di Raniero La Valle
C’è una domanda che il papa fa
nella “Laudato sì”, ed è una delle
ragioni per cui egli oggi è così duramente combattuto nel Sinodo e fuori:
“Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua
incapacità di intervenire quando era necessario ed urgente farlo?” (L.S. n. 57).
Il potere incapace, immeritevole
di essere mantenuto, è quello che non cura la casa comune e che la gestisce con
un’ “economia che uccide”; e la casa comune nel pensiero di papa Francesco non
è solo la Terra, ma comprende anche gli uomini, le donne, i poveri, i popoli.
Che questo potere sia invece perpetuato,
rafforzato e liberato dai limiti e dalle garanzie statuite dalle Costituzioni
postfasciste, fu chiesto dal capitale finanziario e in particolare dalla finanziaria
JP Morgan già il 28 maggio 2013. Essa si lamentava di queste Costituzioni
“influenzate dalle idee
socialiste”, e indicava delle caratteristiche dei sistemi che ne derivavano che
dovevano essere cambiate. E le caratteristiche erano le seguenti: “esecutivi
deboli nei confronti dei parlamenti, poteri centrali deboli nei confronti delle
regioni, tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori” nonché “la licenza
di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo”. Era questo
che turbava la banca americana e anche oggi la richiesta che sale dall’attuale
sistema economico-sociale è quella di blindare i poteri esistenti perché tutto
possa continuare com’è e non ci siano ideali avveniristici a turbare i sonni
degli gnomi della finanza.
Questa richiesta è stata esaudita
“in fretta”, come è di moda oggi in Italia, il 13 ottobre scorso con il voto
del Senato sulla riforma costituzionale. Sicché si può dire che salvo sorprese
nella seconda lettura parlamentare e la vittoria del NO nel successivo
referendum popolare, quella Costituzione promulgata nel 1947 e sgradita alla
finanza, in Italia non esiste più.
Essa è stata abrogata in tutta la sua parte
concernente l’ordinamento della Repubblica e sostituita con un’altra. Attraverso
questa sostituzione a parere di molti quella che era “la Costituzione più bella
del mondo” è diventata (diventerebbe) anche nella forma, nel tecnicismo e
nell’ermeticità del linguaggio, la più brutta. Però sarebbe efficace nel
perseguire gli obiettivi voluti: avremo il Parlamento dimezzato, ridotto da due
Camere a una; l’esecutivo padrone dell’agenda dei lavori parlamentari (avrà
leggi approvate a data fissa); un solo partito identificato col governo e
detentore di una maggioranza assoluta attribuitale dalla legge vigente “Italicum”
grazie al premio di maggioranza; la fiducia, non più dovuta dal Senato,
assicurata alla Camera dal solo partito del presidente del Consiglio, che non
sarebbe una vera fiducia perché inquinata dal vincolo della disciplina di partito,
restando irrilevante il voto di altri gruppi, a differenza di quanto avviene
nelle coalizioni; i rapporti di forza governo-regioni modificati a favore del
centralismo statale; i diritti dei lavoratori già sacrificati dal Jobs Act e
dalla frana del sistema contrattuale non avrebbero difesa, e quanto alla “licenza
di protestare” le forme di
democrazia diretta sono rese più difficili, la stessa rappresentanza viene
mortificata con la nomina dei deputati e la riduzione del pluralismo politico;
gli organi di garanzia saranno ridimensionati, a cominciare dal presidente
della Repubblica, a causa del peso decisivo del partito dominante e dell’uomo
al comando nell’esprimerli; e la Costituzione sarà indebolita nella sua
capacità di resistere ad altre avventate future riforme.
Anche il modo nel quale la
Costituzione repubblicana viene travolta è il segno di una sofferenza e anzi di
un lutto della democrazia. La Costituzione del 47 fu approvata da un’Assemblea
costituente espressa e legittimata dai cittadini, usciti dal fascismo e dalla
Resistenza. La nuova Costituzione è approvata da un Parlamento di nominati dai
partiti, delegittimato da una sentenza della Corte Costituzionale che lo ha
giudicato non rappresentativo della sovranità popolare a causa del “Porcellum”
con cui è stato eletto. La Costituzione del 47 fu approvata con 458 voti contro
62 e tutti i leaders parteciparono al
voto. La nuova Costituzione è stata approvata il 13 ottobre dal Senato con 178
voti su 321 senatori (143 tra assenti contrari e astenuti); Renzi non ha votato
perché non appartiene ad alcuna Camera, non essendo mai stato eletto, ma avendo
acquisito il potere attraverso primarie non previste in alcuna Costituzione o
legge. La Costituzione del 47 aveva dietro di sé secoli di esperienze e di
lotte. La nuova ha dietro di sé, come ha rilevato Massimo Cacciari, una Boschi
poco più che trentenne. E l’Italia cessa di essere una democrazia parlamentare.
Come
dice un appello di illustri costituzionalisti, bisogna dunque battersi contro
questa modifica della Costituzione
“con una battaglia referendaria come quella che fece cadere nel 2006,
con il voto del popolo italiano, la riforma — parimenti stravolgente —
approvata dal centrodestra”.
Ma
intanto bisognerà ricominciare a pensare alla politica, a come lottare per
l’eguaglianza, la pace, i diritti, nelle condizioni di eclissi della
democrazia.
Raniero La Valle.
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