Forza Italia
e Partito Democratico.
Saremmo
dunque ben oltre il bipolarismo, al bipartitismo; ma si tratterebbe di un
bipartitismo imperfetto perché a causa dell’alto premio di maggioranza i due
partiti, al primo turno o al ballottaggio, entrambi in condizione di minoranza
e prevedibilmente non lontani l’uno dall’altro, diventerebbero per legge l’uno
un nano, l’altro un gigante. Ma il nano, pur nella sua diversità di stile e di opzioni
etiche, non potrebbe che svolgere un’opposizione apparente, di fatto funzionale
alle scelte politiche della forza di governo a cominciare da quelle che, rese
obbligatorie dall’ideologia economica o dai poteri di Bruxelles e di Berlino,
sarebbero, come già oggi, comuni.
Quale dei due
partiti assumerebbe le funzioni di governo nella condizione, così costruita, di
un sostanziale monopartitismo, cioè di un partito unico al comando?
In seguito
all’accordo elettorale stipulato al Nazareno si è già creato uno squilibrio. Le
forze affini alla destra, a cominciare dalla scelta di campo di Casini e di
altri “centristi”, si uniranno in un solo fascio, con o senza sbarramento, a
differenza delle forze di sinistra che rimarranno divise. Venuto meno il
rigetto provocato dalla persona di Berlusconi, altre forze e personalità
rispettabili confluiranno in una destra sentita come conforme alla cultura
d’ordinanza, alle leggi economiche, al palcoscenico mediatico e alla volontà
dei mercati. Ciò a cui la nuova legge elettorale è funzionale – salvo un colpo
di reni oggi non ancora prevedibile - è perciò la formazione e il successo di
una Grande Destra che si
collegherebbe a una lunga tradizione italiana – liberismo più trasformismo –
interrotta solo dalla fase dell’intransigentismo sturziano, della proporzionale
e dei partiti popolari di massa, e poi superata nella Repubblica democratica
dopo la tragica esperienza del fascismo. Ma questa destra, raggiunta dalle
nuove forme di intolleranze, di xenofobia e di razzismi, sarebbe molto diversa e
ben più pesante di quella conosciuta sotto l’antico rivestimento liberale.
Conclusa la
parentesi berlusconiana, si avrebbe così, con il sopravvento in tal modo
predisposto per legge di questa Grande Destra, la ristrutturazione di tutto il sistema
politico italiano, e verrebbe così a concludersi il ciclo apertosi con la
rimozione del muro di Berlino, la Bolognina, il messaggio di congedo di Cossiga
dalla Costituzione del 1991 e la discesa in campo del concessionario televisivo
di Arcore nel ’94. La pretesa “transizione” italiana, postmoderna postcastale e
postpolitica, verrebbe a finire in una democrazia filtrata e controllata, la
democrazia governante si trasformerebbe in democrazia non responsabile verso le
istanze interne e succube di poteri esterni, e il campo della competizione
democratica si trasformerebbe in un campo chiuso ai competitori. Infine la
democrazia si trasformerebbe in una democrazia triste, perché le elezioni nei
sistemi in cui tutti possono partecipare e tutto sembra poter cominciare di
nuovo, sono anche una celebrazione e una festa, mentre se si mutano in un rito
misantropo di esclusione di ogni possibile novità e del diritto di
rappresentanza di milioni di cittadini, diventano il luogo in cui anche il
volto di un comico si tramuta in una maschera tragica, il luogo di una lugubre
notificazione del sequestro del futuro e dell’esproprio delle garanzie
democratiche.
Questo
processo di manomissione politica e costituzionale tuttavia non si è ancora
perfezionato. Perché non si realizzi sono necessario almeno quattro cose.
1)
È necessario che il Partito Democratico, proprio nel
momento in cui Alfano insiste, col pretesto della stabilità di governo, per
stringerlo a sé in un abbraccio mortale, si liberi da questa stretta,
riacquisti la sua autonomia politica e ideale e ricordi le speranze che era
stato in grado di suscitare. È necessario che resista all’omologazione nel
pensiero unico del regime economico-finanziario imperante e alla sua “ideologia
dell’indifferenza” rispetto ai bisogni e ai diritti umani di tutti e
soprattutto dei poveri. È necessario che respinga la democrazia concessa ai
pochi e negata ai molti, e prenda la testa di un movimento per la riforma
costituente dell’Unione europea in funzione dell’attuazione dei diritti e delle
garanzie costituzionali per il pieno sviluppo delle persone e dei popoli.
2)
È necessario che il Movimento 5 stelle, anche per
rispetto dei suoi 8 milioni di elettori, converta le sue posizioni e la sua
immagine pubblica evitando di cadere e anche di essere spinto nel buco nero
della pubblica riprovazione e della irrilevanza politica.
3)
È necessario che, comunque venga modificata la legge
elettorale in discussione, siano abolite le soglie di sbarramento, inutili e
anzi dannose ai fini della “governabilità”, tagliola al pluralismo politico,
impedimento a ogni invenzione possibile e insidia per gli stessi grandi partiti
costretti a presentarsi in listoni male assortiti e sinistramente allusivi al
listone della legge Acerbo.
4)
È necessario che l’elettorato e in particolar modo
l’opinione pubblica democratica e costituzionale venga a sapere e comprenda che
l’ora delle scelte da cui dipende il futuro della Repubblica non è quella delle
prossime elezioni politiche, ma è proprio quest’ora in cui è in corso l’iter
parlamentare della legge elettorale in cui è messo in gioco lo stesso assetto istituzionale dello Stato e il carattere della sua
democrazia. È questo il momento in cui l’elettorato si deve mobilitare per far
sentire la sua voce a quanti oggi sono chiamati a decidere. È questo del resto
l’appello originario dei Comitati Dossetti per la Costituzione, che sono nati
per promuovere in ogni città paese o quartiere l’iniziativa e l’incontro dei
cittadini per la difesa, l’attuazione e lo sviluppo della Costituzione.
In questo senso i Comitati Dossetti
invitano aderenti e cittadini ad assumere dovunque sia possibile le opportune
iniziative per affermare, in concomitanza col dibattito parlamentare e in
dialogo con i parlamentari delle rispettive sedi, le ragioni della Costituzione,
della democrazia e della libera rappresentanza popolare.
Per discutere
e deliberare sul presente documento è convocata, con invito rivolto a tutti i
cittadini, un’Assemblea pubblica a Bologna, venerdì 14 febbraio alle ore 17.00,
nel Convento di San Domenico, in piazza San Domenico.
Raniero
La Valle ,
Presidente Comitati
Dossetti
Lorenza
Carlassare , Università di Padova
Mario
Dogliani , Università di Torino
Parteciperanno:
Luigi Ferrajoli, Vicepresidente Comitati Dossetti
Alfredo D’Attorre, Direzione nazionale PD
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