L’unica
via per fronteggiare il terrorismo è di fare in modo che nessuno più,
musulmano, nazionalista o impoverito che sia, abbia ragioni serie per odiarci
Raniero La
Valle
Cinque morti e quaranta feriti a
Londra per fare uno sberleffo al Parlamento inglese che, con l’Europa o senza
Europa, ha violentato e oppresso per secoli musulmani e popoli di ogni colore,
sono troppi.
Trecentomila morti (fonte Osservatorio siriano per i diritti
umani) e quattro milioni di profughi dalla Siria (fonte ONU UNHCR) per liquidare senza riuscirci Assad facendo finta
di combattere contro lo Stato islamico, sono troppi.
Seicentocinquantacinquemila morti
in Iraq (fonte Iraq Body Count) per
arrivare a deporre e uccidere Saddam Hussein, sono troppi.
Settantadue vittime civili nella
guerra della NATO (fonte Human Rights
Watch), 1.108 uccisi e 4.500 feriti tra i civili (fonte Ministero della Salute libico al 13 luglio 2011) per deporre
e uccidere Gheddafi, sono troppi.
Undicimilacentododici profughi
fatti morire nel Mediterraneo dalla strage di Lampedusa all’estate del 2016 (fonte ONU UNHCR) perché l’Europa è una
società chiusa in cui si può entrare solo come clandestini, sono troppi.
Secondo il papa sono “una vergogna”.
Gli esecutori materiali di questi
assassinii e stragi sono di tutte le nazioni e di tutte le religioni,
abbastanza perché nessuno possa scagliare la prima pietra.
Perciò neanche le reazioni
vittimistiche e ansiogene all’ennesimo attacco terroristico a Londra sono
giustificate. Il segnale che ne viene è anzi di un indebolimento del terrorismo
illegale, come quello dell’ISIS, che è in rotta sui fronti di guerra, da Mosul
a Raqqa, non riesce più a reclutare, e per ora non sembra in grado di
pianificare operazioni complesse in Occidente. Ciò non vuol dire affatto che il
pericolo sia diminuito: perché anzi questo è un terrorismo che si propaga per
via di cuore e di testa, e ogni singola persona fisica, generata all’odio per
gli altri, può per sua imprevedibile scelta trasformarsi in una bomba, una mina,
un missile, un’arma di distruzione di massa, senza neanche essere armata.
Perciò più che iniqua è insensata
la reazione di chi dice: i musulmani ci attaccano perché odiano la nostra
società aperta e ci vogliono privare dei nostri valori, ma noi manteniamo la
nostra identità, la nostra magnanima apertura, e li sconfiggiamo con le nostre
polizie, i nostri ministri degli interni più agguerriti e le nostre difese di
sicurezza. Ma quale società aperta dovremmo mantenere? Che cosa c’è di più
chiuso che l’Europa, che si barrica dietro i suoi mari e le sue frontiere, e
preferisce naufraghi a immigrati?
In un mondo che continuiamo a
mantenere così, una sicurezza superba e cercata in tal modo è una pura
illusione.
L’unica via per uscirne è fare in
modo che nessuno più, musulmano o nazionalista o impoverito che sia, abbia
ragioni serie per odiarci, o per odiare le istituzioni predatorie
dell’Occidente.
L’unico modo per riprendere
l’interrotto cammino dell’incivilimento umano è di riconoscere che l’umanità è
una, non ci sono popoli eletti e scartati, anche la discriminazione della
cittadinanza va superata, ogni essere umano ha il diritto di andare a vivere
dove vuole, e non solo in base all’assurda distinzione per cui si potrebbe
fuggire da una dittatura ma non dalla guerra o dalla fame.
Abbiamo voluto la globalizzazione
buttando a mare secoli di esperimenti per realizzare i migliori ordinamenti
giuridici statali? Ebbene, ma allora globalizzazione sia, e non solo quella del
denaro e dei commerci; che sia la globalizzazione della libera circolazione
delle persone, la globalizzazione del diritto e dei diritti, la globalizzazione
degli irreversibili valori costituzionali e la fondazione, come si fece in
un’analoga distretta storica a San Francisco, di una nuova comunità sociale
internazionale di diritto.
Nessuno ci crede? Certo, con questo
programma non si vincono, per ora le elezioni. Ma cominciamo in settantadue,
gli altri seguiranno.
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