di Raniero La Valle - (dal Manifesto del 1 marzo 2013)
Cerchiamo di spegnere l’audio di tutte le grida, i “non possumus”, i pesci in faccia dei primi giorni, e cerchiamo di vedere a quali condizioni sarebbe possibile un governo fatto dalla coalizione che ha vinto le elezioni e reso possibile dai voti delle Cinque Stelle.
Cerchiamo di spegnere l’audio di tutte le grida, i “non possumus”, i pesci in faccia dei primi giorni, e cerchiamo di vedere a quali condizioni sarebbe possibile un governo fatto dalla coalizione che ha vinto le elezioni e reso possibile dai voti delle Cinque Stelle.
Che esso si
possa fare dipende dalle risposte a due domande preliminari.
La prima è se
Grillo pensa solo a incrementare i suoi voti per un maggiore e travolgente
successo alle prossime elezioni, oppure se già ora vuole usare la sua forza per
il governo e il cambiamento del Paese.
La seconda è
se sia Bersani che Grillo manterranno la loro diagnosi di un disastro imminente
e distruttivo per il Paese, a meno che non si facciano cose grandi, inconsuete
alla politica, e mutamenti radicali, oppure se l’uno si farà risucchiare nel
già visto delle triangolazioni tra i palazzi romani e l’altro si farà dominare
dal mito del “tutti a casa” o, come si diceva una volta, del “tanto peggio
tanto meglio”.
Quanto alla
prima domanda, certamente Grillo può scegliere, come potrebbe fare qualsiasi
partito tradizionale, di pensare soprattutto ai suoi voti di oggi e di domani.
Ma se lo facesse precipiterebbe nella malattia contro cui ha combattuto e nel
politicismo per smascherare e stroncare il quale ha chiesto e ottenuto quei
voti. Tenere in cassaforte il suo patrimonio pubblico (il voto dei suoi
elettori) per lucrarci alle prossime elezioni domani, sarebbe fare come
Berlusconi che ha scelto il momento più opportuno in cui giocare un patrimonio
pubblico di quattro miliardi di domani per ottenere il massimo successo
elettorale oggi.
A Berlusconi
questa manovra non è riuscita perché le elezioni le ha perse lo stesso,
lasciando sul terreno sei milioni di voti. Una sola cosa gli è rimasta allora
per sopravvivere: il ricatto della governabilità, con cui può tenere in scacco
Bersani e Napolitano, per assicurarsi nel Parlamento e nel Paese nuovo potere e
nuova impunità. Grillo ha la chiave per far fallire questo ricatto. Può non
usarla, ma allora il suo movimento sarebbe protagonista di una spaventosa
eterogenesi dei fini. E non è affatto detto che alle successive elezioni,
costruite su queste macerie, esso aumenterebbe i consensi fino a far saltare il
banco. Potrebbe accadere esattamente l’inverso e il movimento di Grillo, nato
impetuosamente sull’onda di un’emozione e un’indignazione popolare, potrebbe
rapidamente arenarsi. Per l’Italia sarebbe una perdita, un’occasione sprecata,
una paglia bruciata per un solo inverno.
Alla seconda
domanda si deve rispondere che Bersani e Grillo non solo sono vincolati dalla
loro coscienza e dal mandato popolare a tenere alta la coscienza della crisi,
ma che a questo compito di fare non il possibile, ma il giusto, non il
piacevole, ma il necessario, è legata la sopravvivenza stessa della loro idea e
della loro istituzione politica.
L’irruzione
del Movimento 5 stelle ha senza dubbio posto al sistema l’esigenza di un nuovo
pensiero politico e di un nuovo modo di fare politica. Era da tempo che ciò
veniva chiesto, ma c’è voluto il forcipe per imporlo. Ma ora, tirato fuori il
forcipe, bisogna che il bambino nasca. La novità non consiste nel fatto
qualunquistico che non ci sia né destra né sinistra, ma nel fatto che nessuno pensi
più alla politica come il luogo dell’affermazione di sé, ma come strumento per
il bene di tutti. Per la sinistra questo non vuol dire avere la maggioranza,
che è molto difficile ottenere in un Paese di destra, educato, istruito,
informato come un Paese di destra. Per la sinistra questo vuol dire egemonia:
cioè pensare le cose giuste, persuadere i cittadini e mobilitarli per
realizzarle. Ciò che di buono la sinistra ha fatto in Italia dalla Costituente
in poi, l’ha fatto così. Quando la sinistra si organizza solo “per tornare in
Parlamento”, solo perché, pur residuale, si possa dire che c’è, perde, e
soprattutto non serve, neppure a se stessa.
Bersani,
motivato dalla sofferenza del Paese, è in grado oggi di esercitare questa
egemonia. I “grillini” potrebbero concorrervi, mettendo in campo i loro
programmi, le loro motivazioni e i loro sogni.
Se poi questo
non fosse possibile, allora in Parlamento c’è una risorsa che come tale non è
mai stata chiamata in causa: le donne, proprio come donne, il “principio femminile”,
la coscienza e la differenza femminile, su cui per tanti anni ha lavorato il
movimento femminista. Se gli uomini hanno fatto un pasticcio, con la legge
elettorale e tutto il resto, siano le donne a portarci fuori dal guado, a
salvare la Repubblica. Non quote rosa, ma partecipi di un nuovo patto, di un
“new deal”, non pronte alla “cura” di vecchi e bambini, ma di una società
adulta che sta cercando una strada. Allora si potrebbe fare un governo che sia
espressione del centrosinistra, primo alle elezioni, e delle donne di tutti i
partiti capaci di comprendere questa novità. Non si era detto che tutto doveva
essere nuovo? Questo è nuovo; ma c’è tutta una cultura dietro. Forse non
funziona, forse sarà oggetto di ironie, ma intanto si provi, poi si vedrà.
Raniero La Valle
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